Perché fare startup non significa rincorrere un sogno
Non serve essere dei sognatori ma diventare bravi esecutori di un piano ricco di ipotesi.
Buonasera e spero che questo vostro weekend sia andato benissimo.
Il mio sì, motivo per cui l’uscita della newsletter nei mesi estivi segue un po’ quelli che sono i miei impegni :)
Ho passato un bel weekend alla ricerca di refrigerio dalla pressione bassa che mi perseguita sul lago di Como ospite di una cara amica, con un’altra amica che non vedevo da parecchi mesi, e il programma della “dolce vita” non prevedeva appuntamenti tech.
Un altro paio di settimane e poi, come tutto il Paese, ad agosto faremo pausa e ci risentiremo a settembre, come da tradizionale modo di dire dell’Italia del 2023. Sì, è una battuta. Spero sempre che un giorno chi di noi vorrà, potrà andare in ferie anche a marzo, senza far fermare un intero Paese per più di un mese.
Ma ora basta con gli small talks, parliamo di ciccia
Questa settimana mi è arrivato un messaggio su LinkedIn di una persona che mi chiedeva consigli su come lavorare a un’idea per una nuova app, mettendomi il link della pagina LinkedIn appena creata, e raccontandomela “come il team di sognatori che ci sta lavorando”. Ho risposto ad un paio di domande che poi riporterò qui sotto perché come anticipavo, non è più mia intenzione rispondere a domande 1:1, ma quello che non le ho detto perché non avevo tempo lo scrivo qui perché sia utile per chiunque stia lavorando a una startup. Enjoy!
Perché fare startup non significa solo sognare
Quando nel 2013 a Londra ho cominciato a conoscere persone che al venerdì sera alla Silicon Drinkabout si scambiavano idee per costruire nuovi prodotti e lanciare nuove startup nessuno si catalogava come sognatore. Anzi. Eravamo tutti molto pragmatici e ambiziosi.
L’obiettivo era dimostrare che:
1) l’idea avesse un mercato, rispondendo a un bisogno esteso e crescente
2) ci si potesse costruire un modello di business scalabile
La narrazione per cui chi fa startup abbia grandi sogni che spesso leggiamo nei libri e nei giornali spesso create da chi non ha mai lavorato o creato una startup è giusta solo se la colleghiamo alle caratteristiche che dovrebbe avere chi è founder: l’ambizione e la perseveranza.
Ambizione perché non ci si può accontentare, l’obiettivo è crescere e far aumentare la valutazione del tuo progetto. Se lanci una startup vuoi vederla crescere velocemente, con ritmi veloci, in ottica sostenibile.
La perseveranza perché i milioni di ostacoli che incontrerai lungo il percorso non dovranno fermarti.
Auto identificarsi come sognatori potrebbe essere un bene ma anche un male. Potrebbe essere utile a darci quel pizzico di pazzia ed iniziare una strada che temiamo, che non conosciamo e che è tutta da costruire. Ma allo stesso tempo potrebbe farci uscire dal binario perché quando si crea un business è essenziale essere pragmatici non sognatori e lavorare a un piano che ci faccia capire esattamente le stesse cose di chi aveva le pazze idee dieci anni fa a Londra
L’idea ha un mercato? Bisogna validarla
Come ho scritto nel mio Startup Marketing che credo in tanti abbiate letto e che i numerosi feedback mi dicono che è ancora molto attuale, l’idea vale l’1% di una startup. L’emozione iniziale che concede entusiasmo e spinge a ballare i neuroni con la dopamina nella corteccia pre-frontale del nostro cervello è utile all’inizio, nelle prime settimane. Poi svanisce in fretta ed è la nostra parte razionale che deve prendere il sopravvento.
La prima validazione deve avere a che fare con bisogni e soluzioni. La vostra è sicuramente una fantastica idea ma è fondamentale capire se si tratta di un’aspirina che cura un mal di testa o una coca-cola che disseta. Nel primo caso infatti si vende quasi da sola, la seconda ha dovuto inventarsi che Babbo Natale si veste di rosso e porta i regali bevendo coca cola in mezzo a orsi polari bianchi. Sicuramente non a budget zero.
Ecco alcuni consigli su cosa ha senso fare:
Validazione ZERO, partiamo dai bisogni: fate una lista di quelli che secondo voi sono i loro bisogni, i painful pain dei vostri utenti. Perché dovrebbero essere interessati a utilizzare il vostro prodotto per risolverli? Come li risolvono grazie alla vostra idea? Oppure cosa guadagnano dall’utilizzo del vostro prodotto, qual è il loro gain?
Validazione del pain o del gain, dovreste avere 5-10 ipotesi di pain che secondo voi hanno i vostri potenziali utenti. Chiedete loro tramite domande dirette durante call, aperitivi, eventi per capire se effettivamente hanno quel problema e come lo stanno risolvendo. L’obiettivo è validare e prioritizzare quei pain o quei gain.
ATTENZIONE: non fate domande che prevedono risposte a monosillabi si/no. Non chiedete a vostra madre se a lei piace la vostra idea. MOM’s TEST è IL LIBRO DA LEGGERE per capire come fare queste domande.
Altre risorse nella mia learning list quiQuanto grande è quel pain o quel gain?
Se il pain non è troppo complicato, oppure non esiste perché quell’idea fa guadagnare qualcosa rispetto che a risolvere un mal di testa, potete decidere di farvi aiutare da Google o Meta creando campagne con piccolissimi budget per capire se esiste e quanto grande può essere quel gain. Il tasso di Clic dell’annuncio, di landing sulla landing page che spiegherà molto bene il problema e conterrà una lista a cui iscriversi per capirne di più vi aiuterà a capire la dimensione di mercato rispetto a quel pain.Validazione UNO, passiamo alla soluzione. Una volta che avete raccolto dati sul problema, potete iniziare a raccogliere feedback sulla soluzione, aka la vostra idea. Anche in questo caso si parte dalle ipotesi, non dare mai per scontato che la soluzione così come l’avete pensata funzioni per l’utente è fondamentale. Inoltre, per me è fondamentale dividere le due attività, perché l’idea che avete pensato potrebbe essere inutile, complessa, troppo ricca su un bisogno invece ben presente, che gli utenti stanno già cercando di risolvere. E se lavorate bene in questa fase potreste infatti “fare pivot della vostra idea” per risolvere quel problema in modo più efficace per gli utenti rispetto all’idea pensata all’inizio. La soluzione si valida con interviste o con micro MVP della soluzione, che potrebbero essere video embedded su una landing page, o micro prototipi che fanno capire all’utente come funziona. Non fate campagne di acquisizione in questa fase, i dati potrebbero uscire drogati. Vi ricordate cosa abbiamo detto qualche mese fa? Il vostro MVP deve farvi schifo, tuttavia deve far capire all’utente qual è la funzionalità principale della vostra soluzione.
Come capire se l’idea è monetizzabile?
Lavorando negli anni con più di 20 startup early-stage ho capito che è fondamentale non sottovalutare la parte economica di una startup nemmeno in questa fase.
La terza validazione aka domandarsi se l’utente vorrà pagare per usare la vostra soluzione potrebbe salvarvi ed evitare di farvi costruire una soluzione che risolve un problema vero ma su cui l’utente non ha nessuna voglia di aprire il portafoglio.
Credetemi, è molto più facile cambiare soluzione e fare pivot piuttosto che spendere budget o peggio aspettare che l’utente si convinca ad aprire il portafoglio per usare la vostra soluzione. Soprattutto in un mercato come quello italiano dove la resistenza all’innovazione è davvero alta, ne parlavamo la settimana scorsa.
Come si valida il modello di business?
Si inserisce il prezzo fin da subito nella pagina della soluzione, specificando che i primi x utenti potranno usare la soluzione in modo gratuito. Non è la mia modalità preferita perché in questo modo è difficile distinguere la validazione della soluzione dalla validazione del modello di business ma a volte meglio la velocità rispetto che alla lentezza o all’incertezza di non inserirlo. Anche perché è una domanda che la maggior parte delle persone si fa.
Si valida dopo esserci assicurati che la soluzione abbia senso per gli utenti attraverso landing page con esperimenti di prezzo, indagini/interviste di segmenti di utenti, cambi di prezzo, scontistiche su diversi cohort. È la modalità più lenta e complicata ma una volta che il focus è su questo obiettivo e si fanno 3-4 mesi di discovery sul prezzo si ottengono abbastanza insight da avere la sicurezza del posizionamento corretto. E poi si può andare al massimo della velocità, azzerando dubbi e incertezze.
È fondamentale ottenere dati che dimostrino non solo che l’utente vuole pagare ma che effettivamente ha pagato. Le risposte affermative alla domanda “pagheresti per usare questo servizio?” non sono dati. Sono opinioni che gli utenti cambiano in continuazione e non danno nessuna garanzia che effettivamente questo possa succedere nella realtà. Non fidatevi. Fidatevi solo dei fatti e dei dati che dimostrano che l’utente ha inserito i dati della carta di credito nella vostra piattaforma.
Grazie per aver letto fino a qui!
E voi, avete altri modi per dimostrare che la vostra idea e il vostro modello di business funzionano? Raccontatemeli rispondendo a questa email o nei commenti.
E condividete questa newsletter con chi sta lavorando a una bellissima idea per una startup: aiuterete quella persona a capire che sognare è bello ma poco utile per creare un business :)
Se sei pro, ecco la domanda aggiuntiva:
Come vi anticipavo, mi è stata fatta una domanda che cercava di capire quali fossero le KPI che rendono un business interessante per gli investitori. Io ho risposto che se si tratta di un round pre-seed potrebbe bastare far vedere le KPI di acquisizione che funzionano su budget di marketing molto bassi. Le percentuali di conversione su cui si costruiscono i business plan sono previsioni, da validare con numeri veri (vedi sopra). Pensare di ottenere una strategia di acquisizione virale con pochissimo budget è difficilissimo da provare a un investitore, a meno che non sia stata creata in passato. Per la mia esperienza, oggi (2023), non basta più dimostrare che una startup funziona sulla base di una massa di utenti registrati in modalità free quando il modello di business si basa su un abbonamento mensile.
In bocca al lupo!
È il momento di dire addio a 👋
👉 Le crocchette per cani e gatti al gusto di pollo, manzo ecc.. perché stanno arrivando le crocchette fatte con farina di grillo.
Negli Stati Uniti ormai la notizia è vecchia: nel 2022 è stato Jiminy’s a lanciare questo tipo di prodotto per primo. Potrebbe essere un’ottima strategia di go-to-market, in un settore, quello del novel food che ci si aspetta crescerà del 33% da qui al 2027. In Europa i player più grandi sono Innovafeed, Protix e Ynsect e sono tutti convinti che gli insetti saranno l’alternativa proteica più sostenibile per il futuro.
Se avete la curiosità di saperne di più seguitemi perché presto intervisterò i miei amici di Small Giants, startup italiana che sta chiudendo una campagna di equity crowdfunding con MamaCrowd che ha raccolto più di €700k, da un minimo di 200k di raccolta.
✍️ Tutte le startup che assumono in Italia questa settimana
📎 Translated, startup italiana nelle traduzioni, cerca Search Engine Marketing Specialist, EU project manager e SaaS Senior Product Manager a Roma
📎 Rifò, startup italiana nella moda sostenibile cerca Digital Marketing Manager a Firenze
📎 Scalapay assume Growth Marketing Specialist e Content Manager a Milano
📎 Nanabianca cerca Customer Service Specialist a Firenze
📎 TooGoodToGo assume Partner Marketing Manager a Milano
📎 HeyFlow startup tedesca nella creazione di siti web no-code cerca Performance Marketing Manager in remoto
Ci sentiamo la settimana prossima, se nel frattempo non mi sciolgo.
Alessia