Startup Stories #40-1
Il caso studio italiano che tutti aspettavamo: Satispay è un unicorno. Poi Bending Spoons e l'exit di Figma.
Inizio con un dirvi grazie: mi avete sommerso di feedback e per me è davvero importante. Quando i propri clienti (in questo caso voi) si prendono del tempo non solo per usare il prodotto (aka leggere le mie newsletter) ma per mandare feedback significa che sto facendo un buon lavoro perché mi ripagate con la moneta più importante che esiste: il vostro tempo.
Quindi a partire da questa newsletter metterò in pratica tutti i vostri feedback: continuerò a parlare dei temi che ci interessano come digital marketing, growth hacking e startup. Farò qualche focus in più sulle startup italiane. Cercherò di usare pochi inglesismi e creerò un glossario in modo che ciò migliori ancora di più la comprensione. Inoltre non toccherò troppo la lunghezza: i vostri apprezzamenti sul formato mi hanno piacevolmente stupito quindi cercherò di non tagliare troppo per continuare a dare spazio ai ragionamenti e riflessioni che ovviamente non possono essere troppo riassuntivi.
Abbiamo deciso, quindi direi che possiamo iniziare.
Partiamo!
1. L’analisi della settimana
La notizia è che Satispay diventa il nuovo unicorno italiano, il secondo dopo Facile.it
Non ce ne erano state delle altre prima? Ni. Tecnicamente Yoox non è stata un unicorno, perché prima della quotazione in borsa del 2009 la valutazione era circa $200M, quindi ben al di sotto. Vero, altri tempi, oggi ci sono migliaia di unicorni in Europa rispetto a solo qualche anno fa, sfortuna. Non lo è stata nemmeno Depop perché se n’è andata dall’Italia verso il 2013 quando se non ricordo male era ancora in seed round e stava ancora lavorando al product-market fit, si era tenuta qualche sviluppatore in H-Farm ma poca roba, diventando un’azienda inglese con capitale a maggioranza UK. Su Scalapay ho ancora qualche dubbio quindi non sciolgo la riserva, perché non so quanto capitale sia effettivamente italiano, io credo sotto al 50%.
Cosa significa diventare un unicorno? È una bella notizia per i founder, per i dipendenti, per gli azionisti che ci hanno creduto fin dall’inizio, perché da quel momento le loro azioni vengono valutate di più, al di là di quello che è costato l’acquisto. È una conferma che si sta andando nella direzione corretta e in crescita. È in generale una bella notizia anche per l’ecosistema perché quando ci sono delle grandi che diventano capofila, l’ecosistema cresce: basta guardare cos’è successo a Berlino grazie a N26, Zalando etc..
Attenzione però: non significa che di colpo l’azienda diventi profittevole. O che il prodotto moltiplichi la traction, quindi che cresca 10x da un giorno all’altro, da solo. Anzi, nella maggior parte dei casi l’attenzione viene puntata su tutto e tutti cercando di ottenere il massimo. C’è un alto rischio che entrino investitori che spingono le startup a raggiungere risultati pressoché impossibili: la valutazione ottenuta spinge a pensare di poter fare di più, più velocemente e in modo ancora più efficiente di quello fatto finora. L’azienda deve dimostrare che sta crescendo, che investe i soldi ottenuti in risorse chiave come le persone o strategiche come altre startup. Per voler dimostrare questo approccio gli unicorni tendono a duplicare o triplicare i propri dipendenti senza guardare troppo a chi si assume (perché se la velocità diventa importante non puoi aspettare 6 mesi per le persone migliori per quel ruolo, anche Satispay afferma già di andare in questa direzione, poi non stupiamoci di vedere licenziamenti alla Gorillas o Klarna). Oppure si fanno acquisizioni rischiose per dimostrare a capi e investitori che si può crescere più in fretta e più velocemente anche quando magari non è sicuro il valore aggiunto rispetto a ciò che già fai (come nel caso dell’acquisizione della startup italiana BrumBrum per €80M da parte di Cazoo a gennaio, startup UK fondata a dicembre 2018 e che dopo un anno era già unicorno focalizzata quindi sull’espansione internazionale investendo 200M di sterline nella crescita tramite acquisizioni, spinta dal cambio di abitudini della pandemia e dalle necessità di stoccaggio di auto. Si quota in Borsa l’anno scorso con valutazione a £7 miliardi e oggi chiude tutti i mercati a parte UK licenziando anche i dipendenti italiani con una perdita del 90% del valore delle azioni dall’IPO).
Quindi da unicorno a unicorno: complimenti. Ora si corre.
Concordo con quello che dice il CEO Dalmasso in questa intervista a Italian tech di qualche giorno fa: questo non è il traguardo ma l’inizio dei giochi, ora bisogna correre. Satispay è conosciuta principalmente nel Nord Italia dice il giornalista, ma, sono dubbiosa: ogni volta che torno in Veneto scopro che solo 1 su 2 dei miei amici 30-40 la usa regolarmente ed è sconosciuta anche da piccole catene di negozi e supermercati locali. Inoltre l’internazionalizzazione non sarà facile: in Germania c’è Sumup che è molto capillare, conosciuta, tedesca e mette a disposizione il POS a tutti a un costo davvero molto competitivo, la usano anche alle bancarelle del currywurst per uno scontrino di 2,5€. Ho visto manifesti in metro e avuto discussioni con i miei colleghi tedeschi che si chiedevano perché dovrebbero usare Satispay invece che la carta. Non sarà facile, ora che post-pandemia la “bolla” digitale mainstream sta passando.
Guardando il lato positivo quelle parole mi ricordano molto quelle di Augusto Marietti fondatore di Kong Inc a Mattarella durante la visita di quest’ultimo a San Francisco: mai fermarsi, continuare a pensare a oggi, rimanendo focalizzati sul giorno 1, continuando a correre. Ma la storia di Augusto (che ammiro moltissimo) ve la racconto un’altra volta.
1b. Per questa settimana serve un’altra analisi (perché è successo di tutto)
L’altra notizia super per l’ecosistema italiano è quella di Bending Spoons che chiude un aumento di capitali da $340M. Li conoscete, vero? Hanno nel loro storico delle app usate da migliaia di persone e la creazione di Immuni, che è andata com’è andata ma la tecnologia che dipendeva da loro era top (a parte il design delle icone ma li abbiamo perdonati).
Come leggere questo dato e cosa significa? Innanzitutto dobbiamo entrare in alcuni dettagli: sono $40M di aumento di capitale “puro” e $300M “a prestito”, che la startup dovrà restituire. Quindi è un bene o un male? Sicuramente un bene ancora una volta per l’ecosistema italiano perché dimostra che per i progetti che hanno ciccia i soldi ci sono e soprattutto ci sono dall’estero e non solo da VC, pensiero che non è spesso così automatico. La loro mossa è interessante perché non “incastrandosi” con i VC riescono a rimanere indipendenti e a non legarsi troppo ad aspettative esterne, continuando quindi a sperimentare: se è vero che sono stati boostrapped per molto, quindi hanno fatto liquidità e si sono autofinanziati, dovrebbero essere sicuri della possibilità di ripagare quei prestiti senza mettere a rischio il business. Sono molto curiosa di vedere quali saranno le prossime mosse, anche perché sembra che i loro investitori siano più creator che classici VC e questo potrebbe essere un indizio. (Grazie ai miei amichetti nerd per queste analisi congiunte)
Infine non dimentichiamoci di: Figma che viene comprata da Adobe per un botto di soldi, €20 mld. 20 volte quello che ha pagato Zuckerberg per Instagram 10 anni fa. Capisco la mossa dei founder, è sempre interessate vendere soprattutto quando ti puoi integrare a uno dei più grandi player mondiali del settore dopo 10 anni che ti fai il mazzo. Ma capisco anche tutti i designer che si sono sentiti traditi: Figma è riuscita a creare una community pazzesca grazie alla quale ha creato un prodotto customer-centric che davvero aiuta chiunque a interfacciarsi con i designer e collaborare in modo più funzionale ed efficace per la creazione di qualsiasi cosa, dalle interfacce, alle landing page, agli asset.
Adobe purtroppo è quasi l’antagonista di chi è appassionato di fare design: la sua suite ormai è vecchia, lenta, macchinosa, costosa (ecco perché un software simile a Figma ma open source ha fatto il botto, di Adobe ci fidiamo in pochi dopo quello che ha fatto con Macromedia nel lontano 2005). Come una Roll Royce vs una Tesla.
All’inizio tutte le acquisizioni sono piene di speranze che tuttavia si frantumano dopo pochi mesi: nell’unica startup dove ero head of growth al momento dell’exit ci ho messo solo 2 mesi a capire che alla corporate che l’aveva acquisita non fregava assolutamente niente del nostro prodotto. Toni Fadell (sotto vi spiego chi è) ci ha messo qualche mese in più a capirlo quando ha venduto Nest a Google ed era ormai ovviamente troppo tardi. Quindi non so, vediamo, credo tra 1-2 anni capiremo qualcosa in più. Nel frattempo c’è questa bella intervista al CEO di Figma da leggere.
2. Una cosa di marketing da sapere
La cosa di marketing la tengo breve. Vi ricordate di Roblox? Ne abbiamo parlato più di un anno fa, vi raccontavo i numeri che faceva e delle grandi opportunità che presentava soprattutto per l’engagement in un audience molto giovane. Poi abbiamo parlato di Spotify che ci organizzava i concerti. Ovviamente gli utenti stanno crescendo, non ci sono più solo under13 e sta crescendo anche Roblox con un nuovo obiettivo: l’implementazione della pubblicità. Si sta strutturando per definire dei limiti d’età per i propri utenti che possono essere utili sia per i giocatori ma soprattutto per le aziende per capire a chi possono parlare in un mondo popolato da 52M di utenti su base giornaliera, in tutto il mondo. Roblox è sempre di più la piattaforma che per me ha opportunità milionarie anche perché ora si vuole spingere nel coinvolgere un audience meno teen che arriva ai 20-24 anni.
Attenzione Zuck che ti sbattono fuori e non ti basterà copiare l’ennesima funzionalità per rimanere a galla. Ah come dite? Anche TikTok ha copiato BeReal stavolta?
3. Il dato che non vogliamo perderci (per essere interessanti alle cene di lavoro)
58 erano le donne investitrici a essere speaker al primo Summit Europeo delle donne in Venture Capital che si è svolto la scorsa settimana a Parigi a Station F.
8 erano le donne investitrici a essere speaker a Italian Tech Week, il summit che racconta l’ecosistema italiano tech su un totale di 123 speaker che ho personalmente selezionato come operatori di settore (gli speaker erano di più ma mi sono permessa di eliminare content creator, musicisti, DJ e producer).
I numeri sono rappresentativi del fatto che: Italia abbiamo un problema. Se è vero che l’ecosistema italiano è in grande crescita come ha detto Yoram Wijngaarde di dealroom in questo talk all’evento, perché continuare a invitarle in numero minimo sindacale come speaker a eventi IMPORTANTI PER L’ECOSISTEMA e/o pensare che siano le donne a voler autoescludersi con la giustificazione che siano loro ad autoescludersi dai network perché non investono abbastanza nel personal branding? Oppure ancora la giustificazione che dicano spesso di no, che non siano disponibili o peggio, che non ce ne siano in Italia? E sicuramente non è nemmeno un problema di merito perché guarda un po’ agli eventi all’estero donne in posizioni simili ci sono e fanno persino le speaker. Dal mio network vedo che in Italia siamo messi così male, anzi, solo che non vengono considerate.
Bella la collaborazione con Gamma Donna ma non basta.
Che facciamo, ne parliamo Riccardo Luna?
Se non sai dove trovarmi basta che rispondi a questa email.
4. Se fossi in voi applicherei per questo lavoro
Mi dicono che una startup early-stage in Svizzera sta cercando un Head of Product.
E che una startup early-stage in Italia che si occupa di fashion tra Italia e Tanzania sta cercando una persona per una posizione di stage in marketing. Se sei all’inizio della tua carriera te lo consiglio perché parlavo con delle colleghe mercoledì che fare un anno in una startup all’inizio della carriera = fare un MBA (e costa pure meno). Io ho fatto entrambi e vi devo confessare che 10 mesi come co-founder di una startup mi ha insegnato le basi su cui ho poi costruito il mio lavoro. Con l’MBA ho capito come parlare con i capi e che è fondamentale continuare a formarsi.
Scrivetemi se volete saperne di più!
5. Se ho un podcast o un libro da consigliare lo trovate qui
Un bellissimo libro che ho finito: Build di Tony Fadell, l’inventore dell’iPOD, di Nest, nel team di General Magic fa un excursus della sua vita e racconta una serie di lezioni che ha imparato. Un po’ romanzato come tutte le memoir ma molto interessante, soprattutto se fate startup in Italia.
Ho iniziato anche Loved di Martina Lauchengco e mi sta interessando: se fate product, sia come product manager che come sviluppatori ve lo consiglio. Ovviamente anche se siete marketer, perchè nel 2022 non si può fare marketing pensando solo al brand i ai budget. Mi auguro di non essere più l’unica a dire che product marketing è imprescindibile dal fare product.
In Italiano sto leggendo Problemi di Zenti e lo trovo divertente. E’ una mia impressione o anche voi concordate che non ci sia molto di particolarmente interessante sul marketing pubblicato in italiano a parte i soliti manuali? Accetto consigli.
Buona domenica, ci sentiamo presto