Ciao amici e amiche e rieccoci qui! Questa settimana sono passata in Veneto e mi sono ripresa una buona dose di raffreddore per cui la newsletter arriva in bilico tra uno starnuto e un altro. Ma non volevo saltarla anche perché tutti i feedback che avete condiviso sull’analisi della settimana scorsa su WeWork sono stati davvero preziosi e quindi grazie a tutti i commenti pubblici e privati che sono arrivati e anche a chi ha scritto un pezzo ancora più interessante su quel tema.
Questa settimana partiamo da una storia personale per capire perché l’espansione verso nuovi mercati è sempre più necessaria, anche se sei una startup.
Espandersi in nuovi mercati
Le startup italiane, si dice all’estero, spesso soffrono di nanismo.
Sono poche le startup italiane, per non dire pochissime, attive in più mercati e spesso non pensano sia una strategia da perseguire considerando il mercato italiano grande abbastanza per attività commerciali e di crescita.
Se guardiamo solo al fatturato potrei essere d’accordo, anche se sarebbero necessari un po’ di “dipende”. Se invece guardiamo ad altre metriche di crescite e alla velocità di espansione focalizzarsi solo sull’Italia potrebbe nascondere più debolezze che opportunità.
Tuttavia, per quanto l’Italia sembri grande in termini di mercato, spesso si scontra con differenza sostanziali tra aree geografiche e comportamenti digitali che rappresentano un grande svantaggio per tutti quei modelli di business che non sono standard e che non fanno della produzione industriale il loro vantaggio principale.
Londra vs Italia
Quando lavoravo a Londra in startup che validavano e lanciavano sul mercato UK nessuno pensava al resto dell’Inghilterra come potenziale opportunità.
Per Rentecarlo in particolare, in cui sviluppavamo un servizio di mobility as a service sull’onda di Airbnb ma per le auto (l’Airbnb per le auto) ma anche in molti altri casi era questa la situazione, anche per quella startup che voleva ottimizzare il segnale WiFi all’interno delle case e degli uffici attraverso un dispositivo IoT.
Dopo aver lanciato e iterato, acquisito e convertito una massa critica di alcune centinaia di migliaia di utenti, nessun founder sosteneva di voler entrare a Manchester, Bristol o nelle Midlands. Le necessità, i comportamenti e gli approcci sono completamente diversi rispetto a chi è a Londra o nei dintorni. Motivo che spinge la maggioranza dei team di startup a considerare subito di espandersi nel resto dell’Europa piuttosto che nel resto di UK.
Se sei una startup il tuo obiettivo è trovare audience di potenziali clienti molto simili tra di loro in modo da scalare velocemente applicando strategie che hai testato sono vincenti.
L’Italia così come il Regno Unito è un mercato grande in cui le competenze digitali, i comportamenti, le necessità non hanno una distribuzione uniforme.
In UK stima che 10M di persone non possiedano le minime competenze digitali richieste per vivere nel 2023 e che siano più di 6M quelli che rimarranno esclusi se nulla si fa per aiutarle a colmare questo gap.
In Italia il 10% delle famiglie non ha alcun accesso a Internet, mentre il 30% si collega solamente tramite smartphone. 9 milioni di nuclei familiari (il 40% del totale) hanno una totale o parziale esclusione dal mondo digitale. 14 milioni sono gli utenti che non accedono alla rete o che lo fanno in maniera discontinua e con una connessione di bassa qualità. Tutto ciò rappresenta un grave svantaggio per professionisti, anziani che non sanno usare Internet o studenti che faticano a seguire le lezioni a distanza.
Tutto ciò non rappresenta solo un problema per la popolazione o per il futuro ma anche per tutte quelle startup che fanno del digitale la loro arma vincente per innovare e cambiare interi settori economici.
Come internazionalizzarsi in un mondo frammentato?
Se sei una startup non hai grandi risorse quindi diventa fondamentale adottare una strategia di espansione efficace. L’errore che fanno sempre tutti è quello di copiare il modello che funziona già in un Paese duplicando il prodotto in termini di funzionalità e aspetto, dando per scontato che se funziona per qualcuno, funzionerà per tutti, no?
Purtroppo questo è il più grande errore che fanno le startup di qualsiasi dimensione.
Quando sono entrata in Taxfix più di due anni fa c’era la convinzione che l’app che funzionava per i contribuenti tedeschi, efficace, veloce, semplice da utilizzare e focalizzata sul rimborso $$ potesse funzionare allo stesso modo per il mercato italiano. Il primo tentativo è stato ovviamente un copycat dell’app tedesca tradotta in italiano: avrei scommesso tutto quello che potevo scommettere che non avrebbe funzionato.
Chi voleva pagare le tasse in Italia aveva infatti un approccio molto diverso: diffidente, emotivo, poco consapevole di avere un problema perché è il sistema con tutte le eccezioni e i cambiamenti che rende le tasse difficili. Il contesto italiano inoltre è più complesso perché prevede l’invio di documenti e prove di pagamento.
Lanciare il prodotto per venderlo a tutti non aveva senso.
Ma questo se seguite Startup Stories lo sapete benissimo. L’abbiamo scritto più volte.
Che fare quindi?
Il framework Jobs-to-be-done
Per essere vincenti nell’espansione verso un nuovo mercato diventa fondamentale cambiare approccio. Rispetto a quando 20-30 anni si pensava a come “ti vendo il mio prodotto” oggi diventa fondamentale riflettere sui bisogni dei potenziali clienti.
Ne ho parlato per la prima volta in Italia nel 2020 nel corso di una formazione con una piccola agenzia di marketing strategico che voleva capire come supportare una loro azienda cliente nel lancio sul mercato di un prodotto innovativo che non esisteva. Credo sia l’applicazione più interessante, tuttavia può essere applicato anche a prodotti esistenti su nuovi mercati.
Christensen il papà di questo framework nato dall’analisi dei milkshake di McDonalds dice che “Le persone acquistano prodotti e servizi per portare a termine un lavoro.” Nel suo libro più recente afferma: “I clienti non acquistano prodotti; li portano nella loro vita per aiutarli a fare progressi.”
Il framework dei Jobs-to-be-done permette di:
categorizzare, definire, catturare e organizzare tutte le esigenze del cliente, al di là di quello che è il suo Paese geografico di appartenenza.
collegare le metriche di performance definite dal cliente (sotto forma di dichiarazioni sui risultati desiderati) al lavoro da svolgere.
Le esigenze dei clienti sono multistrato e complesse. Ci sono esigenze legate all’acquisto, all’utilizzo e al possesso di un prodotto. Ci sono bisogni emotivi e funzionali, indipendenti l’uno dall’altro. Ogni esigenza deve essere dichiarata separatamente e classificata correttamente. Perché?
Partiamo dal job.
Il job che l'utente finale sta cercando di portare a termine è il lavoro funzionale principale. La profonda comprensione del lavoro funzionale principale consente di creare offerte di prodotti o servizi in modo significativamente migliore rispetto alle soluzioni concorrenti perché permette di focalizzarsi sulla funzionalità specifica.
Per esempio: tagliare un pezzo di legno in linea retta, trasmettere lezioni di vita ai bambini, o monitorare i segni vitali di un paziente. Una volta che abbiamo individuato il job pratico la stessa riflessione può allargarsi alla modalità emotiva con cui quel job è portato avanti. Tornando al “trasmettere lezioni di vita ai bambini” si potrebbe focalizzarsi sul tipo di emozioni che si vogliono associare nel contesto dell'esecuzione del lavoro principale.
Alcune considerazioni fondamentali quando si analizza il job:
Il job è stabile, non cambia nel tempo.
Non dipende dalla tecnologia che cambia. Prendiamo l'industria musicale, ad esempio. Nel corso degli anni le persone hanno utilizzato molti prodotti per aiutarli ad ascoltare la musica, dai giradischi, alle cassette ai lettori di compact disc, agli MP3 e i servizi di streaming.
Nonostante questa evoluzione, il lavoro da svolgere è rimasto lo stesso
Il job è un punto focale stabile attorno al quale creare valore per il consumatore.
2. Il job non ha confini geografici.
Chi vive negli Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Corea del Sud, condivide gli stessi job e sta cercando di portarli a termine. Le soluzioni che utilizzano possono variare notevolmente da geografia a geografia, ma i job sono gli stessi. L’insieme collettivo di risultati desiderati sono gli stessi.
Ecco che, in una strategia di internazionalizzazione, focalizzarsi sul prodotto non è vantaggioso quanto invece conoscere il job in un’area geografica poiché quest’ultimo può essere sfruttato anche a livello globale.
Terzo, un lavoro è indipendente dalla soluzione.
Non importa se la tua azienda fornisce prodotti, software o servizi. Il job non ha confini di soluzione. Questo significa che una profonda comprensione del job permetterà la creazione di una soluzione che combina hardware, software e altri servizi. Il focus non è vendere il proprio prodotto ma allinearlo al job che vorrebbe compiere il cliente attraverso quel prodotto.
Passiamo all’outcome
Se definire correttamente il lavoro funzionale è importante, scoprire i desideri del cliente in termini di risultati (outcome) è la vera chiave del successo di questo framework perché si tratta dei parametri utilizzati per misurare il successo quando il cliente porta a termine il job.
Le dichiarazioni sui risultati desiderati spiegano esattamente come i clienti misurano il successo e il valore durante ogni fase del job. Descrivono come è possibile portare a termine il lavoro in modo più rapido, prevedibile, efficiente e senza sprechi. È comune utile individuare moltissimi risultati desiderati relativamente a un job.
Ad esempio, chi acquista un nuovo hardware per ascoltare la musica potrebbe non voler semplicemente una buona qualità di ascolto, ma potrebbe voler ridurre al minimo il tempo necessario per avere i brani nell'ordine desiderato per l'ascolto o ridurre al minimo la probabilità che la musica suoni distorta ad alto volume.
Ci sono delle regole rigorose da considerare durante l’applicazione del framework dal punto di vista dell’analisi degli outcome: ad esempio, sono intenzionalmente progettati e strutturati per essere misurabili, controllabili, attuabili, privi di soluzioni e stabili nel tempo. Potrebbe inoltre essere necessario assegnare una priorità in base all'importanza e soddisfazione utilizzando ricerche di mercato o metodi statistici.
Fatemi sapere che ne pensate di questo framework. Se volete saperne di più, lasciatemi un commento. Così la settimana prossima approfondiamo e vi racconto come l’ho applicato al go-to-market su Italia e altri mercati in Taxfix!
È il momento di dire addio a 👋
👉 Le startup di mobility condivisa, come i monopattini e gli scooter possono garantire enormi benefici per gli utenti che li usano nelle città poichè pagano solo il consumo. Il problema è spesso nel business, poiché le startup che operano in questi settori spesso a) faticano ad avere metriche sane e a fare profitti b) faticano a scalare i mercati, al di fuori delle capitali. Vi ricordate? Ne avevamo parlato qualche mese fa con un’analisi su Lime.
È arrivato il momento in cui dobbiamo dire addio a CityScoot: l’azienda di monopattini self-service, fondata a Parigi nel 2014, è in grande difficoltà e negli ultimi 6 anni non è riuscita a essere profittevole.
Aveva vinto la gara d'appalto della Città di Parigi lo scorso luglio per operare nella capitale per i prossimi cinque anni insieme ad altre due (Yego e Cooltra) e con una flotta di 2.500 veicoli era presente nella capitale e in 17 comuni della periferia interna. Immagino chi è a Milano o a Torino li abbia utilizzati diverse volte.
La necessità aziendale è di ottenere nuovi fondi per finanziare una nuova flotta che intende dispiegare nel 2024. I modelli più nuovi, con un’autonomia quattro volte maggiore, potrebbero consentire di ridurre drasticamente i costi operativi (-70%) per i circa 250.000 utenti attivi.
✍️ Tutte le startup che assumono in Italia questa settimana
📎 Qomodo la fintech early-stage uscita dallo stealth mode la settimana scorsa con un pre-seed record da €34.5M (€30M debit + €4.5 Equity) cerca Product Manager a Milano
📎 Beyond The Box, startup early-stage italiana in ed tech cerca Commerciale Italia
📎 Aryel startup early.stage italiana in AR/VR cerca Jr. Marketing Project Coordinator a Milano
📎 Mamacrowd piattaforma di equity crowdfunding cerca Middle Product Manager in remoto
📎 Translated, startup italiana in AI-enabled translation cerca Senior Product Marketing Manager
📎 Canva scale up internazionale cerca Growth Marketing Manager - Italy a Milano
📎 Unobravo assume Senior SEM Manager in remoto
📎 Holafly startup traveltech cerca Inbound Marketing & SEO Content Lead in remoto
📚 Se vi va di approfondire i job-to-be-done c’è questo video YouTube interessante con la teoria formulata dal suo ideatore, Clary Christensen, un suo articolo su Harvard Business School e un bel libro per le vostre vacanze natalizie: Competing Against Luck che spiega proprio come leggere gli insight che spesso ci danno i nostri stessi clienti.
Anche per questa settimana è tutto, ci sentiamo domenica prossima!
Alessia
Molto utile, sei arrivata con il framework giusto nel momento in cui ne ho più bisogno :)
Grazie della condivisione Alessia. Sarebbe interessante il case study che menzionavi 🙏🏻
Ho trovato molto utile aggiungere anche dei Jobs sociali nell’equazione 😁
Ps. Domanda: parliamo di Outcome-Driven Innovation giusto? 🙄