I growth hack nel lancio di Threads
In 72h la nuova app di Meta ha raggiunto 70M di utenti. Come ha fatto?
Buongiorno e rieccoci qui come ogni settimana a discutere le novità nel tech.
Sono sempre più convinta il format settimanale sia quello giusto perché anche questa settimana non ci si annoia, nonostante in Italia sia arrivata l’estate e inizino già ad arrivare i “ne riparliamo a settembre”.
Questa settimana ho assistito al chiaro e diverso approccio tra mondo anglosassone e Italia: nessuno dei miei contatti italiani ha menzionato il lancio di Threads, la nuova app di Meta che vuole “copiare” Twitter. Ci hanno pensato i miei amici anglosassoni a intasarmi il feed!
Non è ancora disponibile in Italia quindi non sappiamo davvero come funzioni.
Questa è la replica che mi aspetto. Vero, ma anche ChatGPT a un certo punto non era più disponibile in Italia. Eppure erano in tanti a provarla e a dire la loro usando i VPN. Quello che secondo me succede in questo Paese è che abbiamo una sensibilità verso le novità pari a quella di mia nonna per il nuovo formato del magazine della parrocchia: non vediamo l’ora di scoprire cosa non funziona e quanto era più bello prima.
Ci piace scommettere pesantemente sul dire che nel lungo termine quella novità non funzionerà.
E no, non succede solo nella mia bolla, sembra comune.
Così ho fatto quello che in genere faccio quando ho un’ipotesi: cerco delle risposte che avvalorino oppure no la mia tesi. E ho trovato un dato interessante: siamo il Paese con l’età media più alta in Europa, 46.4 anni. Una persona su 4 circa (il 26%) ha più di 65 anni. Sopra di noi, nel mondo solo il Giappone, con un’età media di 48 anni. L’Europa è il continente con la più alta percentuale di persone oltre i 65 anni vs gli Stati Uniti in cui l’età media è 38.9 anni.
Se considerando solo New York l’età media della popolazione lì è di 39 anni.
Torniamo alla domanda iniziale: perché quindi in Italia siamo così poco inclini ed entusiasti verso le novità digitali? Lo scopo di qualsiasi innovazione è quello di cambiare lo status quo. Chi innova vorrebbe cambiare il fatto di fare le cose come abbiamo sempre fatto, ossia vendere gli stessi prodotti agli stessi clienti, organizzare i soliti meeting e assumere e promuovere persone tra di loro simili.
La seconda domanda da porsi quindi è: perché facciamo quelle cose in quel modo? Come facciamo a sapere che è il modo migliore per farle che poi non vogliamo cambiarle? Vorrei cercare di capire come si è formato lo status quo, perché l’innovazione non arriva e come e perché viene fermata. Per formulare questa seconda ipotesi vorrei chiedere l’aiuto del pubblico: se avete delle idee sono tutta orecchie.
Mandatemi le vostre risposte che ne esce un bel numero condiviso!
Il lancio di Threads
Threads è la nuova app di Meta molto simile a Twitter che permette di condividere pensieri in forma testuale lanciata questa settimana negli USA, in UK e in altri 100 Paesi.
In Europa non è ancora arrivata perché le regole sulla privacy sono diverse e, con i recenti casini registrati da ChatGPT, immagino Zuckerberg abbia pensato sia il caso di lanciare solo quando la compliance sarà esecutiva. Mosseri, CEO di Instagram, ha inoltre condiviso la volontà di aspettare a lanciare per essere compliant con il Digital Markets Act ma è ottimista che prima o poi arriverà anche in Europa.
70M di utenti in 72 ore: come si fa?
I numeri che Threads ha raggiunto sono impressionanti soprattutto se si considera la manciata di ore in cui è live. Analizziamo la strategia di lancio: quali sono gli elementi che hanno determinato questi risultati e cosa possiamo imparare?
Timing: non poteva esserci un momento con un contesto migliore. Erano molti gli utenti di Twitter che in queste settimane si domandavano se avesse ancora senso investire tempo in quella piattaforma, data l’incertezza sulla strategia di Elon Musk. E l’annuncio fatto a inizio settimana sulla limitazione della visibilità dei tweet per chi non aveva un account Twitter Blue ha aumentato le critiche e la frustrazione da parte di centinaia di migliaia di utenti. Sono argomenti su cui i giornalisti non vedevano l’ora di scrivere e la battaglia Elon vs Zuck è già a caratteri cubitali su qualsiasi giornale americano. Chi farà la fine di MySpace?
Distribution Strategy: Threads è completamente integrata a Instagram. Registrandosi a Threads si condividono tutti i dati del profilo di Instagram, compresi followers e following: una massa di circa 2.35 Mld di utenti attivi che in pochi secondi ha creato un profilo che aveva già centinaia di followers. Se pensiamo ai circa 400M di utenti attivi su Twitter abbiamo già un’idea della diversa massa critica.
Network Effect: questa strategia di distribuzione massimizza il network effect, risolvendo in modo automatico il “chicken-egg problem” ossia il dilemma per cui qualsiasi nuova piattaforma al momento del lancio fa fatica a decollare perché arrivano così pochi utenti da non rappresentare una motivazione valida per tutti i nuovi che si iscrivono. Il case study sta avvenendo davanti ai nostri occhi, ed ecco perché è sempre una buona cosa lanciare il prodotto dopo aver creato la community.
Se avete letto The Cold Start Problem di Andrew Chen capirete bene il problema, ma anche questo video di Alexis Ohanian su Threads lo spiega bene.
Motivation: non ci sono grandi incentivi a utilizzare un nuovo social network (o grossi bisogni da soddisfare) ma non ci sono nemmeno frizioni all’utilizzo di Threads. Se sei già utente Instagram, non hai assolutamente niente da perdere, l’onboarding lo fai da un’app che conosci e che usi già con frequenza quotidiana. Se sei un influencer o un content creator non correrai il rischio di perdere la tua community o di dover ricrearla da zero in un nuovo social, buttando anni di sforzi nella creazione dei contenuti. Anzi, molto probabilmente se eri su Twitter ora hai la possibilità di scalare la reach dei tuoi contenuti perché su Threads i numeri potrebbero essere ben maggiori, quindi non hai niente da perdere. È una scelta per l’utente che in gergo si chiama no-brainer option e che facilita la crescita.
Product: l’interfaccia è molto simile, per non dire uguale a quella di Twitter, per cui non ci sono frizioni nell’utilizzo. In questo momento è un vantaggio, perché permette un immediato utilizzo, ma in futuro potrebbe diventare un noioso “state of the art”: dato che le due app sono uguali perché dovrei usare Threads vs Twitter a parità di funzionalità?
Sarà importante capire due cose in ottica di crescita sostenibile e duratura: quali saranno le nuove funzionalità che usciranno sulle due piattaforme e quale sarà la strategia di monetizzazione. Altrimenti ci troveremo con l’ennesimo Clubhouse o Bereal. Ne ho scritto quiL’infrastruttura era pronta: non ci sono stati crush e non sono state necessarie pezze come quando lanciavamo i giochi di PS4 pieni di bug. L’infrastruttura di Threads era pronta per scalare in modo globale dal giorno 0. Questo credo sia un insegnamento fondamentale per tutti i founder italiani che puntano a creare un brand o una community in Italia sperando che il resto del mondo prima o poi seguirà. È un’hard truth ma qualcuno deve dirla :)
Dove sono i potenziali rischi?
I rischi in un lancio globale come quello fatto da Instagram rispetto a un lancio di dimensioni minori, per esempio su beta o waiting list, che si allarga velocemente grazie a un Network Effect che si moltiplica esponenzialmente di giorno in giorno (secondo la logica che Andrew Chen definisce Atomic Network) sono due.
Li abbiamo già visti con Clubhouse ma vale la pena rianalizzarli:
L’engagement: un social network è fatto di contenuti ed engagement che vanno avanti in modo proporzionale. Chi crea i contenuti ha bisogno di ottenere reazioni e feedback su quei contenuti, a una velocità superiore rispetto a quella in cui vengono creati. È fondamentale per la motivazione e quindi per la retention dell’utente fare in modo che questo loop non si interrompa e continui per i prossimi 6-12-18 mesi, continuando a moltiplicare la base utenti.
Tuttavia diventa sempre più difficile gestirlo se la base utenti parte da 70M+ rispetto che da 7M.Il lock-in funziona all’inizio ma poi l’utente vuole libertà di scelta: se oggi decidi di aprire e poi di cancellare il tuo account Threads ti toccherà cancellare anche il tuo account Instagram. Che si trasforma in un’esperienza pessima per gli utenti, in puro contrasto con la no-brainer option di cui parlavamo sopra.
Il prodotto: le funzionalità, l’interfaccia, le modalità con cui avviene questo engagement è parte della strategia di prodotto. Ed è assolutamente normale che al lancio la strategia di prodotto non sia completamente definita e si basi su ipotesi perché dipende dagli obiettivi del business e sopratutto dal comportamento degli utenti. Da una parte serve tempo per definirla ed implementarla ed è molto difficile farlo su basi utenti così ampie e segmenti diversi tra loro, dall’altra è fondamentale svilupparla nel più breve tempo possibile per evitare che gli utenti si stanchino di aspettare e cancellino l’app. Mosseri ha già condiviso una mini roadmap di sviluppo prodotto ma in genere è più facile fare un lancio beta con delle funzionalità base che vengono scalate velocemente in modo parallelo allo scaling del mercato.
La vera sfida secondo me è quella di differenziarsi nel medio termine dalla product experience di Twitter, spingendo i creator a lavorare su qualcosa di più esclusivo o su nuovi formati e motivandoli a non duplicare i contenuti su entrambe le piattaforme, in modo da rompere il network effect di Twitter.
Come il lancio di Google+ nel 2011?
Google+, il social network che aveva lanciato Google nel 2011, aveva usato una strategia di lancio molto simile a questa.
Aveva registrato tantissimi nuovi utenti durante le settimane seguenti il lancio e a un certo punto contava mezzo milione di utenti. Secondo una strategia di distribution simile a quella usata da Meta, aveva basato il lancio su chiunque avesse un account Google: ogni utente Gmail poteva automatizzare la registrazione a G+, sincronizzandolo con i contatti su Gmail. Quello con cui la grande G non aveva tuttavia fatto i conti è che gli utenti Gmail erano utenti con una bassa motivazione a utilizzare G+ e spesso con pochi contatti personali su Gmail, che erano anche quelli che venivano spinti a registrarsi su G+, portando alla creazione di feed pressoché vuoti, poiché non c’era engagement tra persone diverse e spesso aventi contatti sporadici.
“Mi ricordo che internamente c’era moltissimo entusiasmo sul lancio di Google+ perché dalle registrazioni interne, quelle che arrivavano dai dipendenti Google, sembrava che i feed fossero ricchi e che ci permettessero di trovare le community di nicchia. I miei amici invece mi dicevano che quando si loggavano vedevano solo quello che postavo io. Mi preoccupa il fatto che possa succedere lo stesso a Threads anche se Meta ha più esperienza sui social media e probabile riesca a risolvere il problema. “ racconta Priya Mathew Badger, PM a Google durante il lancio e il declino di G+.
Guardando la situazione dal grafico che uso di solito e che spiega la teoria della diffusione delle innovazioni (curva di Rogers- Moore che avevo inserito anche nella mia learning list qui) è evidente che, nonostante l’accelerazione e l’arrivo a questi risultati, non siamo che all’inizio della penetrazione nel mercato.
Sarà molto interessante vedere che succede nelle prossime settimane e mesi.
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La story di chi l’ha lanciata e l’ha venduta
(la startup) 🎙️
Ora torniamo alla realtà. Passiamo da un lancio americano che in meno di una settimana ha fatto risultati da capogiro al lancio e alla exit di una startup italiana su un arco di tempo di circa 10 anni: Filo. Al microfono, Andrea Gattini, co-founder e CMO.
Com'è nata Filo e qual è stato il percorso in questi anni?
Col senno di poi e dopo aver fatto a botte con il mio orgoglio, oggi posso dire che Filo è nato come esercizio per mettermi alla prova. Nel 2014 abbiamo partecipato ad un percorso di 3 mesi con InnovAction Lab, in cui perfetti sconosciuti si mettevano alla prova lanciando una startup in meno di 3 mesi. Lì ho conosciuto i miei futuri soci: Giorgio, Lapo e Stefania e quello che sembrava un percorso formativo è diventato, senza potermene accorgere all'epoca, il mio primo lavoro e anche l'esperienza più appassionante della mia vita.
Quel percorso si concluse con un pitch finale davanti a centinaia di investitori; purtroppo qualcuno decise di investire dei soldi (veri) e da lì tutto ebbe inizio.
Come le domande che fanno gli investitori: perché voi?
Mi piacerebbe sentirmi speciale (forse all'epoca un pochino mi ci sentivo), ma credo solo fossimo 4 persone in gamba, e molto (ma molto) affamate di cambiamento e rivincita. Nessuno di noi vantava alle spalle esperienze imprenditoriali, per cui abbiamo imparato facendo, e ascoltando i consigli di tutti (forse anche troppo).
In questo mondo pieno di buzzword, la nostra capacità di execution è stata fondamentale agli inizi; poi però abbiamo imparato a "giocare" con le nostre regole. Sicuramente c'erano KPI, track record, metriche.. , ma anche branding, cultura aziendale e attenzione alle persone e alla loro dignità.
Oltre a questo, anche una sorta di fetish nel gestire tutta la filiera produttiva che ci ha portato a conoscere praticamente tutto su cosa significa fare una startup hardware Internet of Things (IoT).
Come avete lanciato il primo prodotto sul mercato?
A Novembre 2014 stavamo facendo il nostro percorso di accelerazione presso LUISS EnLabs; i soldi del pre-seed erano bastati a malapena per fare un MVP di prodotto e un prototipo neanche troppo funzionante. Non avendo quindi budget da investire in marketing, abbiamo sfruttato il passaparola sui social e il nostro network personale. All'epoca (oddio, sembra un'epoca ma sono a malapena 9 anni fa), i social funzionavano ancora alla grande per questo e gli algoritmi ci volevano ancora tanto bene.
Ad un mese dal lancio fatturavamo già €20.000 ricorrenti; ora sembrano spiccioli, ma 9 anni fa mi facevano tornare a cena dai miei con lo sguardo che diceva "ehi mamma, ehi papà, sono diventato grande ora. Ho un'azienda tutta mia e fatturiamo €20.000 al mese. Mi ammirate per questo?"
Come siete cresciuti in questi anni? Qual è stata la vostra North Start Metric?
Siamo nati come startup che realizzava prodotti IoT nel B2C, per cui, lavorando quasi esclusivamente su e-commerce, inizialmente la nostra metrica principale era molto banale: n°di pezzi venduti a settimana.
Poi, dal 2015, la necessità di investire budget in marketing che non avevamo, ci ha fatto capire che sarebbe stato meglio migrare verso il fantastico mondo del B2B: così decidemmo di vendere Filo personalizzati con il logo delle aziende.
Da lì la metrica principale è diventata il numero di lead generati a settimana.
Dal 2018 invece, varie contingenze tra cui la nostra abilità nello sperimentare tecnologie proprietarie e adattarle a molti altri scopi così come una legge sui dispositivi anti-abbandono che sarebbe stata pubblicata nel 2020, ci hanno spinto verso un grande pivot: Tata Pad, il primo dispositivo anti-abbandono dotato di 3 allarmi intelligenti.
Come avete fatto a capire che c'era effettivamente un mercato?
Abbiamo avuto la fortuna/sfortuna di un competitor in America che aveva raccolto $2M in crowdfunding qualche mese prima del lancio di Filo, per cui aveva già validato per noi il mercato (certo, quello early-stage).
Poi mamma Apple nel 2020 lancia AirTag, da lì il mercato si apre.. ma noi avevamo già pivotato su Tata. Però.. che sfiga, eh?
Cosa significa fare una exit in Italia nel 2023?
Per noi ha significato innanzitutto una boccata d'aria fresca. Dalla pandemia in poi siamo andati in sofferenza, eppure non abbiamo mai rinunciato a garantire a tutti i colleghi e dipendenti una loro dignità.
Per il mercato delle exit significa che "si può fare". Anche in Italia. Anche in tempi di estrema crisi di liquidità. Anche in un settore impossibile come quello hardware (ah, mi raccomando: se vi venisse l'idea di lanciare una startup hardware, scrivetemi che vi posso dare un sacco di consigli. In realtà uno solo: non fatelo!).
Certo, si è dovuta scomodare un'azienda da Hong Kong anche se in Italia avevamo qualche corporate che avrebbe potuto (o dovuto) farci un pensiero, ma vabbè...
Qualcos'altro che vuoi raccontarmi e non vi ho chiesto? Un consiglio ad altri team là fuori?
Non fate una startup hardware l'ho già detto, però, se l'avete già tirata su prima di leggere questo mio consiglio, allora fatelo con le vostre regole.
Non provate ad inseguire necessariamente modelli di startup che provengono da sistemi diversi da quello italiano, perché non funzioneranno quasi mai. Cercate da subito la sostenibilità finanziaria o vi troverete ad essere schiavi del cash flow, del funding e delle relazioni con gli "angeli del business".
Ma che poi questi angeli, una volta, non erano buoni?
✍️ Tutte le startup che assumono in Italia questa settimana
📎 NeN cerca Strategy & Business Development Expert a Milano
📎 Tesla assume Content & Communications Specialist, Italy a Peschiera Borromeo, MI
📎 Rifò, startup early stage in sustainable fashion, cerca Digital Marketing Manager presso Nana Bianca a Firenze
📎 Il Club degli Investitori a Torino, associazione di Business Angels, assume Operations and office manager
📎 Product School cerca Lead Content Strategy Manager in remoto
📎 Shopify cerca Partner Manager in remoto
Aspetto i vostri feedback sulla domanda che vi ho posto all’inizio di questa newsletter, intanto vi auguro di passare un bel weekend all’ombra che sembra arriverà l’anticiclone.
Alessia
Molto interessante questa tua analisi sull'Innovazione e la domanda sul modo di reagire in Italia.
Pochi giorni fa guardando i dati Eurostat ho notato questi elementi:
Siamo lo stato con la più bassa percentuale di utilizzo di internet: lo eravamo già nel 2010 e lo siamo anche ora.
Siamo lo stato con la più bassa propensione ad acquistare online: lo eravamo già nel 2010 e lo siamo anche ora. Con Romania, Cipro e Bulgaria che ci stanno per superare.
Siamo lo stato con la più alta età media: lo eravamo già nel 2010 e lo siamo anche ora.
Tutti gli stati hanno "acquistato" 4/5 nell'età media (2010-2022), MA TUTTI i paesi Scandinavi e nord europei hanno un'età media attuale che è più bassa di quella da cui noi siamo PARTITI 12 anni prima.
La mia conclusione era questa: probabilmente forse il nostro gap in generale trova le sue origini agli inizi del 2000 e ne paghiamo sempre più il prezzo oggi.
Poi ho visto i dati della Germania e tutto il ragionamento si è sciolto: stessa evoluzione dell'età media italiana ed una evoluzione tecnologica tra le migliori in Europa.
Tu cosa ne pensi?
Mi viene da dire che il problema sia che non siamo tecnologici, a parte il cellulare. Seguiamo le mode ma ormai le novità da noi arrivano dopo che sono arrivate da altre parti. Queste due constatazioni portano alla conseguenza che ci facciamo tanti problemi e pretendiamo tante informazioni che altri utilizzatori non si fanno per cui non possono crescere gli ecosistemi.