Startup Stories #37
Non è il momento di chiudere i portafogli per le startup, è il momento di guardare cosa succede nel mondo e di uscire allo scoperto. Bonus: qualche domanda e un update su di me.
Ciao 2015! Come dite, “che siamo nel 2022 e perché parlo di 2015”? Perché mi sembra di esserci tornata. In quegli anni infatti succedevano moltissime cose.
Ve le riassumo.
Parlando di tech e startup, nel 2015 c’erano grandi brand come PlayStation che iniziavano ad esplorare nuovi mondi come Twitch e il VR, grosse startup che in quel momento si quotavano in Borsa e/o registravano momenti di impasse come Shopify, Dropbox e Groupon e relativamente piccole startup che iniziavano a crescere esponenzialmente come Uber e Airbnb. Anche l’italiana Musixmatch nasce qualche anno prima e nel 2014 raccoglie uno dei più grossi round di investimenti. Se lo paragoniamo a oggi vedo impasse di quelle che erano le grandi scommesse come i buynowpaylater di Klarna e Gorillas o i passi fatti da Hopin durante la pandemia diventati falsi, gli hiring freeze dei grossi come Facebook e Google che cercano di capire come muoversi mentre altre sperimentano perché così capiscono dove muoversi come Apple (che fra l’altro mi piacerebbe moltissimo vedere competere con Tesla lato software e design).
Chi faceva marketing nel 2015 cercava di capire come funzionasse l’algoritmo di Facebook per portarsi a casa risultati di performance, rinunciando in partenza a grossi canali come programmatic o TV perché i budget richiesti erano alti e tutti sapevano che i risultati sarebbero stati bassi. Oggi potremmo usare lo stesso parallelismo quando leggiamo di contenuti andati virali su TikTok e ci domandiamo come produrre contenuti divertenti per portarci a casa le performance, dato che non sono solo i budget a fare la differenza. (Sento molti parlare di social media entertainment. Ci stiamo andando? Forse. Quello che è sicuro è che Meta sta andando male. Non credo stia morendo come sta dicendo qualcuno ma è un declino. Se fosse così inizierei a chiedermi se abbia più senso assumere un creator o un social media manager nel 2023 per gestire gli account social aziendali).
Nel 2015 ad andare in TV ci pensavano solo i grossi brand così come oggi sappiamo che i vari Facebook, Instagram servono a farci spendere un sacco di budget senza davvero farci fare performance sicure, dati gli innumerevoli problemi di tracking, privacy e metaverse obsession (che ad oggi è tutto e solo buzz). Instagram sta già morendo per chi fa scelte di investimento oculate e non mirate alla brand awareness. Anche se tutte le agenzie vi diranno che non è vero, chi si occupa di performance marketing in Europa la vede già così ormai da mesi.
Quindi nel 2015 c’erano solo cose negative? Assolutamente no.
C’erano persone che lavoravano a idee e a costruire prodotti digitali pazzeschi. Persone che si erano stufate di aspettare di essere assunte dalle grandi, anche perché le grandi soffrivano di pochezza di contenuti, di vision, di leadership e di risorse. Un po’ come sta succedendo oggi che essendoci meno soldi in circolazione (non perché ce ne siano di meno ma perché i VC fanno scelte più ragionate, ve lo racconto dopo dopo), purtroppo non si può più lanciare una startup per far ottenere al tuo customer il “minor tempo”, “il massimo risparmio”, “la maggior efficienza”. Abbiamo bisogno di tornare a lavorare a problemi veri e concreti che sentono in molti, attraverso strategie di acquisizione e retention in ottica di sustainable growth e non date da un +50% che si concretizza in una crescita smisurata di dipendenti, mercato e zero North Star Metric.
La domanda che mi porterò in vacanza è la seguente: nei prossimi 5 anni preferirò subirlo o crearlo questo futuro che ci sta aspettando?
3 consigli su come costruire il futuro che ci sta aspettando
E’ davvero così tragica la situazione di fondi alle startup?
Avevo ancora questa domanda aperta questo mese così ho deciso di fare un po’ di analisi per cercare di farmi un’opinione specifica in mezzo a tutti i posti su Linkedin che dicevano "è finito il momento d’oro delle startup, si torna a fare azienda” con la quale non sono completamente d’accordo, perché se fai startup devi passare per una fase di incognita iniziale che se sei una PMI non hai.
Effettivamente sono state decine le startup che hanno deciso di diminuire il personale in modo significativo. Altre hanno ridotto le strategie di espansione mentre altre ancora hanno capito che quell’accelerazione data dalla pandemia era solo temporanea. Ne avevo scritto ancora un paio di mesi fa.
Grafico inserito nel blog post in cui il CEO di Shopify spiega la mancata accelerazione post-covid che lo “costringe” a licenziare 1,000 dipendenti.
Il mio istinto mi dice che come al solito si sia creato un grande polverone generalizzato. Credo che si, sia più difficile fare startup rispetto a qualche anno fa. Soprattutto per chi vede le startup come mero strumento finanziario, ossia chi punta a exit veloci basate sulla vendita di un progetto che non sta in realtà funzionando come un business ma sta dimostrando delle metriche di quasi vanità in ottica di crescita esponenziale.
Per esempio, lo fanno quei business che puntano a dimostrare che l’aumento di capitali è servito ad aumentare i dipendenti o a entrare in nuovi mercati, come ha fatto Gorillas: aumento di fondi enorme, velocità pazzesca nell’entrare e far crescere nuovi mercati dal punto di vista di risorse interne (sapevi che erano 500 le persone che lavoravano in Italia? Un numero enorme, anche contando i rider) e che spinge alla creazione di un brand riconosciuto. Spesso mi sono domandata: ma dov’è il prodotto qui? Questi sono spesso business che considerano il “come” si fanno le cose un elemento secondario, così come il fatturato e le unit economics. Onestamente non ho mai creduto al valore di questo tipo di approccio. Perché è un plus momentaneo che non crea valore per nessuno, anzi, spesso per operare si basa su politiche aggressive e veloci e che non costruiscono ma distruggono.A questo punto ho quindi lasciato da parte l’istinto e ho cominciato a guardare i dati.
Il dato aggregato mondiale ci dice che sì il numero di deal sta diminuendo e anche il valore dei deal.
Si vede che in USA il declino del 2022 vs 2021 è molto più ampio rispetto all’Europa. Questo avviene perché i fundraising in USA sono molto più alti di quelli europei. Quindi non mi sorprende che in un momento di maggiore razionalità e recessione negli USA i primi a diminuire siano le entità dei fundraising oltreoceano. Ma guardiamo bene: gli USA contano ancora per il 70% di tutti i money in startup.
L’Europa è quella che ha resistito meglio all’urto, siamo anche qui in diminuzione in termini di numero di deal ma il valore aggregato non è diminuito particolarmente: in Q2 2022 abbiamo registrato i 10 migliori deal in Q2 in Germania e in UK.
Quindi bene: la situazione non è così tragica, le startup non stanno morendo, quelle che lavorano bene continuano a lavorare bene.
E quando guardiamo ai settori vediamo che in realtà QoQ c’è qualche qualche differenza positiva o stabile.
Secondo Pitchbook, il 2022 si prospetta essere l’anno dove i VC registreranno il più grandi aumento di fondi a loro disposizione. Avranno sicuramente imparato a razionalizzare ma ciò non significa una non-opportunità per chi vuole fare startup fatta bene, anzi!
2. Quali sono i settori dove vale la pena costruirlo, questo futuro?
Startup in agricoltura sostenibile. Per esempio quelle che utilizzano tecniche o tecnologie nuove che permettono di evitare la desertificazione come il Biochar, un prodotto di origine biologica vegetale, che riesce a trattenere l’umidità, distribuire i nutrienti nel suolo in modo più lento e offrire un ambiente di vita dei microrganismi del suolo. Negli USA Climate Robotics ci sta lavorando assieme all’AI e in Finlandia Carbo Culture ha già raccolto $7M. Italia, dove sei?
Il settore della carne e delle proteine animali ricreate in laboratorio. Non sappiamo ancora se davvero l’impatto della carne sintetica sarà inferiore a quello della carne tradizionale finché non ne scaleremo la produzione, non ho ancora analizzato tutti i pro e contro ma quella è la direzione, soprattutto se vista nella direzione della crescita della popolazione. Io ci penserei, contando quanto siamo famosi per la dieta mediterranea nel mondo.
Climate tech: un settore che in EU nel 2021 è letteralmente esploso, finanziato principalmente da investitori EU. Gli investimenti early stage stanno aumentando 2.5x dal 2017 con una serie di challenge che iniziano dall’assumere persone che abbiano esperienza nel settore. Vi linko quest’articolo di dealroom da leggere comodamente sotto l’ombrellone, anche qui tanta roba.
3. Cosa fare quando la crescita non arriva?
Di solito si arriva a questo punto e tutti, compresa la sottoscritta, iniziamo a dire e scrivere le stesse cose: analizziamo i bisogni, capiamo quali sono quelli più forti per un certo segmento target, iniziamo a testare e validare la soluzione con un primo MVP.
Non pensiamo che il lancio di un MVP corrisponda a “siamo arrivati”. E soprattutto non facciamo l’errore di pensre di dover farci conoscere al mondo. Focalizziamoci sulla nostra nicchia. E a continuare a sperimentare e a iterare velocemente, definendo metriche, scalando il canale o il media mix che permette di aumentare quelle metriche a 5-7x ed è fatta e allo stesso tempo non smettendo mai di sperimentare su canali e prodotto.

Facile a dirlo. Ma cosa succede se la crescita non arriva?
Facile dire iterare o fare pivot, meno facile è capire come si fa. E soprattutto se continuare con piccole sperimentazione o se è necessario fare un pivot su ampia scala. Le motivazioni potrebbero essere molte, potrebbe essere un problema di prodotto, di canale, di positioning, di target. Oppure potrebbero esserci motivazioni esterne come un nuovo competitor, un prodotto che in realtà prevede una seasonality o canali di distribuzione che da un anno all’altro non funzionano più nello stesso modo per motivazioni che non dipendono dai tuoi asset ma dalla loro strategia. Quindi, a questo punto è importante fare un passo indietro e chiedersi: le mie basi sono solide?
la crescita è stata finora principalmente manuale, dipesa da processi poco scalabili?
ho raggiunto product/market fit? Oppure i customer che ci hanno seguito finora erano solo un centinaio di entusiasti early adopter e non riusciamo a scalare davvero negli early majority?
ci siamo focalizzati su piccoli esperimenti di ottimizzazione e non abbiamo considerato scommesse ad alto rischio che ci avrebbero permesso maggiore portata?
Continuare a fare quello fatto fino a questo momento non porta a nulla, in genere. E non ha nemmeno senso puntare il dito. Quello che è davvero importante è tornare a pensare alla propria growth machine e ricordarsi che fare growth non significa buttare budget in un canale che muove la maccina in autonomia. Fare growth significa combinare in una combinazione ottimale prodotto, marketing, brand, dati, team e culture e strategia.
Ecco che quindi considerare di testare un altro canale spesso non è una soluzione. La soluzione spesso passa per rispondere in modo critico alle seguenti domande:
Product/Market fit: il mercato vuole il prodotto che stai offrendo?
Product/Channel fit: i canali sono corretti per distruibuire il prodotto?
Product/Model fit: è il giusto modello di business per il tuo prodotto?
Market/Model Fit: è il giusto modello di business per il tuo mercato?
Channel/Market Fit: quali sono i canali corretti per il mercato?
Channel/Model Fit: i canali sono corretti per il modello di business da un punto di vista di costo di acquisizione?
Dato che ultimamente vedo ancora persone che su Linkedin fanno confusione nella comprensione della differenza tra growth e performance marekting, io credo che fare growth significa mettersi nella posizione di fare cose in modo completamente diverso rispetto a quello che fanno gli altri.
Ecco il mio personal update: sono tornata a investire in una startup early-stage. Stavolta rispetto al 2015 sono cresciuta e non ci metto in cambio il mio lavoro ma $$. Anzi €€, dato che la startup è italiana. Credo sia solo il primo di una serie di investimenti che vorrei fare nei prossimi 2-3 anni. Se state costruendo prodotti digitali per risolvere problemi concreti in un settore in crescita scrivetemi, sono molto curiosa di tornare a fare qualche challenging discussion.
Se invece volete sapere di che startup si tratta, stanno assumendo una figura di head of growth.
Consigli non richiesti del mese
Un libro da portare sotto l’ombrellone: Culture Code per imparare a capire che un team figo non lo costruiamo solo assumendo persone che escono da un MBA di una business school. Non l’ho ancora finito ma quella metà che ho letto è davvero pazzesca e ancora una volta imparo qualcosa di nuovo sul mondo bellissimo delle persone.
Un libro per imparare a guidare le persone dei vostri team spingendo sulla loro motivazione: The Coaching Habit. Da quando ho iniziato ad ascoltare di più e a fare più domande invece di comunicare le mie opinioni ho capito quanto sto conoscendo di più le persone con cui lavoro ogni giorno, motiva di più ed è un valido aiuto. Ve lo consiglio.
Infine un consiglio: abbiamo bisogno di maggiore empatia in questo mondo. E guarda un po’ è una tipica caratteristica femminile. Permette di creare ambienti meno tossici e di fare leva su quella intelligenza emozionale che aiuta a lavorare meglio e più in sintonia. L’empatia ci permette di lavorare meglio con le persone e di capire come costruire un team di open-minded people.