Di sicuro non ho risposte definitive e scritte nel marmo.
Ma secondo me ci sono alcuni elementi che posso "spiegare" questa involuzione di WeWork.
Sono nati nel momento peggiore del settore immobiliare-finanziario dopo la crisi del 2008.
Hanno pompato la loro immagine con tanta fuffa non utile a costruire una base solida (vedi presentazioni con musicisti in voga).
Come riportato dal Sole 24 Ore hanno sottoscritto per molti anni dei contratti di affitto ad un prezzo esorbitante, che non ha di certo aiutato a costruire delle buone basi dell'azienda.
Il periodo Covid che tutti ricordiamo ha colpito duro.
E per ultimo quello che viene previsto come l'anno della crisi immobiliare negli Usa, cioè il 2023.
Tutti questi elementi messi insieme non fanno presagire niente di buono per loro.
E magari questa loro "traiettoria" ci dovrebbe insegnare qualcosa sul valore di questo approccio condiviso da molte altre scale-up americane “prima la crescita, poi il profitto”.
Ciao Andrea, la spiegazione è esattamente quella che spiego anche io nella newsletter. La questione è: crescere tanto ad alto rischio (e poi fallire) è davvero il modello che funziona nelle startup americane? E per l’Europa? È un vantaggio o una debolezza?
E per l’Italia che vende startup a corporate quando sono ancora piccole per pagarle meno? Capiremo mai l’approccio anglosassone?
Cosa intendi quando dici "ci dovrebbe insegnare qualcosa?"
Mi viene da dire che la bolla finanziaria del 2008 ha creato degli "squali finanziari" che ormai fanno ben pochi utili scommettendo in borsa e sono ben contenti di fare la guerra ai loro simili e vederli fare una brutta figura. Credo che WeWork è finita in mezzo a questo tritacarne insieme a tanti altri semplicemente perchè i tassi di interesse si alzano e non è più conveniente investire in startup.
Dici che non sia più conveniente? Eppure c'è chi è convinto che sia una flessione temporanea quella degli investimenti in startup e che poi si rialzerà.
D'altra parte, se guardiamo lo stesso protagonista di questa storia controvera, Neumann a sua volta ha appena raccolto $350M da uno dei fondi più attivi negli USA per l'ennesima sua startup.
è un onore poterti rispondere citandoti, grazie: il mercato del finanziamento alle startup è sicuramente più maturo in America di quanto lo sia in Italia per cui si stanno verificando dei processi che da noi non sono ancora ipotizzabili.
Dal 2008 si dice "too big to fail" ed anche le startup cercano di crescere a ritmi impossibili per evitare che le banche chiudano i rubinetti ma la storia che hai raccontato dimostra il contrario.
Le banche sono "costrette" ad investire in startup per differenziare il rischio ma quando capita l'occasione la banca X cerca di far perdere un sacco di soldi alla banca Y: il mio commento era riferito alla banca che hai citato che sicuramente in questo momento ha perso parecchio appeal presso gli investitori.
Se fosse successo in Italia, ti avrei detto che quei soldi erano il premio raccolto da Neumann per aver chiuso "in ordine" i conti, vedi la vicenda di Sam Bankman-fried ;-)
Di sicuro non ho risposte definitive e scritte nel marmo.
Ma secondo me ci sono alcuni elementi che posso "spiegare" questa involuzione di WeWork.
Sono nati nel momento peggiore del settore immobiliare-finanziario dopo la crisi del 2008.
Hanno pompato la loro immagine con tanta fuffa non utile a costruire una base solida (vedi presentazioni con musicisti in voga).
Come riportato dal Sole 24 Ore hanno sottoscritto per molti anni dei contratti di affitto ad un prezzo esorbitante, che non ha di certo aiutato a costruire delle buone basi dell'azienda.
Il periodo Covid che tutti ricordiamo ha colpito duro.
E per ultimo quello che viene previsto come l'anno della crisi immobiliare negli Usa, cioè il 2023.
Tutti questi elementi messi insieme non fanno presagire niente di buono per loro.
E magari questa loro "traiettoria" ci dovrebbe insegnare qualcosa sul valore di questo approccio condiviso da molte altre scale-up americane “prima la crescita, poi il profitto”.
Ciao Andrea, la spiegazione è esattamente quella che spiego anche io nella newsletter. La questione è: crescere tanto ad alto rischio (e poi fallire) è davvero il modello che funziona nelle startup americane? E per l’Europa? È un vantaggio o una debolezza?
E per l’Italia che vende startup a corporate quando sono ancora piccole per pagarle meno? Capiremo mai l’approccio anglosassone?
Cosa intendi quando dici "ci dovrebbe insegnare qualcosa?"
Cosa dovrebbe insegnarci secondo te?
Grazie Alessia, newsletter utilissima!!!
Mi viene da dire che la bolla finanziaria del 2008 ha creato degli "squali finanziari" che ormai fanno ben pochi utili scommettendo in borsa e sono ben contenti di fare la guerra ai loro simili e vederli fare una brutta figura. Credo che WeWork è finita in mezzo a questo tritacarne insieme a tanti altri semplicemente perchè i tassi di interesse si alzano e non è più conveniente investire in startup.
Ciao Stella grazie.
Dici che non sia più conveniente? Eppure c'è chi è convinto che sia una flessione temporanea quella degli investimenti in startup e che poi si rialzerà.
D'altra parte, se guardiamo lo stesso protagonista di questa storia controvera, Neumann a sua volta ha appena raccolto $350M da uno dei fondi più attivi negli USA per l'ennesima sua startup.
Ciao Alessia,
è un onore poterti rispondere citandoti, grazie: il mercato del finanziamento alle startup è sicuramente più maturo in America di quanto lo sia in Italia per cui si stanno verificando dei processi che da noi non sono ancora ipotizzabili.
Dal 2008 si dice "too big to fail" ed anche le startup cercano di crescere a ritmi impossibili per evitare che le banche chiudano i rubinetti ma la storia che hai raccontato dimostra il contrario.
Le banche sono "costrette" ad investire in startup per differenziare il rischio ma quando capita l'occasione la banca X cerca di far perdere un sacco di soldi alla banca Y: il mio commento era riferito alla banca che hai citato che sicuramente in questo momento ha perso parecchio appeal presso gli investitori.
Se fosse successo in Italia, ti avrei detto che quei soldi erano il premio raccolto da Neumann per aver chiuso "in ordine" i conti, vedi la vicenda di Sam Bankman-fried ;-)
Sono pienamente d'accordo con te Alessia.
Sia il sistema italiano che quello americano sembrano fragili e basati su fondamenta poco stabili.
Può andare bene, ma a molti va male.
Ci dovrebbero insegnare che bisognerebbe utilizzare un metodo più equilibrato, basato sul costruire qualcosa di solido. Che tu faccia exit o meno.
Quello anglosassone può essere una valida alternativa? Possibile ma non sembra essere capito a pieno in Italia.