Tornare in pista
C’è un Paese che più di un altro ti aiuta a raggiungere i tuoi obiettivi personali e professionali?
Sono passati quasi 5 mesi dall’ultimo numero della newsletter e non vi nego che mi sembra di tornare in pista dopo un pit stop bellissimo ma piuttosto lungo.
Molto è successo in questi mesi nella mia sfera quotidiana. Ma non solo: startup chiuse, altre aperte, alcune che crescono e raccolgono tanto, altre che si fermano, investimenti nell’ecosistema italiano in calo drastico (ne riparleremo).
In questa newsletter vorrei ragionare su: cosa significa tornare in pista?
Una domanda che mi ero posta già a fine marzo.
Mia figlia (il motivo di questa pausa, l’ho scritto qui) aveva poco più di un mese e iniziavo a domandarmi come sarei riuscita a fare tutto di nuovo.
Avrei cercato di fare quasi tutto quello che facevo prima, cercando di togliere solo quello che non era compatibile con gli orari chiave di Virginia e i momenti che non volevo perdermi con lei.
”Bello Alessia, ma come si fa?” mi domandavo, entrando nell’execution.
Erano troppo pochi i racconti delle mamme che incontravo che tornavano felici al lavoro. Ma in generale chi tornava on track dopo un periodo di fermo non lo raccontava, quasi come se ne vergognasse o volesse pensarci all’ultimo. Fare un periodo di ferie lunghe o un sabbatical per focalizzarsi su altro oltre al lavoro è normale all’estero. In Italia meno. Così come è normale, una volta tornati, fare quello che si faceva prima con un’accurata attività di planning. Sembra che in Italia ci sia remore nel raccontare che per un periodo non penseremo solo al lavoro. E quando lo si fa, non lo si racconta. Eppure sappiamo tutti che poi torneremo in pista: ma come?
Nel mio caso ho usato la tecnica che mi torna sempre familiare: ho aperto un excel e ho cominciato a ragionare con una mind map su ipotesi legate a diversi scenari. Così ho definito tre scenari, uno più ottimista e uno pessimista con il classico mediano. Devo dire che finora (🤞) è andata abbastanza bene.
Riflettendoci ho scoperto diverse cose sulla mia vita personale & professionale che credo possano essere interessanti.

Lo scenario ottimista e quello pessimista e le 4 variabili secondarie
Sono una persona ottimista che conosce abbastanza bene i propri punti di forza e di debolezza. Per cui pianificare lo scenario ottimista mi viene sempre semplice: metto tutte le mie fiches sulle mie competenze escludendo la possibilità che motivi esterni (o meglio, non dipendenti dalla mia volontà) non mi facciano raggiungere l’obiettivo che mi sono posta.
A Londra ho imparato che se ti impegni tantissimo, sei una brava team player, fai notare subito quando qualcosa non va e permetti al team di accorgersene e ricalibrarsi e ti spingi fuori dalla tua zona di comfort, chiedendo feedback e trovandoti in stanze piene di gente bravissima, in genere gli obiettivi li raggiungi velocemente.
Un lungo periodo da consulente mi ha aiutato a capire che questa mia attitudine / abitudine mentale non mi aiuta nella pianificazione dello scenario pessimista.
Cosa succede se a parità di mie competenze ed esperienze tutto quello che c’è intorno a me non mi permette di raggiungere l’obiettivo?
E su quali altre competenze posso puntare in quel caso?

Se devo raccontarvi una mia debolezza è la bassa propensione ad analizzare e prevedere scenari pessimistici. Scenari in cui, nonostante la mia volontà, motivazione e competenze, quell’obiettivo non lo raggiungo per motivi esterni da me: il team, il contesto lavorativo, l’azienda in cui mi trovo, il mio network, il contesto del Paese in cui vivo, la situazione contingente (per esempio guerre, inflazione ecc..).
Per esempio questo l’ho vissuto durante la pandemia: la situazione contingente mi aveva fatto cambiare obiettivo varie volte, in un Paese molto diverso rispetto a Londra. Inoltre, la mia scarsa capacità di operare in contesti pessimistici mi ha creato spesso confusione e mancanza di lucidità nella ridefinizione dell’obiettivo.
Ed è qui che ho imparato a sviluppare nuove competenze: dato che non sono brava ad affrontare il contesto pessimista tutto insieme, ne analizzo le singole variabili, partendo dalle macro e spacchettandole in micro situazioni più facili da analizzare.
Persone & team: com’è? Com’è il capo? Qual è la cultura aziendale?
Azienda: Settore in cui opera l’azienda? È in un trend in crescita? Quali sono le minacce e le debolezze a livello operativo? Qual è il modello di business? In che fase di crescita è? Com’è la cultura aziendale (al di là della percezione di brand)?
Il mio network: chi sono le persone che mi ispirano? A chi posso chiedere consiglio? A chi posso fare domande sulla loro vita professionale passata per trovare ispirazione?
Paese: punti di forza e debolezza
Questo è diventato il mio framework a 4 variabili, quello che mi aiuta a pianificare singole azioni all’interno di qualsiasi scenario, anche quello ottimista perchè mi permette di definire meglio l’obiettivo da raggiungere e capire perchè quano non succede.
In questi scenari ho spesso scoperto che la variabile “Paese” pesa moltissimo nell’equazione. Ma l’ho capito solo spostandomi e tornando e lavorando a stretto contatto con culture diversa dalla mia e dal mio network.
Obiettivi di vita e Paesi in cui raggiungerli
Spesso mi sono domandata come sarebbe stata la mia vita se fossi rimasta in UK.
Quando sono arrivata era un Paese pieno di punti di forza: stava nascendo la tech industry, c’erano un sacco di entusiasmo e di positività, le informazioni e i network erano accessibili. Quando me ne sono andata era praticamente tutto il contrario.
A Londra mi ero sempre trovata bene in team internazionali di startup o scale-up.
La prima volta che ho lavorato in un team dove gli inglesi erano il 90% sono andata quasi in burnout perché alcune persone del team facevano fatica a capirmi ed accettare le mie differenze culturali. Ecco che da quel momento ho imparato a capire che il team e il Paese erano due variabili non collegate. Motivi per cui non concordo con chi dice “A Londra è tutto bello, è tutto rose e fiori”. Dipende dalle altre 3 variabili.
Rientrando in Italia ho tuttavia imparato che la variabile Paese ha un peso maggiore rispetto alle altre. Se sei in un Paese dove fare business e lanciare nuove aziende è più difficile per la burocrazia ci metterai il doppio del tempo (come succede in Germania) e avrai meno predisposizione a rischiare. Se invece sei in un Paese come l’Italia dove l’attitudine verso l’innovazione è più bassa, la penalizzazione sarà verso una crescita più lenta. Anzi, direi che se riesci a fare 2x dopo due anni stai portando a casa grandi risultati.
La cosa divertente è che ho ragionato su questa variabile solo poco tempo fa, durante i primi mesi di gravidanza. Ho ragionato infatti sul fatto che l’Italia era probabilmente il Paese perfetto per me dove diventare madre.
Londra era stato il posto perfetto dove impegnarmi durante i miei primi anni di carriera, lavorando tantissimo per portare a casa l’esperienza in corp, in startup, come founder, come angel, creandomi il network e il mindset che ancora mi appartiene.
Berlino era stato il luogo perfetto dove ho capito che le certezze che avevo da Londra forse non erano assolute e c’erano un sacco di dipende.
Ma perchè in nessuno di questi Paesi mi era venuto in mente di raggiungere questo obiettivo personale?
Londra è la città perfetta?
Per me il periodo londinese è stato il momento in cui la mia vita professionale cambiava continuamente e velocemente e dove imparavo il più possibile.
in 7 anni ho cambiato 9 cose esplorando la città spostandomi da centro-nord a est, da sud-est a sud-ovest
ho lavorato in una corporate giapponese
sono stata founder di 2 startup che non sono andate oltre il seed
sono entrata nel founding team di una startup che in 9 mesi ha fatto beta > exit con 3x di crescita sulle metriche
sono stata consulente di circa 15 startup early-stage mettendo le basi della mia attività da angel, dato che per alcune di queste negoziavo delle share option
ho scritto due libri, partecipato a centinaia di conferenze come speaker, insegnato in università e Business School, lavorato in incubatori e acceleratori.
Londra è stato il posto perfetto dove sviluppare le mie skills in esperienze uniche. Professionalmente volevo mettermi in gioco ed ero continuamente stimolata dal poter accedere e condividere idee e progetti con talenti pazzeschi che mi trasmettevano energia ed entusiasmo. A tutto potevo accedere senza barriere, tramite eventi, mentoring, network. Non dovevo partecipare a cene costose o essere inclusa in club esclusivi.
Oltre a questi avevo anche degli obiettivi personali, tra cui conoscere il mondo.
E a Londra mi bastava mettere un piede fuor dalla porta di casa.
Gli obiettivi personali non includevano quello di diventare madre, anzi, non mi passava proprio per l’anticamera del cervello. Lì la vita è complicata, costosa e iper frenetica.
Sei spesso da sola e il supporto emotivo è tendente allo zero.
A Londra ho lavorato tantissimo e passato il mio tempo libero a fare tutto quello che a livello personale serviva a farmi respirare.
Milano è la città perfetta?
Tornare in Italia è stato difficile, come qualsiasi altro trasloco internazionale.
Anzi, se mi seguite da un po’ forse sapete che la mia esperienza da rientrata è stata un po’ più difficile di quella in uscita. Se all’estero vai con la consapevolezza che è tutto diverso, quando rientri hai un po’ la sfrontatezza di pensare di conoscere già l’ambiente in cui sarai, senza mettere in conto che ci sono molte cose che invece dovrai re-imparare.
In Italia ho rimesso in fila i miei obiettivi personali, equilibrandoli a quelli professionali, aiutata anche dal passaggio in Germania che ha incrinato alcune certezze che mi portavo da Londra.
Ecco che quindi Milano si è rivelato il posto perfetto dove diventare madre perché:
il sistema sanitario è ottimo e gratuito / accessibile con professionistə, ginecologhə, servizi di prossimità e ospedali di primissimo livello;
avevo accesso a un congedo pagato di qualche mese (anche in P.IVA) per focalizzarmi su di me e sui nuovi equilibri familiari, tutti da costruire;
potevo dare il mio cognome a mia figlia;
avevo accesso una rete di supporto fatta da professionisti, amiche, amici, famiglia, altre mamme con le quali avrei potuto scambiare consigli ed esperienze;
i servizi all’infanzia ci sono e anche se costosi sono accessibili, a Londra sarebbero sicuramente costati di più.
Come capire se sei nel posto giusto per quel tuo obiettivo
Anche se è più facile analizzare queste situazioni a ritroso, guardando il passato, ciò non deve essere una scusa per non pianificare le nostre strategia.
Una volta che ho recepito questi learning, li ho trasformati in un framework per aiutarmi a definire meglio quelle che potranno essere le scelte future.
Partendo dagli obiettivi, personali e professionali, possono infatti immaginare (o meglio ipotizzare e poi validare) gli elementi che mi aiuteranno a raggiungerli.
Che ne dite? Potrebbe essere utile anche per voi?
✍️ Tutte le startup che assumono in Italia questa settimana
🔗 Yakkyo, scale up italiana nell’e-commerce e dropshipping, recentemente quotata in Borsa cerca Growth Marketing Specialist
🔗 Smartpricing, scale up travel tech cerca Senior Product Manager in remoto
🔗 Scalapay cerca Senior Product Manager e Team Lead Operations a Milano
🔗 Satispay cerca Senior Manager, Business Development a Milano
🔗 Iubenda assume Head of Product Marketing in remoto
🔗 Qonto cerca Marketing Lead Italy a Milano
🔗 Aulab assume Lead Generation Manager a Bari
🔗 Reddit cerca Growth Lead, Italy (Contract) in remoto
🔗 Talent Garden assume AI Learning Manager a Bari
🔗 xFarm Technology cerca Growth Marketing Manager a Milano
🔗 Founders Factory cerca founder per lanciare una nuova startup: TuttoAposto (Personal Savings AI Agent)a Milano
BONUS: Non è una startup ma il fantastico team di Fondazione Libellula cerca Head of Marketing. Io non ci penserei due volte se non fossi innamorata del tech e delle startup :)
Domenica prossima salto, ci risentiamo quella dopo!
Sto ancora un po’ calibrando perché ho un’esserina bellissima che dipende ancora tanto da me ma siate pazienti che piano piano torno a fare tutto e anche le newsletter avranno la cadenza settimanale solita :)
Per qualsiasi vostro feedback su questi framework e pensieri sono, come sempre, tutta orecchie!
A presto, sperando che questa tropical summer ci lasci anche un po’ di sole.
Alessia