Accelera la tua crescita professionale
Come una coach, un corso e un super network mi hanno fatto svoltare questo 2023
È quasi Natale e sto chiudendo questo 2023 ricco di trasformazione personale e professionale.
Era da tanto che non mi mettevo così in gioco e credo di aver imparato moltissimo da questi 12 mesi. La metto nero su bianco affinché non solo sia una importante FutureMe Letter ma mi aiuti a ricordare che dopo un passaggio in equilibrio instabile su un ponte tibetano, le avventure che trovi dall’altro lato possono essere strabilianti.
Alcune di queste le intravedo già ma aspetterò il 2024 per raccontarvele.
Nel frattempo vi racconto cos’è successo sul ponte :)
Esistono ancora le carriere lineari?
Ma prima facciamo un passo indietro.
Dal 2013 al 2019 ho messo le basi della mia carriera professionale.
Ho imparato tutto quello che potevo, lavorando tantissimo.
Non smettevo mai, ma ero felice. Alternavo le mie giornate lavorative da Sony PlayStation agli eventi nella tech city di Londra, nei weekend partecipavo a progetti di qualcuno che stava lavorando a un’idea e mi chiedeva se volessi contribuire a qualcosa che forse sarebbe diventato un business miliardario.
Poi, tante tantissime startup: pre-seed, seed e Series A, come dipendente, consulente e advisor in acceleratori e corporate venture building. Alle quali ho contribuito nello sviluppo di strategie di marketing, nel lancio e nello sviluppo di nuovi prodotti digitali, nell’apertura di nuovi canali, nei go-to-market internazionali, nella gestione dei budget e delle conversioni di performance marketing.
Tutto alla velocità della luce.
Dal 2018, rimettendo sempre più spesso piede in Italia per un mercato UK traballante, ho iniziato a pensare che la mia carriera dovesse spostarsi verso una dimensione più verticale. Vedevo intorno a me chi aveva vissuto un decimo delle mie esperienze diventare Head of Marketing, COO o CMO. Sentendosi spesso nella posizione di giudicare il mio operato solo perché aveva anni di esperienza in più nella stessa azienda e non perché le opinioni che portava sul tavolo fossero di valore e basate su dati.
Mi sentivo un po’ un’aliena.
Ero destabilizzata.
Mi sembrava che la qualifica ottenuta da queste persone tramite carriere più lunghe e lineari fosse più importante e riconosciuta rispetto alla mia esperienza pratica basata su obiettivi ambiziosi. Raccoglievo esempi in cui la progressione di carriera “formale” sembrava l’unica interessante per dimostrare il valore di un* professionista.
E io, che fino ad allora me n’ero fregata, prediligendo ambienti dove imparavo sporcandomi le mani rispetto ai titoli formali, dove mi piazzavo?
Nel dubbio, ignora. Funziona?
Il mio approccio pratico imparato in UK e la fiducia in tutto quello che avevo fatto fino a quel momento mi consigliava di ignorarli. Chi se ne frega, mi dicevo. Per me il dato vinceva sempre sulle opinioni di chi non aveva davvero vissuto situazioni simili. Era come chi mi diceva che aveva a sua volta vissuto a Londra e lavorato in startup lì, solo che entrando nei dettagli scoprivo erano stati 6 mesi e non 6 anni.
Le opinioni contano ma i fatti di più.
Era frustrante a volte. Nelle argomentazioni spesso perdevo la pazienza. Trovandomi in discussioni dove l’unico risultato era vincere o perdere. Mi stavo perdendo.
Poi, da un momento all’altro è arrivata Taxfix che mi ha assunto sulla base delle mie esperienze e delle mie competenze con la prospettiva di crescita veloce: la conferma che cercavo.
Le carriere lineari NON contano, quello che davvero conta sono gli obiettivi ambiziosi che definisci e che ti poni di raggiungere.
Taxfix è stata un’esperienza che mi ha dato tanto, sempre sul limite di una montagna russa che a velocità pazzesca faceva volare giù per poi tornare lentamente su, dove le mie aspettative sono state parzialmente colte. Un’esperienza in un unicorno in hypergrowth pazzesca, ne ho già scritto qui quindi non entrerò nel merito.
Quello che posso dire è che quando sono uscita, a inizio 2022, ero a pezzi.
E nel cv non avevo una progressione di carriera verticale: avevo quindi fallito?
Cosa significa fallire? E perché fa paura?
Ho passato i primi mesi del 2023 a riflettere su questa domanda.
Iniziava qui il mio equilibrio instabile, anzi, forse già da prima.
Avevo imparato tantissimo in Taxfix, lavorando come 3 persone su marketing, product e crescita internazionale. Avevo costruito un team fighissimo in 6 mesi e creato la strategia cross-funzionale con chi non sapeva nemmeno cosa fosse in 9. Per la prima volta non mi ero focalizzata solo sugli obiettivi ma anche sul come raggiungerli.
Allo stesso tempo mi sentivo di non aver fatto granché.
Eppure avevo fatto cose che i miei colleghi avevano forse fatto nel doppio del tempo.
Avevo la vista annebbiata dall’ansia che sentivo ogni volta che provavo a rispondere a questa domanda: avevo fallito? E se sì, contro chi o cosa avevo fallito?
I cambi continui di strategia, i layoff che sapevo sarebbero arrivati, il prodotto che non era stabile. Dipendeva tutto da me? Forse no. E forse non era nemmeno un fallimento. Perché avevo così paura?
Il mio ragionamento logico si era perso e non riuscivo a recuperarlo.

Avevo bisogno di una mano.
Forse avevo preteso troppo da me.
In Taxfix tutti pretendevano troppo da me, alzando ancora di più la mia asticella di soddisfazione personale e contribuendo a bruciarla.
Soluzione n.1: il mio super network
Ho cominciato a fare quello che a Londra facevo spesso: chiedere consigli a professionist* che ammiravo, non per forza che conoscevo già, per raccogliere feedback. O semplicemente per capire se loro avevano affrontato situazioni simili.
A Londra era facile: conoscevo qualcuno a un evento, chiacchieravamo, ci vedevamo all’evento successivo, partiva la domanda: “Che ne pensi di questa situazione?”
A Milano mi sentivo più povera di connessioni, anche se erano 3 anni che ormai ero lì (proprio per quello che scrivevo più su) ma mi sentivo diversa.
Ho iniziato a coltivare il network milanese focalizzandomi su quelle persone che mi ispiravano e che sentivo a loro volta vulnerabili ma alle quali a mia volta potevo dare valore: le nostre ansie ed emozioni erano allineate per cui il valore creato era reciproco. Non è stato facile perché in Italia le persone hanno più paura di essere fregate o di elargire consigli preziosi per cui potrebbero farsi pagare: scambiare consigli non è fare consulenza. Per fortuna esistono le community :)
Sono anche tornata a contattare quelle persone che conoscevo su Londra e Berlino: perché avrebbero dovuto dirmi di no per una call?
E dopo qualche mese ho allargato anche ad alcune ex colleghe e colleghi.
E ad altri super professionisti conosciuti a San Francisco e New York.
Parlare, ascoltare e condividere è stata la mia medicina.
Ho conosciuto gente pazzesca e sono grata di essere tornata a fare call con chiunque per conoscere le persone e capire con chi aveva senso risentirci. Alcune le ho conosciute prima di persona e le call sono arrivate dopo. Con alcune ci sono state solo tante call. Con altre è nata una fantastica amicizia. Non mi sono mai sentita giudicata.
Esprimere la propria vulnerabilità chiedendo aiuto è potentissimo, fatelo.
Grazie a tutti e tutte voi che c’eravate, che avete sempre trovato almeno 15 minuti per ascoltarmi e condividere qualche consiglio, anche su time zone di diverse ore.
Che avete smorzato ansia, risposto a domande, apprezzando la mia esperienza e trasmettendo positività anche senza sapere di preciso dove mi trovassi. Sono stati momenti preziosi. Se ci siamo incontrati anche solo per 10 minuti durante quest’anno avete sicuramente contribuito.
Soluzione n. 2: la mia super coach
Una di queste persone (che ammiro da anni e che considero mia mentor) mi ha consigliato di farmi supportare da una career coach. Avevo appena finito un percorso con una coach quando ero in Taxfix che si, mi aveva supportato, ma non mi aveva davvero aiutato. Partivo un po’ scettica. Ma secondo lei questa era bravissima.
Ci ho fatto una call.
Ho passato alcune settimane a pensare se davvero volessi provare.
Ho parlato con qualche altra coach per capire le opzioni. Lei era abituata ad ambienti internazionali e aveva un background come CMO in startup/scale up quindi capiva benissimo le mie difficoltà, rispetto a chi aveva vissuto solo l’ambiente italiano in settori piú tradizionali.,
Ho concluso considerando che a parte qualche soldo non avevo niente da perdere. Volevo prendermi del tempo per esplorare e fare cose nuove per cui il tempo c’era.
Proviamo, mi sono detta.
Abbiamo iniziato a febbraio e mi ha seguito fino a settembre con un incontro al mese in cui tramite esercizi, spunti, riflessioni personali ho capito tante cose su di me che fino a quel momento davo un po’ per scontato. Mi ha aiutato a trasformare la paura in energia positiva e a capire dove indirizzarla affinché potesse auto generarsi in modo continuo, quasi come dentro di me ci fosse un motore propulsivo. Mi ha fatto capire quali erano quegli elementi unici della mia carriera e a fregarmene di tutto il resto: se ero convinta io, chi se ne frega delle persone che non mi capiscono. Meglio focalizzarmi su chi mi capisce.
Il mio compito era quindi quello di capire come creare questa energia e fare in modo fosse bilanciata ai miei valori e principi per evitare che il motore si inceppasse o ne perdessi il controllo.
È stato il regalo più bello che avessi potuto farmi.
Ho capito che chiedere e fare domande è parte della mia curiosità intellettuale e di quello che mi da energia.
Ho capito quanto era fondamentale il mio network, quanto per me era essenziale imparare, che scrivere era il modo in cui processavo le mie emozioni e che sono io il progetto principale della mia vita e della mia carriera non i job role scritti nel cv.
Soluzione n. 3: il corso di Product Growth
Durante questo anno ho ricevuto diverse richieste per capire quali corsi scegliere su diversi argomenti. Il rischio è da una parte quello di scegliere corsi poco strutturati con troppe promesse, dall’altra quello di pensare che solo un corso universitario sia in grado di fornire una certa formazione. Io la penso così 👇

Si tratta dello stesso percorso mentale che ho applicato quando ho iniziato a lavorare con la mia coach. Dove voglio essere come carriera tra 4-5 anni? Che competenze voglio avere? Che esperienze vorrei aver fatto? Ho cercato risposte pratiche.
Cosa volevo imparare? Dov’era il mio gap? Su che temi mi sentivo meno sicura?
Nel mio caso ho anche riflettuto in quali situazioni ideali lavora meglio il mio cervello: tante cose le ho imparate ed applicate in inglese, per cui rimanere ancorata a quella lingua mi sarebbe stato più facile.
Ho inoltre pensato all’importanza che hanno per me le persone, prediligendo la ricerca verso corsi dove la community rimaneva una parte importante anche dopo il completamento di quel corso e dove la presenza di mentor e coach mi avrebbe aiutato anche a risolvere situazioni più personali e più complesse.
Dopo varie ricerche ho quindi optato per Product Academy: un percorso di progressione professionale che combinava teoria e pratica, focalizzato sul prodotto e sulla sperimentazione.
L’ambito in cui forse mi sentivo meno preparata dato che non avevo mai collaborato in nessun team con qualcuno davvero forte su questo tema e quello che avevo imparato finora era stato tramite libri, podcast e fail/learn. Alla base c’era anche una community molto forte, e sarei stata supportata da coach e mentor con super esperienze da c-level in ambito product a cui avrei potuto fare tutte le domande che volevo, ottenendo chiarezza e opinioni basate sui dati. Era basata a Zurigo con incontri di persona una volta al mese ma avrei potuto chiedere se ci fosse possibilità di una maggiore flessibilità.
Ho scartato soluzioni solo online o troppo verticali (come Reforge) perché mi sarebbe piaciuto avere una visione a 360° con casi pratici e discussioni.
Ho scartato soluzioni troppo ampie perché mi avrebbero portato fuori strada.
Ho inoltre scartato opzioni troppo italiane o dai temi troppo basic perché temevo di non imparare abbastanza. Per ogni corso che consideravo ho fatto un’analisi SWOT mettendo al centro le mie 3 domande iniziali per capire davvero dove volevo spendere i miei soldi e le mie energie. E la scelta che ho fatto è stata perfetta.
A dicembre ho finito il corso di product growth che assieme al percorso con la coach e al network mi ha fatto creare una nuova formula personale e professionale grazie alla quale, passo dopo passo, ho percorso quel ponte tibetano fino alla fine, che avevo iniziato guardando troppo in basso e temendo di poter cadere da un momento all’altro.
Sono arrivata dall’altra parte più fiduciosa, più convinta, più bilanciata che mai.
E quello che ho imparato è che non si dovrebbe mai formarsi per ottenere un nuovo ruolo formale.
Ma studiare per imparare, crescere, conoscersi, migliorare i process, darsi nuovi obiettivi, che si ottengono sempre combinando studio e lavoro.
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Mi prendo un paio di settimane di relax, ci risentiamo la prima domenica del 2024 così vi racconto cosa mi aspetto e quale sarà la mia direzione in questo nuovo anno.
Buon relax e buone feste
Alessia
Sempre molto bello leggerti, Alessia! Buone feste