Il prodotto di una startup si testa sempre
Spoiler: non basta fare A/B testing. Ed errori che nascondono opportunità.
Buona domenica e quasi buon primo maggio. Siete in quale bella parte del mondo?
Ciao da Londra 🥹
Io avevo questa faccia qui quando, scesa dall’aereo, ho rimesso piede nella mia seconda casa, in questo maggio autunnale. Ogni volta che torno provo sempre un mix di emozioni. E non solo per il freddo o perché stavolta ritroverò alcuni amici. Perché qui ho imparato tutto di me.
🔗 C’è come un filo che mi tiene legata e mi fa pensare a tutto quello che di stupefacente ho visto e fatto qui. Ogni volta che lo racconto ne rimango sempre più stupita. È strano stupirti di te, no? Eppure ogni volta che racconto questa vita uso parole diverse che a loro volta mi fanno uscire ricordi particolari, e mi fanno capire quanto mi è servito stare qui 7 anni. Faccio ancora fatica a rendermene conto.
Venire a Londra a fine del 2012 negoziando un lavoro in remoto senza che l’azienda con cui avevo il contratto a progetto in Italia sapesse il significato. Mandare CV a caso tra Berlino e Londra perché sarei andata nel Paese che per primo mi avrebbe assunto per lavorare in un business digitale. Entrare in una startup come Digital Marketing Manager senza avere la più pallida di cosa significasse, ero solo sicura di saper usare Wordpress e che avrei imparato tutto il resto in fretta. Uno stipendio con cui pagavo le spese e un ecosistema che in 4 anni sarebbe cresciuto 10 volte, in cui avrei imparato moltissimo e conosciuto centinaia di persone. Ho scommesso su di me e ho imparato che non vale mai la pena smettere.
↪️ Se pensate di voler fare un’esperienza all’estero, fatela. Buttatevi. Provateci. Al di là della vostra età, delle vostre paure, dei vostri timori. Vi servirà. Un invito anche per chi pensa che ormai sia troppo tardi cambiare la propria vita ma vorrebbe tanto farlo: fatelo! Anche se dopo 2 minuti pensate sia una pazzia. È il miglior regalo che potrete fare al vostro futuro.
Una richiesta. Tenete un le dita incrociate per me settimana prossima perché spero tantissimo succeda una cosa. Poi se succede ve la racconto :)
La ricerca di mercato da fare in una startup
Nei consigli di qualche settimana fa, abbiamo parlato tanto di mercato perché è il mercato che deve capire il prodotto che state lanciando. Ed è lì che abbiamo parlato di get out of the building: trovare e confrontarsi con potenziali clienti per capire cosa pensano del tuo prodotto. Anche se non è pronto e non è perfetto. Ma come trovarli? Chi sono? Perché dovrebbero usare il prodotto che state lanciando?
Il prodotto risolve un need?
Se il prodotto che state lavorando risolve un vero problema, credo vi staranno già trovando loro tramite il vostro sito. Intendo i vostri clienti. Perché risolvete un problema nel modo in cui nessun altro lo faceva prima di voi, a un prezzo magari più basso o in un modo più efficace ed efficiente. Immaginiamo: state creando l’aspirina perfetta per chi si sveglia tutti i giorni con il mal di testa. È un bel problema e sono sicura che chi ce l’ha, sta già provando diverse soluzioni. Un nuovo cuscino. Yoga o stretching prima di andare a dormire. Niente davvero funziona. E poi arrivate voi con l’aspirina magica, che risolve tutti i problemi. Vi trovano, funziona! Solo che il gusto in bocca è un po’ amaro, non è il massimo. Si appiccica al palato e a volte rimane incastrata nelle tonsille. L’esperienza a volte è fastidiosa. Non la vogliono usare proprio tutti. E non ne parlano proprio benissimo se qualcuno domanda loro com’è.
Cosa fare:
Capire che il prodotto non è perfetto come pensavate: se siete una startup e avete letto i miei consigli sapete che dovete mettere mano al prodotto. Funziona ma non va ancora bene. Risolve il problema ma l’esperienza non è top. Ascoltateli.
Tirare su il telefono e chiedere loro che cosa non funziona. Fate delle interviste con domande aperte, quelle che iniziano con perché, cosa, come per capire cos’è quello che non va. Quali sono i problemi? Prioritizzateli.
Non dovete vendere l’aspirina ma capire come modificarla: ascoltate e capite. Modificate, rifate provare il prodotto, funziona meglio adesso?
Questa è la prima ricerca di mercato da fare e a volte si può fare davvero all’inizio, quando non c’è ancora un vero prodotto. Si può chiedere un feedback su una prova, un prototipo: se il prodotto è digitale è molto più facile creare un’esperienza e farla provare a chi è il potenziale cliente. Quel feedback è ancora più importante!
Fondamentale: è un lavoro che poche agenzie sono in grado di fare. Ci sono troppe informazioni riservate e preziose da delegare. Se lo fate voi, è più lento, più faticoso, ma poi andrete ai 100 all’ora.
La seconda cosa più importante è capire che quel pain non ce l’ha tutto il mondo. I vostri clienti non saranno tutti quelli che possono usare quel prodotto, ma tutti quelli che hanno quel pain: dovrete trovare la vostra nicchia.
Torniamo all’esempio dell’aspirina: chi è la fascia di popolazione che ha quel pain in misura maggiore? Quanti anni hanno? Dove vivono? Che abitudini hanno?
La ricerca di mercato nelle startup parte dall’individuare questa piccola nicchia, ottenere i feedback per poi capire come migliorare il prodotto e come allargarla.
Il prodotto non risolve un need?
Non tutti i prodotti risolvono un vero need e non c’è niente di male se anche per voi è così. Solo che spesso è più complicato. In alcuni casi il need è indotto, per esempio dalla pubblicità o dal brand come nel caso di Coca-Cola. In altri è legato al contesto in cui ci si trova per esempio scegliere il campari o il select per l’aperitivo con i colleghi può dipendere da mille fattori e non penso nasconda grande razionalità. In altri ancora dipende dal tempo atmosferico, dal posto in cui ci troviamo o da condizioni personali, per esempio se siamo studenti o abbiamo figli.
In tutte queste situazioni la ricerca di mercato è molto più complessa perché si moltiplicano le variabili:
è più difficile capire chi è il vostro cliente perchè è frammentato
non c’è un pain chiaro, il prodotto diventa una scelta che potrebbe essere fatta per comodità, per un nice-to-have, e che potrebbe essere facilmente sostituito da un competitor
è più difficile ottenere feedback perché il vostro cliente vi darà pareri su come vorrebbe il prodotto e non sul pain, perché non c’è. Tuttavia basare un prodotto solo sulle opinioni dei clienti non è mai una buona idea.
La cosa bella è che tutti i problemi possono essere trasformati in opportunità.
Cosa fare:
Cercare di trovare un pain o un gain da associare al prodotto o un differenziante unico che possa arrivare dal prodotto (un bitter viola che continua a emettere bollicine per un aperitivo wow) o dal marketing (parleremo di posizionamento di prodotto nelle prossime puntate)
Creare una visione, il differenziante in questo caso si crea da quello che comunicate sia il percorso che farà il prodotto nei prossimi 5-10 anni, per cui i clienti vi seguono non perché hanno un pain ma per il valore che possono ottenere oggi in ottica futura (spesso lo fanno le banche o le fintech)
Creare una community, in questo caso il prodotto viene comprato se stimolato dalla vicinanza emotiva delle persone e dalle relazioni che si creano tramite il vostro prodotto. Potrebbe diventare complicato dimostrare la solidità del business community-driven se doveste perdere engagement o diminuire la crescita della community.
Trovare soldi, tanti. Se l’unico differenziante è creare un brand, ve ne serviranno valanghe da investire in pubblicità per convincere il mondo che il vostro prodotto è quello giusto rispetto a tutti gli altri. Forse non è una buona strategia nel 2023 ma in Italia funziona. In altri Paesi forse no.
La cosa più importante è trovare un gruppo ristretto di potenziali clienti da cui partire, con cui creare e testare la prima versione del prodotto.
I test possono essere sia qualitativi (raccolta di feedback tramite telefonate) sia quantitativi (con landing page, prototipi, siti internet) per cercare di misurare l’interesse dei potenziali clienti e avere un’idea della dimensione e dell’engagement del mercato verso il prodotto. Non bastano un paio di A/B testing!
Consiglio di focalizzarsi su entrambi: si parte da un’ ipotesi validata da dati. Più dati si raccolgono meglio è perché così si limitano i bias, focalizzandosi sugli insight.
Le ricerche di mercato nelle startup partono dal prodotto, che viene continuamente testato e messo in discussione per capire qual è la nicchia di mercato principale, la dimensione, l’engagement/domanda di mercato. Se trovate delle frizioni al prodotto su cui state lavorando tanto meglio: potreste iterare e trovare delle opportunità nascoste.
L’hanno fatto tutti: da Instagram che all’inizio era Burpn a Youtube. Il primo prodotto non funzionava. L’hanno iterato e hanno sbloccato opportunità uniche.
La story di chi l’ha lanciata (la startup)
A Parigi con SMAU ho conosciuto Relicta, una startup che ha creato il primo packaging sostenibile che si scioglie in acqua. Dato il mio super interesse nel climate tech non potevo non raccontarvi la loro storia, perché anche loro all’inizio pensavano di avere fatto un errore. Al microfono Andrea Farina, la CTO.
- Com'è nata Relicta e cos'avete fatto prima di costituirla?
L’idea di business nasce da Contamination Labs 2017: un programma organizzato dall’Università di Sassari, nato con lo scopo di far incontrare studenti di vari percorsi accademici per promuovere idee d’impresa. In questo contesto il team, che successivamente ha fondato la startup Relicta, si è focalizzato sul problema ossia sviluppare un modello di business circolare che valorizzasse il riutilizzo degli scarti ittici in ottica sostenibile, in linea con i trend riguardanti la salvaguardia dell’ambiente che il cambiamento climatico ha portato in primo piano. Il brevetto alla base di Relicta nasce dalla ricerca scientifica portata avanti da Davide Sanna durante il suo percorso di dottorato. Un aneddoto curioso riguardante i primi incontri del team, è che Davide disse al gruppo “ho sviluppato un materiale che ha un difetto, si scioglie in acqua”. Il resto del team vide questo problema come un’opportunità, una soluzione ad un grande problema, quello dell’inquinamento della plastica nei mari.
- Come le domande che fanno gli investitori: perché voi e perché adesso?
Oggi la sostenibilità sta diventando sempre più importante, i consumatori sono sempre più esigenti e informati sugli effetti dannosi e pericolosi della plastica.
La crescita dell'industria delle bioplastiche sembra essere la risposta più coerente a un'esigenza stringente da parte dei consumatori. Rappresentano circa l'1% della plastica totale prodotta annualmente. Gli ultimi dati di mercato elaborati da European Bioplastics affermano che la capacità produttiva globale di bioplastiche è destinata ad aumentare: da circa 2,23M di tonnellate del 2022 a 6,3M di tonnellate nel 2027, sia per l’azione dei governi che implementano politiche per promuovere filiere sostenibili, sia per la scelta delle aziende verso packaging sostenibili.
Il prodotto che offriamo è un imballaggio in bioplastica ricavato da scarti di pesce, solubile in acqua, compostabile, biodegradabile, trasparente e inodore. A differenza di altre bioplastiche, le materie prime utilizzate derivano da scarti di lavorazione e non da coltivazioni dedicate. Inoltre i consumatori possono smaltire il packaging a casa, riducendo così l’energia per lo smaltimento. Miglioriamo i comportamenti eco-compatibili e facilitiamo l'attivazione del paradigma dell'economia circolare.
- Dal giorno dopo la costituzione su cosa vi siete focalizzati?
Sullo sviluppo tecnologico e sulla ricerca di fondi che permettessero di trasferire quanto sviluppato in laboratorio in un processo automatizzato per la produzione di bioplastica direttamente dagli scarti di lavorazione del pesce. Abbiamo convalidato la tecnologia in laboratorio e ora vogliamo costruire un impianto semi-industriale di produzione di bobine di film in bioplastica da scarti di pesce (pelle e lische).
- Avete già chiuso i primi contatti con i clienti? Chi sono i vostri clienti?
Il nostro mercato di sbocco è quello dei prodotti ittici ad alto valore aggiunto, per un discorso di economia circolare, dove gli scarti della lavorazione del pesce trovano un utilizzo nel packaging dei prodotti finiti. Ma anche perché le aziende ittiche sono molto interessate all’utilizzo di Relicta nel packaging dei propri prodotti finiti.
I primi clienti di Relicta saranno verosimilmente i converter che producono il packaging dei prodotti ittici secondari a valore aggiunto (VAP), la bioplastica sarà utilizzata per la confezionatura di prodotti ittici freschi in atmosfera modificata (MAP), sottovuoto o congelati che verranno poi distribuiti dalla GDO.
- Cosa state facendo per approcciare il mercato e iniziare a scalarlo?
Il modello di business di Relicta è un modello B2B. Nel nostro primo approccio con queste aziende abbiamo richiesto loro degli scarti da poter testare in laboratorio per ottenere la bioplastica. Poi abbiamo ricevuto richieste per testare Relicta nei loro prodotti confezionati per la GDO. Per scalare il mercato ci concentreremo sulla produzione di film di bioplastica in forma di bobina a partire da scarti di pesce che venderemo ai converters, ossia i trasformatori che dal film di bioplastica producono packaging per i propri clienti operativi nei diversi settori, come l’industria alimentare, la cosmetica, l’elettronica ecc.
Una volta consolidato il meccanismo di produzione a livello industriale, la strategia di scalabilità del progetto si focalizzerá anche sul rilascio della licenza a terzi per la produzione della bioplastica Relicta.
- Qual è la vostra North Star Metric e com'è strutturato il team per la crescita?
Il primo indicatore di successo sarà sicuramente la vendita della prima bobina standardizzata. Per ora siamo 5 co-founder (Davide Sanna, Andrea Farina, Giovanni Conti, Mariangela Melino e Matteo Sanna) supportati da due fondi di venture capital (Scientifica VC S.p.a. e Vertis SGR S.p.a.). Nello stadio di sviluppo industriale cercheremo di assumere figure di tipo ingegneristico.
- Qualcos'altro che vuoi raccontarmi e non ti ho chiesto?
Aggiungo un dettaglio riguardante il motivo che ci ha spinto a continuare il nostro percorso. Tutti noi co-founder proveniamo dalla Sardegna e ci piace pensare che la nostra bioplastica idrosolubile possa contribuire a tenere i nostri mari puliti!
Il dato che fa riflettere
È pazzesco capire la velocità con cui si sta muovendo Meta, che non è più una scale up ma una corporate con più di 80.000 dipendenti. Io ci ho pensato perché avrei pagato oro se alcune startup avessero avuto questa velocità. Soprattutto dopo lo scivolone sul metaverso, in cui tutti la davano per spacciata. E invece si sta riprendendo alla grande, come si vede dai dati del primo trimestre 2023.
le vendite di ads si stanno riprendendo — revenue +3% YoY. Le impression per gli ad aumentano del 26% YoY e il prezzo degli ad diminuisce del 17% YoY. Non male contando che nell’ultimo anno era aumentato non di poco. Nell’ultimo trimestre del 2022 la situazione era ben più allarmante. Licenzieranno ancora.
Reality Labs (la unit del metaverso) continua a bruciare soldi — perde $3.99B nel primo trimestre, con le vendite dei visori che toccano -51% rispetto allo scorso anno.
L’algoritmo dei Reels algorithm migliora — l’aumento del tempo speso sui reel è +24%. Problema con i reels: fanno fare meno soldi delle stories.
Sarà interessante capire l’approccio di Meta alla Generative AI, anche se per il momento Zuckerberg non ha intenzione di parcheggiare il lavoro sul metaverso. Staremo a vedere.
✍️ Tutte le startup che assumono in Italia questa settimana
📎 Family Nation, startup a Firenze cerca Customer Success
📎 Plino startup pre-seed incubata da Vento a Torino cerca Tech co-founder (CTO)
📎 Nina Capital, fondo VC spagnolo in health tech cerca analyst intern per l’estate a Barcellona
📎 Gellify venture building italiano cerca Innovation Analyst a Milano
📎 Docsity startup italiana in edtech cerca Customer Success Specialist a Torino
📎 Unobravo cerca Analytics Manager in remoto
📎 TheFork cerca Head of Product a Milano
📎 Tesla cerca Team Assistant Southern Europe e Tesla Advisor a Milano
📎 Freeda Media assume Brand Solutions Manager a Milano
📎 Kampaay cerca Senior account executive a Milano
📎 Holifya startup health tech con pre-seed da €500k assume Marketing Associate a Milano
📎 GoStudent cerca Country Manager Italy e Sales Specialist a Milano
📎 FREENOW assume Engagement Manager a Milano
📎 Contents.com scale up martech AI cerca Comms & Events Manager a Milano
📎 TrueLayer scale up fintech cerca People Partner a Milano
Ci risentiamo la settimana prossima.
A meno che non decida di auto invitarmi alla festa in giardino di qualche amico inglese per l’incoronazione di Re Carlo III. Sono situazioni che succedono solo un paio di volte ogni cento anni, perché perderla? Ed è pazzesco vedere come qualsiasi brand in UK stia sfruttando l’occasione storica per farci marketing. Colleghi e colleghe in Italia abbiamo ancora tanto da imparare!
Alessia