Come lanciare una startup
5 cose che vorrei mi avessero detto su product & marketing quando ho lanciato la mia prima startup.
Buona domenica, come state?
Ho deciso di dire basta
✔️ L’altro ieri mi sono trovata a pranzo con un’amica che l’anno scorso ha deciso di mollare il suo indeterminato per lanciare un nuovo progetto editoriale. La settimana precedente in una call avevo incontrato due founder con un’esperienza da farmaciste alle prese con dei prodotti nuovi intimi (fighissimi) e un e-commerce che non girava.
“Ciao Alessia, cosa ne pensi del mio e-commerce. Sto facendo campagne a pagamento ma non convertono, perché?”
”Vorrei trovare degli investitori, come faccio a dimostrare che la mia idea funziona?”
”Sto imparando tutto questo adesso, come faccio a evitare di fare errori?”
✔️ La verità è che non si sa quali sono gli errori da evitare finché non si fanno. E va bene così. Le strade delle startup sono fatte di prove, di learning, di confronti con chi ne sa di più e magari ci è già passato per raccogliere consigli. Non tutti saranno buoni consigli ma si impara facendo. Meglio imparare velocemente che perdersi pezzi per un planning troppo generalista. Questa è da sempre la mia risposta.
🔔 L’ho letto anche da qualcuno su LinkedIn, i consigli tra ex-founder sono i migliori. A Londra è sempre stato così ma finalmente possiamo dirlo anche in Italia, ora che aumentano questi animali rari anche qui. Un consiglio: la spontaneità vince sempre, meglio non ingegnerizzare troppo gli scambi. Un messaggio su LinkedIn è spesso lo strumento più utile.
🚷 Ho deciso di smettere di fare call e di dare consigli one-to-one.
Non perché non mi piaccia. Anzi, fare mentoring è gratificante. Smetto le call per due motivi. Il primo è perché ho sempre meno tempo. Il secondo è perché voglio fare cose che mi fanno imparare.
La mia North Star Metric* per i prossimi anni sarà: il numero di cose nuove che ho imparato che mi aiutano a trasformare insights in action. Se continuo a fare call dove dico quasi sempre le stesse cose, voi imparate ma io no. Il mio ego ringrazia ma il mio cervello si annoia.
Quindi per tutti i consigli che vorrei darvi userò questa newsletter e la arricchirò gonfiandola di commenti, analisi, tool, interviste a chi ce l’ha fatta e a chi ci sta provando.
Siete pronti a saltare sulla montagna russa, come dicono quelli bravi, che lanciano una startup? Si vola giuuuuuuuu!
*non hai idea di cosa significhi North Start Metric? Scrivimelo! Sto creando un Glossario proprio per questo motivo.
5 consigli per lanciare una startup e 5 errori da evitare
Se dovessi riassumere le mie call con i founder, i mentoring a più di 100 startup e i consigli spot che ho dato durante eventi e presentazioni, non uscirei di molto da questi 5 temi.
crea il tuo prodotto: deve diventare la tua ossessione.
Il prodotto è SEMPRE la cosa più importante. Nessuna strategia geniale di marketing salverà da un prodotto mediocre. Se non si vende, non si cresce, non si raggiunge il product-market fit: il problema è al 90% nel prodotto. Non basterà abbassare il prezzo o lavorare con influencer per farsi conoscere. Dovrai mettere in discussione la soluzione su cui stai lavorando: cosa funziona e cosa no? Consiglio di fare una lista di almeno 3 ipotesi per cui il prodotto non funziona e di chiedere ai potenziali clienti cosa non gira secondo loro.
si capisce cosa vuoi fare? Chiedilo a chi ha il problema
Fondamentale: le risposte le ha il mercato, non il team. Se non si chiede al mercato mettendosi nella posizione di ascoltare il potenziale cliente (e non di vendere) si commette sempre un errore che porta prima o poi al fallimento. Mettiti sempre nella condizione di ascolto, sia tramite interviste sia con approcci più quantitativi, e analizza le richieste del customer support. Non dare mai per scontato che il mercato capisca la soluzione che stai lanciando. Quello che ci sembra basico, potrebbe non esserlo per chi quel prodotto vorrebbe usarlo. Come si dice in gergo “get out of the building”: parla con i potenziali clienti, capisci qual è il problema e prototipa, itera, impara. Allo stesso tempo non fidarti solo delle loro opinioni perché rischi di andare fuori strada.
non metterci budget di marketing
Nella fase di prototipazione, iterazione, lancio delle prime versioni del prodotto, l’obiettivo non è scalare, ma a) capire se il tuo prodotto funziona e risolve bene quel problema b) trovare clienti che si innamorano della soluzione. Sono scarse le probabilità che li troverai tramite campagne di marketing a pagamento perché non avrai grandi informazioni sui loro profili: la segmentazione è un casino, rischi di sparare nel mucchio, vendendo qualcosa che non si capisce, ottenendo zero risultati. Meglio lavorare sull’organico, sul passaparola, pensando a cosa fa chi sta già cercando una soluzione per quel problema ma non l’ha ancora trovata.
fai cose che non scalano ma che fanno aprire il portafoglio dei tuoi primi clienti
La tua ossessione: costruire un prototipo che funziona e che allo stesso tempo ti faccia monetizzare. Dove sono i tuoi potenziali clienti? Perché dovrebbero pagare e usare un prodotto anche se non è il top? La parte più complicata secondo me è questa: trovarli e convincerli a iniziare quest’avventura perché solo il tuo prodotto risolve il problema al top. Non serve siano tanti i clienti iniziali e nemmeno che arrivino da canali scalabili. Ti porterai a casa relazioni solide, grazie alle quali arriverai al product-market fit con molti meno rischi e metriche più solide. Il mercato si scala dopo, non prima di aver raggiunto product-market fit.
prova, impara, scarta, migliora, vai veloce. Repeat.
La prima versione del tuo prodotto cambierà mille volte. Non accontentarti di una funzionalità che sembra girare. Migliorala. Aggiungine un’altra. Testa altre ipotesi. Migliora la funzionalità. Scartala. Potresti passare 6 mesi in R&D a creare un prodotto per poi scoprire che non gira come ti immagini. Non intestardirti sia la soluzione migliore perché hai già investito tempo e soldi. Cambia velocemente. Non vince chi arriva da subito alla soluzione migliore. Vince chi testa più velocemente portandosi a casa metriche a dimostrazione che la strada è quella giusta.
Errori che ho visto mille volte, da evitare come la peste
il tuo prodotto deve essere brutto. Altrimenti ci hai messo troppo tempo per lanciarlo.
La velocità è fondamentale perché le startup si basano su ipotesi. Se hai paura del giudizio sul tuo prodotto, pensi che nessuno lo userà perché non è fatto bene e vuoi aspettare quando avrai il prodotto perfetto cambia mestiere.
non pensare serva un prodotto dalle mille funzionalità
Focalizzati su una funzionalità alla volta, soprattutto in fase di lancio. I prodotti semplici sono quelli che all’inizio funzionano meglio perché si limita la confusione. È già abbastanza complicato così per l’utente, non includere mille funzionalità perché tutti ti hanno detto che serve x, y e z per farcela.
il parere dei colleghi, familiari, moglie o marito contano Ø
Immagino che i tuoi familiari non rappresentino il target del tuo mercato. Sono tutti pareri interessanti ma gli unici che contano sono quelli dei tuoi potenziali clienti, quelli che hanno il problema che tu vuoi risolvere.
non ti serve un brand per farti conoscere dal mondo
Un bel nome aiuta ma un bel logo, una brand identity e qualsiasi altra leva di comunicazione ti voglia vendere un’agenzia di comunicazione è completamente inutile finché non arriverai al product-market fit. Fra l’altro farai sicuramente rebranding quando arriverai lì. Risparmia i soldi e investi sul prodotto.
il prodotto deve avere un prezzo, se è gratis non funziona.
Tutti useremmo un prodotto gratis, anche se non ci serve. Lanciare un prodotto senza pensare al modello di business è poco utile, itera sempre sul prezzo e se proprio vuoi evitare frizioni inizia con le beta gratuite e i free trial.
Se quei consigli (👆🏽) non erano niente di nuovo sei pro: ecco il bonus, parliamo di sperimentazione
Come capire se è un buon esperimento?
Gli esperimenti che funzionano non solo forniscono insights e informazioni ma generano impatti significativi sulle metriche di business. Meglio differenziare gli esperimenti di ottimizzazione dalle “big bet” (le scommesse rischiose) che sono esperimenti molto più grossi in termini di risorse o budget ma permettono forti accelerazioni nel caso l’impatto sul business sia positivo.
un esperimento debole si ottiene per esempio lanciando un A/B testing come mera tattica di marketing o usandolo solo per migliorare il fatturato nel breve termine. Bisognerebbe applicarlo in tutta la sua potenza per ottenere insights su cui prendere decisioni che generano impatti sul business e differenziarlo a seconda dell’obiettivo. Gli esperimenti sono diversi a seconda che l’obiettivo sia la discovery (voglio imparare qualcosa) o l’ottimizzazione (voglio migliorare quella performance). Nel primo caso si tratta di R&D, potrebbero servire anche ricerche di mercato, forecast e analisi su nuove funzionalità. Nel secondo caso l’approccio è più diretto, basta capire come misurare il miglioramento: rispetto a quale riferimento (benchmark)? E quanto tempo serve per ottenere significatività statistica? Assicurati di avere il corretto tracciamento analitico e vai. La velocità è spesso più importante della qualità del test.
Crea una solida documentazione per gli esperimenti: è fondamentale
Nel mio primo anno in Taxfix, ho passato ore di meeting a discutere con chi mi diceva che quell’esperimento che volevo tanto lanciare era già stato fatto. Solo che non c’era documentazione. O era fatta male. Ho iniziato a creare i miei report: era la prima volta che passavo tanto tempo a scrivere e all’inizio pensavo fosse poco utile. Poi ho imparato che scrivere ipotesi migliori e definire le motivazioni per prioritizzare le idee era utile per me e il team. Alcuni esperimenti davano insight interessanti, la maggior parte non portava grandi risultati. Ho iniziato quindi a pensare come generare maggior impatto ragionando sulle big bet, esperimenti che andavano a cambiare la roadmap di prodotto. Tutta la documentazione creata fin lì è stata il filo conduttore che mi ha permesso di ottenere fiducia e credibilità a tutti i livelli.
una cosa che ho imparato dai team cross-funzionali in cui abbiamo generato esperimenti d’impatto è l’importanza del design degli esperimenti. Se hai un compasso che punta a Nord per ogni esperimento, si può aggiustare la rotta quando vai fuori invece che puntare genericamente la prua al mare. Credo sia quello che differenzia i team ok dai team fighissimi.
Le decisioni per gli esperimenti devono essere data-driven
se i dati non sono accurati gli esperimenti sono inutili. Perché lanciare degli esperimenti se poi non puoi fidarti dei risultati? Gli esperimenti che servono sono quelli basati su ipotesi solide, analisi affidabili e learning di valore che permettono al team e all’organizzazione di diventare più smart.
Il team deve sempre puntare alla collaborazione e si dovrebbe creare una cultura di sperimentazione: è un win-win per tutti
La sperimentazione dovrebbe diventare un’abitudine e non un’iniziativa che si adotta quando le cose non vanno come si sperava. La tecnologia cambia velocemente e sperimentare permette al team di avere un approccio proattivo al cambiamento, oggi fondamentale per qualsiasi organizzazione.
Alla base della sperimentazione ci dovrebbe essere collaborazione e scambio. Se un esperimento funziona diventa un win per tutto il team, non solo per chi ha deciso di lanciare e per chi ha eseguito quell’esperimento.
La story di chi l’ha lanciata (la startup)
Da questa settimana arricchisco questa newsletter di vere startup stories con interviste a founder italiani (e non) in diversi stadi. Cosa possiamo imparare dalla loro esperienza? Questa settimana conosciamo Finapp. Ve la ricordate nella lista delle startup che lottano contro la crisi idrica? Al microfono il CEO, Luca Stevanato.
- Com'è nata Finapp e qual è stato il percorso pre-costituzione?
Prima di costituire Finapp ero un ricercatore che lavorava nel campo della Fisica nucleare applicata al Dip. di Fisica dell'università di Padova. Costruivo prototipi per la sicurezza del cittadino, ad esempio abbiamo fatto un sistema di rilevazione della radioattività nell'acquedotto di Varsavia in tempo reale. L'ultima invenzione, che ha poi generato Finapp, è stato un dispositivo portatile per la ricerca del plutonio nelle valigie. Sembra una cosa molto diversa ma in realtà il plutonio emette neutroni come l'acqua quando è colpita da un raggio cosmico. Il processo generativo è totalmente diverso ma la particella elementare è la stessa. Dopo aver pubblicato i risultati sul Plutonio, un professore di Berlino mi ha scritto chiedendomi se avessi mai pensato di applicare le mie ricerche anche all'acqua. Era il 2016 ed è scattata la scintilla. Ho studiato il problema, fatto svariate prove in laboratorio e mi sono accorto potevo usare quel dispositivo anche per misurare l'acqua. Era il 2017. Abbiamo partecipato a varie competizioni per capire il potenziale dell'idea, e visto il grande successo riscosso, nel 2018 abbiamo deciso di iniziare il percorso imprenditoriale per diventare spin-off universitario e quindi startup. Un paio d'anni di lavoro sul prototipo, tanta fatica e nel 2021 sono arrivate le prime soddisfazioni.
- Come le domande che fanno gli investitori: perché voi?
In una parola? Anzi tre: "time to market". Gli investitori guardano il team, l'idea, le potenzialità, la scalabilità, la protezione brevettuale e tanto altro. Ho scoperto il fondamentale: il time to market. Mi piace riportare l'esempio della fermata del bus quando piove: se vai troppo presto ti bagni, se vai troppo tardi per non bagnarti rischi di perdere il bus. Bisogna essere bravi ad arrivare un secondo prima dell'autobus e a volte non basta, perché il bus potrebbe arrivare in ritardo o in anticipo e purtroppo non dipende da te. Il time-to-market è anche fortuna. Nel nostro caso siamo arrivati con l'idea giusta nel momento storico giusto e questo ha fatto scattare la scintilla. Se fossimo arrivati 10 anni fa quando il problema idrico non era molto sentito, probabilmente non avremmo raccolto capitali. Se il prodotto non fosse stato pronto nel 2021, probabilmente i capitali sarebbero andati a qualcun altro.
- Dal giorno dopo la costituzione su cosa vi siete focalizzati?
Sul prodotto. Essendo una startup che produce hardware abbiamo questa montagna da scalare che si chiama "ingegnerizzazione". Sembra semplice, ma ho imparato sulla mia pelle che trasformare il prototipo in prodotto per il mercato è un percorso lungo, faticoso e molto impervio. Piuttosto che maratone o scalare l'Everest, consiglio sempre a tutti di provare a scalare il TRL di un prototipo. Nei primi 2 anni il focus era unico: trovare fondi per ingegnerizzare. Solo poi, quando abbiamo iniziato a vedere la luce in fondo al tunnel, abbiamo iniziato a sviluppare la rete commerciale.
- Cos’ha significato per voi lanciare una startup?
Prima di tutto divertirsi: è un'avventura nuova da vivere ogni giorno. Non siamo nati imprenditori. Fare startup significa imparare tutti i giorni: dal mercato, dal prodotto, dai clienti. Cash flow era una parola sconosciuta fino a qualche anno fa che ora è con me ogni giorno :-) Personalmente ha significato prendere un'altra strada, cambiare vita. Nella mia mente dovevo fare carriera universitaria, diventare un professore associato e poi ordinario. Ho lasciato il "posto fisso" per prendere una via avventurosa, ma dopo 4 anni non tornerei mai indietro. La soddisfazione di creare qualcosa di proprio, seppur con molto sacrificio, non ha prezzo. È ovvio che non bisogna aver paura di fallire, altrimenti si è portati a "esistere" e non "vivere".
- Come avete fatto a chiudere i primi contratti con i clienti? Immagino quella sia stata la vostra validazione
I primi clienti sono stati i più complessi: convincere qualcuno ad acquistare un prodotto che era poco più di un prototipo, è stata dura.
Se non ci si vergogna a vendere il primo prodotto, significa che è troppo tardi.
Se riguardo il primo prodotto venduto, mi viene male. Eppure il primo cliente, è stato il nostro migliore sponsor. Ha comprato altre 3 volte e ci ha fatto un sacco di pubblicità, nonostante il primo prodotto fosse praticamente un "bidone". L'empatia, il rapporto con lui, la collaborazione sono state fondamentali per sopperire alle mancanze di un prodotto, quando in realtà è ancora un prototipo. Dopo i primi clienti la strada è stata ancora in salita, finché non abbiamo ingegnerizzato il prodotto. Ed è arrivata velocemente la discesa.
- Cosa state facendo per scalare il mercato?
Fiere, eventi, conferenze, pubblicazioni scientifiche. Per adesso sono questi i nostri focus. Abbiamo il grande problema che siamo gli unici al mondo a fare questa cosa e l'onere di promuovere e far conoscere questa tecnologia è tutto su di noi.
Stiamo creando relazioni con associazioni di categoria e istituzioni. Cerchiamo di partecipare a tutti gli eventi di open innovation per portare a casa contatti con grandi corporate. Prossimamente apriremo alcuni uffici esteri per velocizzare l'internazionalizzazione.
- Qual è la vostra North Star Metric e com'è strutturato il team per la crescita?
La soddisfazione del cliente e l'affidabilità del prodotto. Non possiamo essere perfetti e quindi cerchiamo di far funzionare tutto al meglio possibile, risolvendo i problemi prima che accadano. Abbiamo un team commerciale molto forte, ci abbiamo investito molto. C'è poi un team di data scientist per gestire i dati che arrivano dai terreni. Infine abbiamo un team entusiasta in produzione, che assembla questa rivoluzionaria tecnologia che cattura i neutroni ed i raggi cosmici per misurare l'acqua. Siamo ottimisti verso gli obiettivi ambiziosi che si siamo posti: così ci basterà assumere altre persone per far funzionare più velocemente una macchina strutturata.
- Qualcos'altro che vuoi raccontarmi e non ti ho chiesto?
Volevo dare un consiglio a chi vuole fare startup: non abbiate paura di fare fundraising. Permette di avere un piede eccezionale sull'acceleratore. Ho incontrato tanti founder dubbiosi sul fatto di cedere parte della società in cambio di fondi per la crescita. Va trovato il partner giusto, ma è una cosa assolutamente positiva. Se non avessimo trovato fondi per ingegnerizzare, probabilmente sarei tornato a bussare la porta all'università e Finapp sarebbe morta. Non bisogna pensare alle quote che si cedono, ma al valore che si crea. Dopo un round seed da €1.2M nel 2022, ora stiamo iniziando a pensare ad un Series A per il 2024. Cresciamo ed il cashflow è regolare, ma perché crescere lentamente al +40% ogni anno quando si può crescere del 300% con nuovi capitali? Abbiamo la fortuna di essere stati i primi a scoprire questa cosa, dobbiamo essere i primi a mettere un piede in tutto il mondo.
È il momento di dire addio a 👋
👉 Twitter così come l’abbiamo conosciuta. Twitter rimarrà come nome sulle nostre app ma Twitter Inc non esisterà più, è diventata x.com. Chissà se Musk riuscirà a esaudire il suo sogno trasformando Twitter in super app, simile alla Wechat cinese.
✍️ Tutte le startup che assumono in Italia questa settimana
📎 Translated scale up tra ITA e USA che ha raccolto $21M due anni fa cerca Head of Creativity a Roma
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💣 SPECIALE: Startup italiane al Fuorisalone e Salone a MI 📌
Ta-Daan Cocktail Party: Geppetto is over - 19 aprile dalle 18.30 allo Spazio BIG
Endelea sustainable fashion con pop-up a We Will Design - 17-23 aprile al BASE
Chité Welcome Drinks a Casa Chité con Casa Parini - 17 aprile dalle 18 a Casa Chité
Appcycled con il progetto Waste-Less - 17-23 aprile all’Opificio 31
Artemest con il progetto L’appartamento - 17-23 aprile in Via Cesare Correnti 14
Salone del Mobile Padiglione 18: uno spazio gestito da Designtech Hub che accoglie una serie di startup. Tra le quali: Krill Design specializzata nello sviluppo circolare di prodotti sostenibili; Kindof realtà italiana che riutilizza tondini d’acciaio per creare elementi d’arredo creativi; Hi-Interiors che lavora nelle smart furniture che presenta la collezione luxury smart bed, MyLime piattaforma di blockchain per verificare l’intera supply chain.
Ci sentiamo la settimana prossima, sempre se rimango viva dopo la full immersion di eventi del Fuorisalone. Non sono più abituata ad avere una vita sociale così intensa.
Alessia
Una meraviglia questo numero
Illuminante, perché mette a fuoco i punti-chiave essenziali che sembrano scontati ma nella pratica non lo sono affatto. Grazie