Startup Stories #32
Cos'è il tech for good e perché oggi è fondamentale, un'analisi dei social network in 3 grafici e la creatività che a volte non serve.
Ho iniziato a scrivere questa newsletter 2 settimane fa e ora tutto a un tratto la maggior parte di quel contenuto non ha più senso. Non perché non sia di valore, anzi vi ringrazio per i vostri sempre apprezzati super feedback. Perde di senso se ponderato a quello che di grave sta succedendo in queste ore: chi se ne frega del tech o del marketing.
Lavorando in una startup di Berlino più vicina dell’Italia al conflitto, dove parlo in inglese con colleghi internazionali, fra cui anche russi e ucraini, il clima è ben diverso da chi è in Italia dove tutto sembra ancora lontano. Non fraintendetemi, non intendo dire che gli italiani siano meno sensibili. Ma senza fare grandi annunci pubblici, l’azienda per cui lavoro, tra cui il CEO e l’executive management, stanno cercando di supportarci il più possibile, con aiuti concreti al team in termini di days off e mental health. E con altre startup cercano di supportare l’Ucraina, partecipando a un convoglio di 4 TIR in partenza domani da Berlino.
Fra l’altro in queste ore sono arrivata anche io a Berlino. Stiamo per lanciare la campagna 2022 e la nuova app. L’aria che si respira è come quella di un film, tra sguardi preoccupati e chi cerca di non pensarci. Eppure sta succedendo qui dietro:
da Berlino a Lviv, la città ucraina vicina al confine con la Polonia, ci sono meno di 1000km, 11-12 ore di macchina.
Per cui ecco, cerco di formulare qualche discorso interessante. Anche se quello che scrivo io sembrerà sicuramente banale rispetto a Nico Piro, Cecilia Sala, Valerio Nicolosi che seguo e ammiro per questo lavoro pazzesco sul campo.
Cos’è successo nel mondo digital marketing, tech e startup in questo mese?
La tecnologia a servizio della guerra, la chiamavano tech for good
Mi ricordo a Londra nel 2015 che oltre alla sharing economy c’era un altro tema che andava alla grande ed era sulla bocca di tutti. L’idea che la tecnologia non fosse solamente un modo per fare business e arricchirsi ma che potesse diventare uno strumento per migliorare il mondo. Si parlava infatti di clean tech, sustainability, tech for good: tutti sinonimi che volevano descrivere come l’etica a volte potrebbe essere inserita prima del profitto, o almeno allo stesso livello.
Ecco che la guerra che stiamo vedendo alle porte dell’Europa oltre ad allarmarci potrebbe spingerci a considerare la tecnologia come un vero abilitatore per le persone e non solo per il business.
Come?Elon Musk che mette a disposizione Starlink su richiesta via Twitter del Ministro Ucraino per la Trasformazione Digitale (ovvio che qualche interesse di business Musk qui ce l’ha)
Tik Tok che diventa un mezzo per il giornalismo diffuso per cercare di capire se e come la Russia avrebbe attaccato
Sempre il Ministro Ucraino per la Trasformazione Digitale che crea un gruppo Telegram per reclurare volontari ai fini di condividere risorse, idee per la guerra cyborg
Anonymous che butta giù siti governativi russi o rende pubbliche informazioni riservate che fanno vedere com’è la situazione reale nel Paese
Questi esempi mi fanno fare un paio di riflessioni.
La prima è che la differenza nell’utilizzare la tecnologia per il fatturato o per uno scopo etico è minima, si può sicuramente puntare a entrambi, anche in tempi di pace. Quindi, perché si continuano ad assumere i talenti migliori con l’unico scopo di capire come farci cliccare di più su un banner? Se le aziende più grandi fossero davvero etiche forse non saremmo a questo punto.
La seconda è legata al concetto di guerra che evidentemente nel 2022 non è più semplicemente quella che si combatte sul campo ma che vediamo avere un livello digitale e finanziario che nessuna altra guerra aveva avuto, in questa portata. Se sul territorio è ancora potenzialmente limitata, quella digitale e finanziaria è già una guerra mondiale.
Youtube è il miglior social media, Zuck fattene una ragione.
Non parlo per gli utenti mondiali che secondo WeAreSocial sono ancora ancorati a Facebook, Instagram e Whatsapp.
(Forse se fossi Zuck mi preoccuperei del fatto che stanno velocissimamente iniziando a usare Tik Tok, con un aumento del 70% delle preferenze degli ultimi 3 mesi secondo App Annie).
La mia affermazione riguarda i profitti che stanno arrivando a Google da YouTube che dal 2006, quando è stata acquisita, hanno cominciato a fruttare l’anno scorso ma che ora stanno esplodendo. Nell’ultimo trimestre hanno portato $8.6B, superano quelli di Netflix, +25% di anno in anno. YouTube shorts continua a macinare numeri, sono circa 5 trilioni le views da quando il servizio è stato lanciato nel 2020, per un dato giornaliero di 15 miliardi di views mensili.
Che in questo nuovo mondo di video ci sia davvero spazio per tutti?… YouTube batte Netflix
Secondo il report annuale che analizza gli utenti Android nel 2020 il tempo medio mensile speso su YouTube era di 23 ore vs. 6 ore per Netflix. Ma quello che davvero vince non è nè l’uno nè l’altro a parte che in Corea del Sud.
E dato che parliamo di YouTube, c’è un altro bel fatto: è il secondo motore di ricerca al mondo (avrete già capito qual è il primo).
Se il telefono non serve più per telefonare, l’orologio non serve più per guardare l’ora (ma lo vogliamo ancora)
Quando ho visto questo grafico che analizza il mercato dei wearable dal punto di vista dei device ho subito fatto un parallelismo al contrario. Mi sembrava come quella citazione di Ford che diceva che “prima dell’invenzione dell’automobile chi voleva andare più veloce cercava cavalli più veloci, non pensava esistesse un altro modo”.
Ecco questo è esattamente quello che sta succedendo al mondo degli orologi e dei wearable, ma al contrario.
Le prime aziende che anni fa hanno lanciato i wearable si sono complicate la vita a capire quale fosse un buon device per raccogliere dati personali. Un braccialetto, un anello, una fettuccina da appiccicare da qualche parte, un cerotto. Ne ho davvero sentite di ogni.
Come vedete da questo grafico il futuro di questo tipo di device è degli orologi. D’altra parte è un device che già siamo abituati a indossare ma che oggi non avrebbe senso usare per misurare solo il tempo. Quindi, chi pensava di vendere wearable più piccoli, più innovativi, più leggeri o trasparenti da indossare dovrà ricredersi. E togliere un po’ di creatività perché molto probabilmente non servirà. Anche questa si chiama innovazione.
Grazie per avermi letto fino a qui e mi auguro davvero che il mese prossimo le notizie migliorino. Fai un fischio se hai provato o vuoi provare la nuova app di Taxfix, ho codici sconto per amici, colleghi e chiunque abbia la curiosità di provarla!