Il marketing non fa solo vendere
Se sei una startup è altrettanto importante fare marketing per raccogliere informazioni.
Ciao e che bello rivedervi!
Sono arrivata a San Francisco, mi aspetta una settimana qui, tra lavoro e incontri di piacere e sono molto felice.
Finché volavo sopra la Manica pensavo, tra le altre cose, che la newsletter della settimana scorsa fosse stata un po’ meh. Per la prima volta da quasi un anno, ho ricevuto pochi cuoricini e zero commenti, a parità di aperture. Anche se qualche commento positivo via email è comunque arrivato.
Chiedersi 5 volte perché
Se io fossi una startup e questa newsletter fosse legata alla vendita di un prodotto, andrei a correlare questo basso engagement con l’impatto sulle vendite per capire l’entità dell’errore. E poi mi domanderei perché?
Non una volta ma ben 5 volte secondo il metodo che si chiama “i 5 perché“ (5 Whys) che nasce da Toyota e cerca di analizzare qual è la causa principale, la radice del problema attraverso relazioni di causa effetto.
"La base dell'approccio scientifico di Toyota è chiedersi perché, cinque volte, ogni volta che troviamo un problema. Ripetendo questa domanda per cinque volte, la natura del problema e la sua soluzione diventano chiare"
(Taichi Ohno)
Esempio: L'auto non parte, (il problema)
Perché - La batteria è scarica (primo perché)
Perché - L'alternatore non sta funzionando (secondo perché)
Perché - La cinghia dell'alternatore si è rotta (terzo perché)
Perché - La cinghia dell'alternatore non è mai stata sostituita, sebbene l'auto avesse percorso molti chilometri (quarto perché)
Perché - Non è stata effettuata la manutenzione programmata (quinto perché, la radice del problema).
Ora applichiamo “il metodo dei 5 perché” alla mia newsletter: perché ho registrato un basso engagement?
Perché? > Argomento un po’ difficile e con tante parole in inglese
Perché? > Era una delle prime volte che parlavo di prodotto, che ho sempre studiato e applicato in inglese, per cui il mio vocabolario in italiano non è molto sviluppato, oltre ad essere temi che nascono e si sviluppano in lingua inglese
Perché? > Le startup europee sono più product-driven rispetto a quelle in Italia, dove fare il o la product manager è una cosa nuova, arrivata solo qualche anno fa.
Perché? > Le startup italiane focalizzano la crescita (di fatturato) sul lavoro dei commerciali, andando più lente e con processi più costosi invece di essere anche product-driven e marketing-driven (e non solo sales-driven)
Perché > Le aziende in Italia hanno sempre fatto così, hanno sempre assunto commerciali per vendere i loro prodotti. Le startup potrebbero cambiare, per cui studiare e sperimentare approcci product-driven e marketing-driven potrebbe essere utile nel B2C. Nel B2B, le corporate sono pronte a cambiare approccio e a non prediligere i commerciali?
Ci ho azzeccato? Aspetto i vostri feedback!
E ora partiamo con i temi caldi di questa settimana!
Il marketing serve solo a vendere?
La settimana scorsa ho voluto parlare di marketing e di prodotto.
Quando si lavora in una startup early-stage le due cose non possono essere separate. Chi fa product dovrebbe capire e parlare con chi fa marketing in un processo di scambio basato su dialogo, contaminazione e collaborazione.
I silos sono convenzioni organizzative che funzionano benissimo in un’azienda che deve produrre e poi vendere il prodotto. In un’azienda tradizionale con un prodotto conosciuto (e spesso non digitale) fare il prodotto e poi venderlo ha molto senso. Ma ciò non funziona in una startup che non ha la più pallida se quel prodotto su cui sta lavorando risponde a un bisogno generale ed è quello che cerca il mercato.
Pensare che il team di prodotto faccia prodotto e che poi il team di marketing lo venda è un grosso errore in una startup early-stage.
I prodotti nuovi prima di essere venduti devono essere validati e testati.
Vendere prima di validare è un altro grosso errore di una startup early-stage
Ci sono due tipi di marketing in una startup che servono proprio a questo scopo.
Anzi tre a dire la verità, solo che il terzo l’ho usato solo in Italia e magari ne parliamo più avanti quando vi racconterò le differenze tra i lanci in diversi Paesi europei.
Il marketing di tipo 1: obiettivo imparare
Il marketing di tipo 1 è quello che si fa all’inizio inizio e che serve per validare. Validando si impara a capire se l’idea ha un mercato. Si tratta del marketing che serve a testare, sperimentare, raccogliere dati sulla propria idea prima ancora di iniziare a lavorare al prodotto. Sono quei dati che dimostrano che c’è un need e che quella soluzione potrebbe avere un mercato grande e in crescita.
Lo scopo del marketing di tipo 1 NON è dimostrare che il costo di acquisizione è basso o che il fatturato è in crescita. Nessuno di questi è un obiettivo in questa fase o una metrica da considerare.
Il marketing di tipo 1 serve a dimostrare che quel need che vogliamo risolvere è molto forte e quella soluzione ha un mercato di persone che la vuole, prima di costruire il prodotto (o meglio, in contemporanea).
Le domande da porsi riguardano principalmente bisogni e soluzioni proposte. Qual è il bisogno principale? Quanto è sentito? Da chi? Perché? Che soluzioni stanno usando?
Come si fa? Se l’idea è B2C 👇
Testando diversi social media per capire qual è quello dove c’è la nostra audience partendo da delle ipotesi.
Creando molteplici messaggi, trigger e angoli comunicativi tramite copy e immagini. Un bell’esempio è quello spiegato da
quando ha lavorato al lancio di Fitprime nella sua newsletter.Si può anche lavorare senza budget con content e SEO ma potrebbe essere necessario un po’ più di tempo. Io per essere sempre sicura di capire l’ampiezza del mercato cerco sempre di capire anche quante sono le ricerche su Google per keyword correlate e se posso metto un po’ di budget anche su GAds. Gli ads sui social permettono di raccogliere dati in modo più veloce e di ottenere informazioni aggiuntive tramite commenti, messaggi ecc. ma Google ci permette di capire quanto è grande il problema e l’intento per risolverlo.
Individuando chi è il segmento che meglio reagisce a quei messaggi e quegli ads, targetizzando le audience se abbiamo abbastanza budget o usando creatività e copywriting per targetizzare il nostro Ideal Customer Segment o buyer persona. Esempio: se stai parlando agli studenti puoi inserire “Sei uno studente” all’inizio del copy.
Facendo andare gli ads per un tempo abbastanza ampio, per raccogliere dati interessanti ed evidenze significative.
Analizzando i dati per capire cosa funziona e cosa no e per chi. E continuando a iterare nel caso in cui gli insights non siano abbastanza significativi.
Una volta ottenuti gli insights serviranno per capire se si sta lavorando nella direzione giusta per product.
Se l’idea è B2B 👇
Il B2B funziona con le relazioni umane quindi gli ads sui social in genere funzionano poco all’inizio, soprattutto se il brand è sconosciuto.
Consiglio di fare dei questionari e di spingerli tramite communities specifiche, eventi, personal branding, network personale ossia ex-colleghi, o gruppi personali anche offline per raccogliere feedback. Non vendete in questa fase! Di Mastrota ce n’è solo uno. Non fatelo in questa fase. Volete raccogliere informazioni non clienti.
Anche LinkedIn potrebbe funzionare con messaggi molto personalizzati che si focalizzano sul problema e magari invece del sondaggio si potrebbe proporre una call per condividere più dettagli.
Se il problema è forte e sentito, la SEO e Google Ads con landing page ad hoc potrebbe essere un ottimo canale.
Il marketing di tipo 2: obiettivo validazione delle metriche
Il marketing di tipo 2 serve a iniziare a ottenere conferme su prodotto e modello di business. Se prima ci siamo focalizzati sull’analisi delle metriche di engagement, conversione, per testare need e soluzioni, in questa fase buttiamo un occhio anche sui costi di acquisizione e sul fatturato per capire non solo se la soluzione è voluta ma per ricevere conferme che il segmento che abbiamo individuato vuole aprire il portafoglio. La nostra value proposition funziona se allineata al nostro modello di business?!
Le domande da porsi sono più economiche e servono proprio a capire questo: quanto costa acquisire un potenziale customer? Qual è la conversione sul prodotto? Qual è il CPA (costo per acquisire un utente) per i diversi canali? C’è stagionalità nella domanda e nell’utilizzo del prodotto? Qual è il prezzo ideale e com’è ancorato nella mente degli utenti? Quali sono le abitudini associate all’utilizzo di quella soluzione che possono essere una frizione per l’utilizzo di quella soluzione? Quanti utenti tornando a comprare e dopo quanto tempo?
Il nostro obiettivo non è più quello di validare idea e bisogno.
Vogliamo ottenere dati che confermano che il modello di business sta potenzialmente in piedi e informazioni che ci fanno capire come posizionare e spingere la soluzione.
Si fa nel momento in cui abbiamo capito chi sono i nostri early adopter.
(A breve un approfondimento sugli early adopters intanto ricordatevi questa parola)
Come si fa?
Seguendo le stesse indicazioni di prima ma raccogliendo dati diversi.
Abbiamo bisogno di controllare il CPA (costo per acquisire un utente), il CAC (costo per acquisire un utente pagante), la % di conversione da views a utenti registrati e la % di conversione da utenti registrati a utenti paganti e la retention quando possibile, ossia dopo quanto e quanti utenti tornano a riutilizzare il nostro prodotto.
Sono le metriche più importanti per chi è tra seed e Series A.
E l’obiettivo è proprio dimostrare che ci potete costruire un business sostenibile.
È il momento di dire addio a 👋
👉 Addio alle app (e forse le startup) che stanno lavorando nel fitness, nella nutrizione e nell’analisi del sonno. Forse qualcuno si salverà tuttavia non vorrei essere troppo ottimista perchè ci sta lavorando anche Apple.
Il nome del progetto è Quartz e sembra sia una funzionalità che arriverà l’anno prossimo. Utilizzando i dati che l’iPhone già raccoglie combinati con l’AI sarà possibile ricevere indicazioni personalizzate su come migliorare le proprie condizioni psico-fisiche. Pazzesco! Sono curiosissima di provarlo.
Se stai lavorando a una startup che vuole lanciare un’app proprio per risolvere questo problema, potrebbe essere una minaccia non indifferente (ps: si parlo proprio con te e della nostra call della settimana scorsa)
E non è l’unica novità su cui sta lavorando Apple!
✍️ Tutte le startup che assumono in Italia questa settimana
📎 WordLift seed startup italiana in martech cerca Senior Manager Business Development a Roma
📎 Faba startup italiana in edtech cerca Product Manager a Treviso
📎 Flexport scale up americana nella digitalizzazione della supply chain cerca Ocean Manager Southern Europe con esperienza in logistica a Milano
📎 A2A cerca Innovation Ecosystem Expert a Milano con background STEM
📎 HelloFresh scale up tedesca nel food tech assume Head of Marketing a Milano
📎 Boolean Careers scale up italiana in edtech assume Digital Project Manager e Head of B2B a Milano
📎 Savings United GmbH scale up tedesca nel business dei coupon cerca Product Manager in remoto
📎 PassioneBeauty scale up nel beauty assume Head of Customer Relationship Management a Vicenza
📎 Freeda Media cerca Brand Solutions Manager a Milano
Grazie per aver letto fino a qui!
Ci sentiamo la settimana prossima, proverò a raccontarvi tutte le cose interessanti che spero di vedere a San Francisco!
Alessia
Questo è il tuo testo “Le domande da porsi riguardano principalmente bisogni e soluzioni proposte. Qual è il bisogno principale? Quanto è sentito? Da chi? Perché? Che soluzioni stanno usando?”
Corretto si ma poco innovativo. Forse bisogna creare nuove curve di valore ( Strategia oceano blu) per andare su bisogni anche secondari o ancor meglio latenti e li costruire proposte di valore.. saluti