Startup Stories #36
Cosa aspettarci da Will+Chora Media, Facebook che continua a copiare, i funnel di marketing che muoiono e l'empatia come arma a fin di bene.
Questa settimana sono andata a un evento dopo più di 3 anni.
Il mio primo evento di marketing di persona a Milano.
Un evento offline, con degli speech, un panel, una Q&A, un aperitivo post evento.
Ci sono andata perché conoscevo gli organizzatori e mi fidavo della qualità dei temi trattati, non sarebbe stata la solita marchetta che si trova facilmente ad altri eventi più grandi. Poi volevo rivedere qualcuno e conoscere qualcun altro, sia nel panel che potenzialmente del pubblico. Quando ti fidi degli organizzatori ti fidi anche che il pubblico sia potenzialmente della stessa qualità.
E’ stato un bell’evento, abbiamo toccato temi da sempre interessanti per me come performance marketing, dati, attribuzione, customer intent, budget, obiettivi e KPI.
Temi che spesso in Italia non vengono toccati se non in modo molto generico, nemmeno fossero dei segreti aziendali. Io ho fatto la classica “ultima domanda” presentandomi con Taxfix. Ero curiosa di sapere se c’erano metodi alternativi per testare il fatto che, lavorando nel lancio & scaling di una categoria di prodotto che non esiste in Italia, ci possa essere qualcos’altro da testare.
Poi siamo passati al networking e all’aperitivo e ho iniziato a confrontarmi con chi come me lavora quotidianamente su performance e go-to-market.
Mi si sono avvicinati due ragazzi che, presentandosi come “nerd del marketing e quasi founder di un’agenzia digitale”, mi hanno detto che le campagne Facebook che avevamo live non ci facevano tracciare il comportamento dell’utente che dall’ad cliccava sull’app store per scaricare l’app. Avevano l’ad sul telefono e mi consigliavano di cambiare strategia. Sempre aperta a qualsiasi feedback, ho subito capito tuttavia che non sapevano di cosa stavano parlando: le campagne di app install su facebook sono integrate nativamente quindi tracciano tutto quando l’utente rimane all’interno della stessa sessione.
Ho spiegato loro proprio questo e ho inoltre condiviso una serie di esperimenti e risultati ottenuti da FB & Instagram, che stiamo facendo anche su Tik Tok e su SEM, facendo capire che molto probabilmente fra i tre forse ero io quella più nerd. Ovviamente non era una gara e quella che leggerete qui sotto non è una paternale, ma una considerazione.
Negli anni ho imparato che quando vado a un evento piccolo, i guru o gli esperti non sono solo quelli dei panel. A Londra mi succedeva spesso di imparare quasi più dalle conversazioni che venivano dopo che da quelle sullo stage. I guru sono anche quelli che tutti i giorni si fanno il mazzo per trovare e testare soluzioni alternative rispetto a quelle ovvie e conosciute. Sono quelle persone che conoscono il settore in cui operano, gli strumenti, i dati e che sperimentano in prima persona, senza spesso avere il tempo di raccontarlo in un post su LinkedIn. E’ chi risponde alle domande in modo convinto, raccontando cosa ha fatto che è stato un successo e in cosa invece ha fallito, perché troppo semplice raccontare quanto “siamo fighi”. E che spesso non lo dice perché nemmeno pensa di stare facendo qualcosa di figo, alla fine è semplicemente fare il nostro lavoro, no? Ecco perché agli eventi a parlare non ci vanno perché quello di parlare non lo considerano il loro lavoro.
Ora, non voglio dire che vorrei essere inclusa tra i guru perché io invece facendo la consulente ho capito quanto è importante raccontare quello che si fa, perché è anche raccontando che le persone riconoscono il proprio valore. Ma sono anche sicura che il solo racconto non sia altrettanto sufficiente, soprattutto quando sono 20 minuti di speech a un evento di migliaia di persone. Quello che davvero ci serve in Italia è uno scambio: vero, autentico e costruttivo. Dove i consulenti non puntano il dito contro chi è in azienda e non sa e chi è in azienda sappia che chi lavora in un’agenzia non può occuparsi tutto quello che include il “web marketing”. E’ imparando a collaborare che saremo in grado di crescere da entrambi i lati e di conseguenza far crescere un settore che cambia, e che di riflesso dovrebbe far evolverci in continuazione.
Cos’è successo nel mondo digital marketing, tech e startup in questo mese?
1) Una bella acquisizione nell’ecosistema startup italiano nel settore media. Cosa dobbiamo aspettarci?
Se mi seguite su LinkedIn avrete già letto che cosa penso del fatto che Chora Media abbia speso 5.2M per comprare Will Media. In soldoni: una bella operazione strategica di consolidamento di due player che stanno facendo belle cose in un settore in grande crescita. Parlo di consolidamento perché anche se la qualità di quello che fanno è molto alta sono entrambi ancora piccoli e anche se insieme rafforzano da un lato la presenza social e dall’altro contenuti branded originali si tratta comunque di bruscolini rispetto ai numeri dei grandi gruppi editoriali d’Italia.
Cos’ha comprato Chora?
- un brand ben posizionato nella mente del consumatore e delle aziende alla ricerca di nuovi canali
- una community principalmente millennials fidelizzata su diverse piattaforme (chiamarli utenti attivi mi sembra un pelino forte perché dipende dagli algoritmi esterni al controllo dell'azienda)
- un team di 35 persone skillate e con esperienza su diversi temi
- Lead e contratti in essere, insight di mercato e potenzialmente knowledge di engagement
Come scrivevo anche su LinkedIn è davvero troppo presto per capire se è stato un buon investimento a una valutazione corretta. Per capire se si tratta davvero di exit sarebbe il caso di aspettare e provare ad anticipare il futuro: quale sarà il posizionamento strategico di Will "in mano" a Chora? Sopravviverà? Cambierà? Come evolverà il settore editoriale dal punto di vista dei nuovi media? Rispondere a queste domande ora equivale a scommettere.
Sarebbe stata una pessima notizia se questa exit fosse stata portata avanti da un gruppo editoriale più grande e tradizionale: come mi è capitato di vedere un paio di volte nella mia carriera, spesso sono i grandi gruppi che acquisiscono aziende nuove per farle morire, dato che rappresentano potenziali minacce. Per fortuna questa volta non è successo, quindi mi lascia ottimista. Come mi lascia ottimista leggere questa intervista a Mario Calabresi di qualche anno fa al Wired Next Fest che dopo aver lasciato Repubblica esprimeva delle opinioni molto forti su quello che è il futuro del settore (grazie Giacomo per il link!)
La vera Exit di cui nessuno parla è invece quella di Facile.it che viene comprato per 1.1Mld, 20 volte l’EBITDA e che con una valutazione superiore al miliardo di euro diventando quindi un unicorno. Molto probabilmente essendo un’operazione tra fondi è relativamente interessante ma come al solito le notizie più interessanti sono quelle di cui non parla nessuno. Interessante inoltre capire come la crescita dopo la prima cessione dai fondatori e dai primi investitori del 75% al fondo Oakley Capitale poi al fondo EQT sia avvenuta grazie ad acquisizione di aziende esterne con modelli di business simili. Sarebbe bello vedere qualche dato sull’evoluzione delle metriche in questi anni ma non ho trovato nulla. Che strano questo ecosistema italiano che celebra solo le notizie dei brand più trendy.
2) Facebook sembra puntare sempre più sui gruppi
Come Discord, ma su Facebook: ecco qual è il prossimo competitor che il gruppo di Zuckerberg vuole prendere come esempio per copiare crescere.
Avete mai provato Discord? Provo a spiegarvelo. E’ un tool per delle chat vocali che direi è la combinazione tra slack (ha lo stesso meccanismo dei canali), zoom (perché è vocale) e whatsapp (perché si possono creare gruppi).
Facebook vorrebbe utilizzare la stessa barra a sinistra per migliorare l’usabilità dei gruppi, che effettivamente oggi fa un po’ schifo, facendola assomigliare appunto a discord, questa è un’anteprima che ho trovato online e vorrebbe abilitare le persone a condividere post, room audio e messaggi in messenger.
Saprete già che l’obiettivo per Facebook tuttavia è quello di copiare l’algoritmo di Tiktok, con l’idea drastica di cambiare l’algoritmo favorendo la visualizzazione di contenuti simili, anche se condivisi da persone che non sono parte degli amici. Chissà se in questo modo Facebook riuscirà a riprendere quel mezzo milione di utenti che se n’è andato o se la mossa verrà giudicata troppo aggressiva rischiando nuovi abbandoni.
Dal punto di vista di chi fa marketing, i budget quest’anno sono ancora principalmente divisi tra Facebook e Google ma presto potrebbe non essere così, secondo eMarketer. A meno che Facebook non prenda drastiche e rischiose decisioni.
3) Forse non sentiremo più parlare di Funnel Marketing Finalmente i loop! Io ne avevo parlato nel 2017 :)
Se avete letto il mio libro Startup Marketing i loop non sono una novità.
Sia che parliamo di Growth Loops che di Feedback Loop, saprete infatti che già allora consideravo i loop come una delle metodologie più forti per creare acquisition e retention, le due metriche fondamentali per fare growth in termini di product e marketing.
Negli ultimi anni si è parlato spesso di Funnel, a partire dal funnel di growth principale quello AAARR teorizzato da Dave McClure per arrivare ai funnel di marketing automation che alcuni spacciavano come quelli fondamentali per aumentare il fatturato 10x a zero budget. Peccato che questi non siano davvero funnel ma automazioni che partono a seconda del comportamento e del segmento in cui inseriamo l’utente.
Che differenza c’è tra loop e funnel?
Secondo me il loop è molto di più di un’automazione.
Parte dall’analisi dell’utente, dei suoi bisogni e dei suoi obiettivi dal punto di vista psicologico, li incrocia con l’esperienza prodotto e cerca di allineare gli obiettivi di business con quelli dell’utente. Ecco che in questo modo il loop non è una semplice automazione ma è alla base dell’esperienza prodotto che si interseca con il marketing affinché l’utente sia davvero coinvolto. e sblocchi crescita.
Spesso parlare di funnel implica un solo canale, separando a monte quello che fa product e quello che fa il marketing. Questo spesso porta a silos perché quando consideriamo la crescita-growth derivante da un solo canale ci perdiamo dei pezzi: non comprendiamo per esempio quali sono le conseguenze di quella crescita in modo olistico e qual è l’impatto sugli obiettivi di business. Ecco che quindi ha invece molto più senso parlare di loop per cercare di spiegare qual è la connessione tra product e marketing che spinge l’utente verso un certo comportamento o verso il cambiamento di una certa abitudine.
Li sto riscoprendo proprio perché lavorando con il product stiamo cercando di far cambiare l’abitudine degli italiani nel fare la dichiarazione dei redditi.
Non vedo l’ora di avere qualcosa di più interessante da condividervi.
Quanto mi mancava lavorare in product growth!
(Se avete delle domande specifiche sul tema fatemele così faccio qualche approfondimento, altrimenti scrivo un papiro).
4) Cosa significa leadership e come ho capito che è connessa all’empatia e al saper influenzare gli altri.
Con livelli di stress in continuo aumento sono sempre più convinta che solo l’empatia possa salvare i team dallo stress e dal burn out.
La cosa potrebbe essere complicata per chi non capisce cosa significa empatia: si tratta essenzialmente di capire le condizioni delle persone che ci stanno intorno, quasi come fosse un problema nostro.
Come migliorare l’empatia nei confronti dei nostri team?
- Ho imparato a confrontarmi con il mio team ogni settimana e a chiedere alle persone come stanno, dimostrando che mi interessa davvero di loro
- Vorrei dare la giusta attenzione a qualsiasi problema possano avere, anche il più piccolo. In inglese si dice “show care” dimostrare che ci prendiamo cura delle persone del nostro team diretto o allargato è davvero indispensabile, sapete perché?
Secondo una recente ricerca di Catalyst, maggiore empatia significa maggiore innovazione, maggiore coinvolgimento, minor propensione a cambiare azienda, rispetto e inclusione e una gestione più efficace della vita personale/professionala.
- Spesso dimostrare empatia è molto semplice: basta iniziare a fare qualche domanda in più.
5) Juventus ha lanciato una campagna per celebrare il pride. Chissà come mai non ha funzionato.
E’ appena finito il mese del Pride e sono molti i brand che prendono posizione. Ma sono moltissimi i brand che cercano di posizionarsi con discutibili tentativi di rainbow washing, a partire dai loghi arcobaleno per finire in situazioni molto più discutibili. Per esempio, come l’azione portata avanti da Juventus e riassunta qui:
Cosa c’è di male, vi sento dire, “è una bella collezione di t-shirt ispirata dal pride?”
Ad esempio:
- il calcio è uno dei settori più omofobi, quanti sono i calciatori che fanno coming out senza rischiare la loro carriera? Pochi, direi. E non lo dico solo io. Non credo che una collezione di magliette possa effettivamente risolvere il problema. Se ci fosse davvero interesse a prendere una posizione da parte di una squadra, l’azione presa sarebbe diversa (o almeno ci sarebbe qualche risposta nei commenti per i quali evidentemente non ci sono argomentazioni).
- quanti calciatori non seguono la via tradizionale e quindi non si fidanzano con la bella di turno, si sposano e non seguono la strada maestra? Pochissimi, così pochi che forse si possono contare sulle dita di qualche mano. Sono tutti etero? Suppongo di no, molto probabilmente ci sono molte complicazioni per cui se non si segue la strada maestra si rischia grosso, sia da un punto di vista professionale che psicologico. Sarebbe bello l’azienda dimostrasse di prendere una posizione verso un problema vero, se davvero volesse lavorare per la causa.
- se la storia che rende un calciatore seguito, popolare e famoso è quella del macho man che cambia donne ogni volta che vuole perché sono tutte ai suoi piedi, non credo ci sia spazio per chi vuole raccontare una storia diversa. Soprattutto contando che c’è uno spogliatoio e chi controlla il gruppo è il più forte non il più sensibile. Anche in questo caso Juventus, c’erano molti spunti su cui lavorare.
Grazie Juventus, ma davvero non serviva.
È il momento di dire addio a 👉 Netflix così come l’abbiamo conosciuto finora. Sembra che stiano davvero considerando di aggiungere la pubblicità per un abbonamento più abbordabile a livello di prezzo, almeno secondo quello che ha detto il CEO a Cannes Lion. Io spero solo che non smettano di investire in serie di qualità perché la stagione 4 di Stranger Things non è che mi abbia proprio convinto e non sto guardando nulla di particolarmente interessante da 6 mesi. Come al solito i problemi nascono sempre da product.
Poi è morto anche Internet Explorer ma non credo ci interessi molto ormai, a parte che non possiamo più farci i meme.
Consigli non richiesti del mese (se sei una startup ma non solo)
Se siete founder di una startup, sappiate che stanno sbocciando le possibilità di applicare a fondi pre-seed e che quindi l’equity crowdfunding non è più l’unica scelta disponibile. Se siete inoltre una woman founder, non demoralizzatevi e guardate all’estero perché per esempio è in questa direzione che sta andando Octopus Ventures, con un fondo di 10M
Le crisi e le congiunture negative sono un ottimo momento per lanciare una startup o una nuova azienda: come scrivono i ragazzi di Lombardstreet Ventures durante la Global Financial Crisis del 2007-2008, la maggior crisi che abbia visto il mondo fino ad oggi dalla grande depressione del 1929, sono nati grandi esempi di startup in Silicon Valley che, nate tra il 2007 e il 2010, sono diventate unicorn o decacorn—e anche oltre:
Zynga (2007), MongoDB (2007), GitHub (2007), Airbnb (2008), Twillio (2008), Asana (2008), Yammer (2008), Uber (2009), Square (2009), Stripe (2009), Slack (2009), WhatsApp (2009), Venmo (2009), Beyond Meat (2009), Instagram (2010), Pinterest (2010). Lo spiegano bene qui. Quindi se avete una fantastica idea, buttatela, testatela, validatela che non per forza chiudersi in casa al sicuro è una buona scelta.
Siete preoccupati dal fatto che gli investitori non arriveranno dato la congiuntura negativa? Anche Paul Graham consiglia di non preoccuparsi. Io vi consiglierei di pensare a creare il miglior prodotto che risolve un bel big pain e vedrete che arrivano.
“Non saremmo in grado di attrarre i talenti giusti”? Visto quello che sta succedendo negli USA in termini di diritti, prevedo degli escape di massa. E anche per questa previsione non sembro essere l’unica.
Una delle mie role model diventa un podcast che non vedo l’ora di ascoltare: il podcast su Margherita Hack creato da Chora Media
Ci risentiamo prima delle ferie?
Io dovrei riuscire a mandarvi un’email prima delle mie meritatissime vacanze di agosto, ma voi promettetemi che l’aprirete anche se questo caldo diventa davvero complicato fare qualsiasi cosa, ogni giorno di più.
Fatemi sapere se questo numero vi è piaciuto :)
Alessia
Ciao Alessia,
grazie per quello che scrivi, sempre estremamente interessante!!!
Cosa intendi per "Chissà se in questo modo Facebook riuscirà a riprendersi quel mezzo milione di utenti" ? Io non seguo il settore e non capisco in quanto tempo li ha persi, se è una perdita periodica, etc..
Grazie per quello che fai!!