Quanto budget serve per far crescere una startup?
Se ci fosse una risposta precisa vi inviterei per uno champagne nella mia villa con piscina a Los Angeles.
Ultima newsletter prima delle vacanze.
In realtà sono già partita e starò fuori un po’.
Forse ci risentiamo a settembre, forse no, chi lo sa.
Vediamo cosa succederà nelle prossime 5 settimane.
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Torno a studiare
Sto iniziando un corso di product growth. Volevo approfondire questi temi da un punto di vista teorico ma soprattutto volevo confrontarmi con chi ha tanta esperienza su product, growth e leadership di team in diversi contesti. Ed è in posizioni apicali come Chief Product Officer ma non è un maschio bianco con la cravatta, non ha un MBA e non lavora per forza in una corporate. Praticamente in Italia non esiste. Quindi ho dovuto scegliere all’estero: basta una veloce ricerca su LinkedIn per capire che in Italia cercare CPO diverse è come cercare un ago in un pagliaio.
In questo anno in cui sto rimettendo in discussione tutte le mie certezze e le mie convinzioni, per l’ennesima volta, avevo bisogno di imparare da chi queste situazioni le ha già viste, per crescere velocemente. Proprio io che mi sono sempre descritta come quella che ha imparato tutto sul campo. Si cambia. Non tutto può essere sempre affrontato nello stesso modo.
Se le condizioni ancora non ci sono, nonostante aver lottato e lavorato per tanto tempo per crearle, forse ha senso cambiare il modo di battersi? Ci sto riflettendo molto. Uno dei miei mantra, da 10 anni, è questo e non l’ho mai dimenticato. 👇
Torniamo a parlare di competenze
Grazie per tutti i feedback che mi avete mandato la settimana scorsa sul tema delle competenze: mi hanno fatto davvero felice. Uno di questi era di una persona che mi raccontava che dopo 20 anni in corporate aveva capito che chi lavora in aziende strutturate acquisisce competenze ma soprattutto impara un metodo che chi invece lavora in contesti più piccoli non riesce a padroneggiare. Mi raccontava che le dimensioni in termini di processi e di persone contano, per cui se rimani nel piccolo le tue hard skills non arrivano a certi livelli e rimarrai “junior”.
Io mi domando sempre se chi pensa che le startup siano come le PMI con l’idea sia solo una questione di dimensione, si sia mai accorto quanto queste possano crescere. Oppure sia solo vittima di un contesto italiano dove le startup non crescono come all’estero. In Italia le startup raggiungono qualche milione di euro di fatturato per poi essere subito vendute al primo, miglior, offerente.
Questa strategia di exit va bene in un Paese dove il digitale lo sanno fare bene in pochi e quindi la cosa più semplice per un’azienda media italiana è comprare una startup che forse aiuterà a farlo. Ma non funziona ovunque. All’estero chi lavora in una startup scalabile, impara a cambiare processi ogni 6 mesi, scala 5x (+500%) di fatturato ogni anno, sperimenta canali e prodotti e cambia o integra il team ogni 1-2 anni. Non sono situazioni dove chi ha lavorato in corporate si trova a suo agio.
Posso essere d’accordo su certi profili o certe competenze verticali (*) ma non credo che oggi abbiamo bisogno di persone che per x anni lavorano in un solo settore o su una dimensione: quante competenze e processi statici, traslati da un’azienda a un’altra, possono funzionare, per sempre? Se ad una certa quel mondo cambia e quel brand che siamo abituati a pensare come vincente muore? Credo che questa Italia sia sempre più ingessata, abituandoci così al fatto che il cambiamento sia lento e arrivi solo in generazioni. O che il vero cambiamento non serva, ecco perché c’è chi gioisce quanto l’ennesima startup se ne va dal Paese. L’Italia arriva così tardi al cambiamento che ci si dimentica sia un cambiamento, perché all’estero è consolidato.
In un percorso di carriera tradizionale, ci si focalizza sempre sulla voglia di aumentare le proprie responsabilità all’aumentare della complessità dell’azienda. Tuttavia affrontare il processo inverso, quello di “scaling down”, non è banale nemmeno in quei mercati dinamici come quello americano dove le persone sono abituate a cambiare lavoro e responsabilità velocemente. In questa intervista, James Everingham Head of Engineering, in Netscape negli anni d’oro pre-dotcom dove ha scalato il team da 100 a 3000 ingegneri, poi in Meta dove in 4 anni ha scalato il team da 100 a 600 ingegneri in Instagram per poi diventare capo del progetto cryptocurrency (Libra) arrivando a gestire 1400 persone, racconta com’è stato tornare a lavorare con un team di 12 persone, in una startup early-stage senza processi, con risorse scarse dove gli obiettivi sono definiti ogni settimana.
Dare per scontato che chiunque sia in grado di svolgere diversi ruoli se arriva da BigCorp è un errore che sta spingendo i founder americani a farsi due domande prima di assumere a occhi chiusi chi ha certi nomi sul cv. Quello che conta sono sempre le persone, aggiungo io.
At a big company, you're trained to get it right and get it out. You can’t risk experimenting on your customer base. When you're at a startup, you don't have any product-market fit, so you have to get it out, then get it right.
In una grande azienda, ti educano a fare le cose giuste e poi a buttarle fuori. Non puoi rischiare di lanciare esperimenti sui tuoi clienti. Se sei in una startup e non hai product-market fit, devi buttare fuori le cose e solo dopo assicurarti siano quelle giuste.
James Everingham, ex Netscape, ex Meta, SVP Engineering Lightspark
(*) Riflettevo su questo tema considerando alcune verticalità con uno dei miei mentor di passaggio a Milano. Per esempio, consideriamo una startup che ha forti ambizioni e obiettivi di crescita veloce, alla ricerca di competenze commerciali. In questo caso, assumere chi ha già esperienze in contesti grandi e strutturati permette di ricreare metodi vincenti in modo più veloce rispetto ad assumere una persona con esperienze più random che ha bisogno di imparare e testare i framework per poi applicarli sul campo. Chi ha esperienza ha già imparato cosa funziona e cosa no, e quindi può portare queste conoscenze al team. Tuttavia anche se tutti capiamo questa necessità lato commerciale, quando lo trasliamo su altre specializzazioni come marketing product e growth, non lo consideriamo allo stesso modo. Perché diamo per scontato che anche chi è junior possa fare marketing e product perché pensiamo sia solo questione di sperimentazione? Spesso facendo grandi errori, creando processi interni molto lenti e inefficienti.
Vale la pena ricordarsi anche che tuttavia, non basta copiare i framework che funzionano, è fondamentale saper piantare i semi e scalarli nel tempo in situazioni di grande incertezza, soprattutto se sono prodotti e brand nuovi.
Quanto budget serve per far crescere una startup?
Come dicevo all’inizio questa è LA domanda che fanno sempre tutti e tutte.
LA DOMANDA che mi arriva sempre a qualsiasi evento, workshop o via email è sempre legata al budget. Tutti pensiamo o abbiamo pensato che ci sia una funzione diretta tra budget speso e risultati ottenuti. La realtà come al solito è molto più complessa di qualsiasi nostra immaginazione: il nostro cervello semplifica sempre per aiutarci a capire meglio le situazioni ma questo spesso non aiuta a capire il problema.
Come si fa a capire quanto budget serve e a distribuirlo su diversi canali?
Le startup non è che abbiano tanti soldi da investire, e soprattutto all’inizio, hanno mille priorità: vendere, ottenere traction, creare un brand, validare il prodotto ecc.. Vi ricordate? Ne abbiamo parlato qua.
Quello che pochi hanno il coraggio di dire è che questa è una domanda mal posta perché la crescita dipende dagli obiettivi che vengono definiti e non dal budget.
Il budget non è l’unico elemento che permette di crescere, perché la crescita è anche prodotto ed è anche crescita organica. È sicuramente l’elemento che permette di crescere in fretta, ma dovremmo pensarlo come un acceleratore. Senza prodotto e senza crescita organica, il budget non fa i miracoli soprattutto nel medio/lungo termine.
È infatti la combinazione di questi tre elementi a permettere di sbloccare la crescita veloce a cui le startup ambiscono.
Solo definire obiettivi e KPI in modo chiaro permette di capire le priorità e destinare quei €€ a fare la differenza nel raggiungimento degli obiettivi.
So che su questo tema ci sono molte altre domande. Ad alcune, ho risposto durante una LinkedIn live con Laura Venturini, CEO di Quindo che secondo me riassume il 90% della questione. Ve la riporto scritta in seguito, se invece preferite il video, lo trovate qui.
Se avete altre domande rispondete a questa email!
Che cos’è la crescita e che cos’è la crescita organica?
Crescita significa moltiplicare i valori economici aziendali che vengono in genere misurati da fatturato o dal carrello medio di acquisto / ordine medio di acquisto.
Il fatturato è un output della crescita perché non ti permette di capire perché e come cresce l’azienda. È un obiettivo che preferisco guardare come risultato dato dal miglioramento delle KPI di crescita come il numero di clienti, del fatturato medio per cliente o della retention ossia il numero di volte che i clienti riordinano o riacquistano il prodotto o servizio. È utile guardare anche al tempo che intercorre tra i diversi ordini di uno stesso cliente, ai fini di diminuirlo e aumentare così la frequenza di riacquisto, a parità di clienti. Quindi per raggiungere un obiettivo di crescita si guardano quali sono le KPI che aumentano e che quindi permettono la crescita.
Quando parliamo di crescita organica guardiamo tutte queste metriche senza considerare di aumentare i budget da spendere in campagne paid.
C’è un modo che ci permette di capire quanto budget destinare al paid advertising?
La variabile fondamentale prima di rispondere a questa domanda da 1 milione di dollari è capire quanto è conosciuto il brand. Se l’azienda ha un brand ben definito, iper conosciuto e già posizionato nella mente delle persone, e già collegano a un servizio come risposta a un bisogno che hanno, essenzialmente abbiamo già fatto metà dello sforzo. Quando c’è un brand già così sviluppato o una community siamo in una situazione di estremo vantaggio rispetto a chi non ce l’ha. Tuttavia non è che tutte le aziende possono investire €€, tempo, idee di guerrilla per posizionare in questo modo il brand. Ad esempio nelle aziende B2B il brand non gioca un ruolo così chiave come in quelle B2C.
Parliamo ora di paid: quello che considero quando penso al paid è il suo ruolo di acceleratore della crescita organica. Il ragionamento non parte dal budget ma sempre da obiettivi e metriche: quali sono i risultati che voglio raggiungere tra 6-12 mesi?
Settembre è il mese in cui si fa questa attività di planning ed è davvero importante farla in modo sensato, partendo da quello fatto finora e definendo delle KPI che siano una via di mezzo tra il fatto che siano raggiungibili e le iper ambizioni. Quando si fa quest’attività il ragionamento continua analizzando l’organico quindi: quali sono i tassi di conversioni, il numero di clienti, qual è stato il valore medio dei preventivi se sono B2B, qual è stata la spesa media dei miei clienti, al di là del budget speso in marketing? Quest’analisi di business è necessaria, anche se i dati non sono iper precisi. Poi da qui si ragiona per capire di quanto vogliamo crescere l’anno prossimo: da 10 a 30 clienti per esempio, +300%. Una crescita difficile da raggiungere senza budget da spendere in marketing. Budget che tuttavia dovrebbe poi essere pensato sui diversi canali, perché varia a seconda degli algoritmi. Per esempio, se vogliamo usare Meta, dovremmo pensare che negli ultimi 4-5 anni, a parità di performance, il costo unitario è già aumentato di 3-5 volte. Invece GoogleAds potrebbe avere dinamiche più legate alla seasonality perché dipende dalle richieste delle persone, e quindi potrebbe avere senso definire un budget di marketing diverso a seconda dei mesi dall’anno.
Come definire gli obiettivi e le metriche in modo inequivocabile?
Spoiler: il mio argomento preferito <3
In genere queste conversazioni nascono sempre dalle richieste del capo supremo, il founder che ha delle ambizioni sul fatturato per l’anno prossimo. Andiamo a decostruire le metriche: quanti clienti servono per raggiungere quel fatturato? Qual è il fatturato medio per cliente? Sono clienti nuovi o clienti che tornano ad acquistare? In quest’ultimo caso ha senso ragionare su retention e tempo medio di riacquisto.
Parto sempre dal considerare le opportunità che abbiamo già e di cui non ci rendiamo conto: per esempio ci sono clienti a cui abbiamo già fatto preventivi o che si sono già registrati che però non abbiamo ancora convertito? Poi considero l’upselling e il cross selling: ci sono clienti che hanno acquistato e che hanno avuto una buona esperienza con noi a cui possiamo offrire servizi aggiuntivi?
L’acquisizione di nuovi clienti per me è al terzo posto: una volta che ho “saturato” chi ho già, allora ragiono sulla strategia di acquisizione di nuovi clienti che può essere paid o organica. In organico può aver senso ragionare su CTR nella home page, ebook da scaricare, newsletter e tutta la parte di analisi SEO che permette di capire se ci sono nuove keywords o trend o intenti. Per la parte paid considero il cost per acquisition sia in aggregato che suddiviso sulla base dei canali attivi con dei micro test.
Qual è il legame tra SEO e performance?
In questo post ho raccolto un po’ di insegnamenti, di dati e di performance ottenute in Taxfix. Per riassumere: la SEO è parte della fondamenta, permette di ottenere tutta una serie di dati e di insights, il paid è un acceleratore delle tue performance. Se fai solo performance potrebbe essere rischioso, perché devi assicurarti di avere sempre dei $$ e non sempre funziona se attivata singolarmente. Il marketing vincente è sempre più un’attività omnicanale, perché è e sarà sempre più difficile capire il journey delle persone. Quanto più si sfruttano tutti i canali di acquisizione quanto più si aumentano le probabilità di successo.
Quali sono gli errori più comuni che si fanno?
Secondo me sono tre.
Il primo è quello di creare un nuovo business e realizzare un sito senza indicizzarlo in ottica SEO. Magari anche su budget e design fighissimi ma senza pensare all’opportunità che si perde in ottica SEO.
Il secondo, che mi sono trovata a discutere anche io con il mio ex capo, è sull’idea che per vedere i risultati di una strategia SEO serva aspettare 1-3 anni: discutibile. Se ci si focalizza sul raggiungimento degli obiettivi prioritari lavorando sulle keyword e intenti principali si possono già raggiungere risultati interessanti in 6-8 mesi. In Taxfix siamo entrati nella prima pagina di Google sulle kw principali, aumentando notevolmente il traffico in soli 6-7 mesi.
Il terzo, non tutte le agenzie sono verticali sulla SEO e parlare o lavorare con professionisti e professioniste che fanno solo SEO è sicuramente un vantaggio, soprattutto se ci sono pochi budget e risultati che si vogliono raggiungere.
Quale libro consigli su questo argomento?
È in inglese e si chiama Product-Led Growth. È un libro che parla della strategia che permette di far crescere un prodotto digitale attraverso una strategia organica che comprende l’utilizzo del prodotto e la sua esperienza digitale in free trial, i contenuti organici e riassume tutto quello che rappresenta una crescita che mette al centro l’utente e non solo strategie paid.
Ve lo consiglio!
È il momento di dire addio a 👋
👉 Getir abbandona l’Italia, ciao delivery in 15 minuti.
Le posizioni qui sono molteplici. Potete essere tra chi esulta alla vista del fallimento dell’ennesimo modello di business non sostenibile, perché “meglio uscire di casa e fare due passi con la spesa”. Oppure fare un’analisi ragionata su cosa non ha funzionato.
Dal mio punto di vista, qualsiasi modello di business innovativo all’inizio sarà poco sostenibile perché se fai vera innovazione crei qualcosa che non esiste. Il tema è capire dove lanciare e scalare questa innovazione: non tutti i Paesi sono uguali.
L’Italia è vista come un’opportunità sui grandi numeri. Tuttavia presenta diverse criticità. È un Paese dove Nord e Sud sono così diversi che sembrano due singole entità. Presenta agglomerati urbani mediamente piccoli, dal reddito medio/basso, dove le persone si muovono ancora prevalentemente in auto quindi diventa facile fermarsi al supermercato. Il tempo passato a fare attività ripetitive inoltre non è considerato una vera perdita, come altre città più business-driven.
Forse non è il modello di business sbagliato ma il nostro Paese che non è adatto?
✍️ Tutte le startup che assumono in Italia questa settimana
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📎 eBay assume Digital Marketing Specialist a Milano
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📎 Solplanet scale up cinese nelle rinnovabili cerca Country Manager a Milano
📎 Superlayer startup italiana in martech (leggi l’intervista qui) cerca Business Growth Associate in remoto
📎 Remote cerca Content Editor - Payroll & Benefits in remoto
Buone vacanze e come si usa dire in questo periodo: ci risentiamo a settembre, spero!
Alessia