Startup Stories #30
Le foto di paesaggi senza fotografi, le televendite senza TV, le partnership tra concorrenti e un invito all'azione per un 2022 senza più MANEL
Questo numero vi sta arrivando con qualche giorno in ritardo perché sono stata a Fuerteventura. Erano almeno due anni che volevo fare un surf camp e finalmente quest’anno si sono incrociati gli eventi e sono riuscita a partire.
E’ stata una bella esperienza.
Ho imparato a gestire le onde e a rimanere in piedi sulla tavola. Ho capito come giudicare la bravura di insegnanti e scuole. Ogni giorno mi sono messa alla prova in un test continuo dove ho messo in gioco la mia determinazione (tanta) e la mia forza fisica (poca), con un meteo non sempre dalla mia parte, il vento ha toccato i 50 km/h. Ogni giorno miglioravo un pochino, imparavo qualcosa di nuovo su di me, sulla tavola e sulle onde. Ho trovato molte somiglianze con un altro sport a cui mi sto appassionando: l’arrampicata. Per la prima volta, dopo tanti anni a Londra dove mi consolavo con qualche sessione di yoga con la maggior parte dei weekend passati a rispondere alle email, sto dedicando il mio tempo libero a fare qualcosa che va oltre il lavoro.
”Vai, arrampica. Buttati. Fregatene della tecnica, arriva in cima”
Mi hanno detto quando per la prima volta sono stata sotto alla parete.
“Prendi la tavola e vai incontro alle onde” mi hanno detto qualche giorno fa, dopo qualche consiglio di sicurezza, di fronte all’oceano. Dopo la prima lezione, ho iniziato a ricevere consigli e feedback, sia dai coach che dal gruppo, che mi hanno aiutato a capire le diverse tecniche per gestire le onde o fare lo stand up sulla tavola. Ho provato modelli diversi di tavole e mute. Stessa cosa per l’arrampicata, ho ricevuto feedback e, guardando come arrampicavano i miei compagni, ho capito quali tecniche e quali strumenti potessero andare bene per me. Dopo 3-4 corsi serve fare pratica, da soli. Me l’ha detto la mia collega, al suo quarto surf camp, e me l’ha detto la guida alpina che ci ha seguito nell’ultima lezione sulle falesie di Lecco: “Alessia, ora devi solo fare tanta pratica”.
Ed ho capito che sono le stesse cose che dico al mio team, ai miei corsi e alle persone che incontro, quando ci confrontiamo su startup, growth hacking e digital marketing.
Perché se è vero che l’esperienza la si fa partendo dalle skills e dalla determinazione, è grazie ai feedback e alla tecnica che si migliora e si diventa più bravi ed efficienti.
Ha senso buttarsi, provare, magari con un po’ di supporto iniziale da corsi e insegnanti, ma è essenziale sviluppare le proprie skills grazie alla pratica. Quella vera, che ti fa confrontare con l’oceano, simile al cliente che spesso non sa quello che vuole. Solo praticando ed esercitandoci possiamo capire quali tool e quali tecniche utilizzare per fare quel lavoro al meglio. La tecnica e i tool ci aiutano a migliorare l’efficienza, il risultato, l’efficacia delle nostre azioni ma sarebbe sbagliato pensare che è la tecnica che ci fa vincere sulle onde: è la pratica che ci aiuta a capire come affrontarle.
Infine, il quarto elemento fondamentale per migliorare riguarda il contesto: nei miei 6 giorni di lezione, ho passato le prime con onde che arrivavano ogni 5-10 secondi perché il vento era ai 50 km/h. Non era ideale. Ho imparato, certo, ma il contesto non era il migliore per aiutarmi nell’apprendimento. Non mi era chiaro finché non sono salita sulla tavola quando il meteo è diventato normale, nelle ultime tre lezioni: le onde arrivavano ogni 30-60 secondi, un tempo necessario per pensare, capire, calcolare e coordinare i miei movimenti.
Contesti che nel mondo del lavoro possono essere un Paese diverso, un’azienda, un settore o un team. Situazioni che ci possono aiutare l’apprendimento con esperienze più facili. Oppure più difficili. L’importante è capirle, avendo il coraggio di provarle per capire davvero cosa significa facile o difficile. Se avessi fatto 6 giorni di lezione con il vento a 50km/h avrei pensato che fare surf fosse difficilissimo. Forse non faceva proprio per me. Invece era solo il contesto che lo rendeva particolarmente difficile, a parità di skills e motivazione.
Su cosa vorreste migliorare l’anno prossimo?
Nell’affrontare le onde, nella vostra forma fisica / mentale o nella tecnica?
In quest’ultima newsletter dell’anno vi invito a riflettere.
Io inserirò tutte le mie considerazione nel solito post di fine anno con riflessioni e buoni propositi per il 2022, simile a quello fatto per il 2020 e per il 2019, quando ho raccontato la fine della mia avventura londinese.
Ma ora, torniamo alle solite 5 riflessioni del mese.
Cos’è successo nel mondo digital marketing, tech e startup in questo mese?
L’intelligenza artificiale che crea immagini “leggendo” le descrizioni
Avete sentito qual è l’ultima frontiera in termini di grafica digitale?
NVIDIA ha recentemente rilasciato un aggiornamento al suo algoritmo AI grafico. GauGAN2 è super smart: permette di creare un’immagine dalla lettura semantica di un testo o a partire da bozze e immagini iniziali. Immagini completamente realistiche che mai potreste pensare sono artificiali, create da un computer.
Basterà inserire un testo nel tool per ritrovarsi un’immagine di una bellissima spiaggia al tramonto oppure una descrizione più accurata come “foreste nebbiose con montagne sullo sfondo e un cielo azzurro” affinché l’AI crei bellissime immagini realistiche come quella qui sotto.Funziona attraverso due reti neurali che lavorano in modo contrapposto: una crea l’immagine interpretando il testo mentre l’altra testa se l’immagine creata potrebbe essere fake o realistica, analizzandone la validità. La natura competitiva delle due le rende avversarie, ecco perché il nome GAM (Generative Adversarial Networks).
Le immagini posso essere create anche a partire da schizzi e disegni, per esempio qui di seguito un’immagine che vuole ricreare il pianeta Tatooine di Star Wars. L’algoritmo ha imparato da 10 milioni di immagini di paesaggi diversi attraverso un super computer sviluppato da NVIDIA, e che continuerà a migliorarsi e imparare.E non è l’unica azienda che ci sta lavorando: DALL·E di OpenAI produce risultati molto simili.
Che implicazioni potrebbe avere tutto ciò nel nostro lavoro quotidiano?
Maggiore velocità, qualità e immediatezza nell’ottenere immagini professionali artificiali.
Se fossi un’azienda o un’agenzia il cui business si basa su fotografie e immagini “manuali” mi farei qualche domanda. I loro clienti tra qualche anno potrebbero smettere di acquistare immagini e crearsele in autonomia, senza dover avvalersi di fotografi professionisti o database di immagini provenienti da ambienti reali, a un prezzo potenzialmente molto più conveniente, e di simile qualità. Potrebbe essere una buona idea iniziare a fare pivot.Le televendite arrivano sui social più famosi
Se usate Instagram sono sicura che avrete notato come alcuni influencer che si occupano di sponsorizzare dei brand facciano già delle piccole televendite: la loro vita perfetta sembra essere interrotta solo da un brand che li rende particolarmente felici. Chissà quanto è vera, questa felicità. D’altra parte il loro obiettivo è quello di creare contenuti finché uno di questi non sponsorizza un brand, e la loro bravura sta proprio nel riuscire a far emergere il post sul brand attraverso una forma che non sia una vera televendita. Pochissimi ci riescono. A volte mi sembra di rivedere il product placement che succedeva durante le fiction o le telenovele che guardavo con mia nonna negli anni ‘90 (per chi di voi si ricorda: Un posto al sole).
Ora: preparatevi.
Alcuni social stanno implementando nuove funzionalità che permettono di rendere queste televendite molto simili a quelle che faceva Mastrota con pentole e materassi. Twitter ha lanciato il primo live streaming in occasione del Cyber Monday con una collaborazione con Walmart.
Ma Twitter è solo l’ultima delle aziende che si stanno buttando verso questo trend.
Amazon già l’anno scorso ha lanciato negli USA l’app gratuita Amazon Live for Influencers, che permette agli influencers di guadagnare una commissione sulle vendite (come fa QVC) attraverso live streaming presenti direttamente su Amazon. Essendo che il livestreaming viene fatto direttamente su Amazon, si riesce a intercettare un audience il cui intendo di acquisto è già elevato, e che riesce a essere facilmente convinta dagli influencer, che fanno aumentare la brand awareness e al contempo fanno vedere come funziona il prodotto, facendo anche l’attività che un tempo veniva svolta dagli agenti di commercio (se fate questo lavoro vi consiglio un reskilling).
E’ Amazon che paga le commissioni che spaziano dall’1% per videogames e computer al 7% per l’abbigliamento e arrivano al 10% per prodotti beauty.
Chissà come invece sta andando Shoploop powered by Google. Sicuramente l’azienda che mi preoccupa di più quando parliamo di piattaforme social. Chissà se con tutti gli esperimenti falliti sul campo riusciranno a sviluppare qualcosa in grado di competere sul mercato del social live streaming - commerce.Io scommetto di no. E voi?
Le partnership tra concorrenti come il Netflix Hub by Spotify
L’anno scorso ho lavorato con alcune agenzie italiane la cui preoccupazione maggiore era: “siamo più bravi dei nostri concorrenti, come lo facciamo capire ai nostri clienti?”
Ho sempre pensato fosse un problema parzialmente rilevante ma non l’ho mai detto perché mancavano le basi per iniziare questa discussione. C’era troppo ego, troppa self confidence e allo stesso tempo troppa paura per esporsi e fare qualcosa di davvero disruptive rispetto ai concorrenti, per dimostrarlo.
Così, vorrei che tutti quelli che hanno domande simili a quella iniziale analizzassero questa strategia di Spotify, che stringe una partnership con Netflix per aiutare le persone a trovare in modo semplice la colonna sonora di una serie su Netflix. Nella nuova dashboard dell’app di Spotify ora c’è un Netflix Hub per trovare in modo immediato le colonne sonore delle nostre serie preferite.Vorrei chiedere alle aziende italiane che si fanno domande simili: come la giudicate? Non è una mossa controproducente? Cosa succede se sul Netflix Hub le persone trovano una serie che non hanno visto e decidono di passare le successive 4-5 ore a guardarla, spegnendo Spotify?
Netflix è un potenziale competitor di Spotify, non diretto ma è un’azienda che opera nel campo dell’entertainment, in cui entrambe combattono per vincere il tempo delle persone. Tuttavia, è anche valore per l’utente sia per Netflix che per Spotify. Non è che è proprio il valore creato per l’utente che è l’ago della bilancia? Non dovrebbe essere più importante dell’ego delle singole aziende, per essere considerati più bravi?
Il tuo team lavora in modo concordante o discordante?
L’ambiente che ritrovo ogni giorni in Taxfix è creato da persone curiose che si fanno e pongono un sacco di domande. Tramite domande pertinenti e pragmatiche, riusciamo ad analizzare nuovi approcci e a capire qual è quello migliore su cui testare la roadmap.
Negli ultimi anni ho sempre adorato fare domande e cercare di capire le motivazioni che spingessero persone e aziende verso certi approcci. Spesso, queste mie domande sono state giudicate scomode, semplicemente per l’idea che un team affiatato è quello che converge verso punti di vista simili.
Non è vero.
È un’illusione. Come la riserva aurea delle banche nazionali.
Perchè è una convenzione che limita la performance del team. E ne limita le performance perché sono le idee che escono dal team e influire sul progetto e sulle performance. Quanto più queste idee sono diverse e portano a considerare altri punti di vista, quanto più possono aiutare a costruire prodotti digitali più potenti.
Ne ero estremamente convinta ma ora lo sono ancora di più grazie a quest’articolo di Harvard Business Review che raggiungere troppo presto il consenso per un team è una potenziale debolezza.Proposito per il 2022: fare e accogliere più domande, soprattutto quando sono scomode.
No women no panel: dove sono le vostre colleghe? Invitatele al database di donne on stage
Negli ultimi 3-5 anni ho portato avanti una battaglia semi-personale affinché non fossi sempre l’unica donna che parla a un evento di startup, growth hacking e digital marketing. Dall’uscita di Startup Marketing, in cui sempre più sono stata invitata a eventi, panel o conferenze spesso, in Italia mi sono ritrovata spesso a essere l’unica donna speaker. Mi sono spesso chiesta perché.
Anche perché, a volte, i colleghi che parlavano prima o dopo di me, non per forza avevano un’esperienza completamente in linea con il tema dell’evento. Eventi che quindi avrebbero potuto chiamare speaker donne che a loro volta rispecchiavano esperienze simili: curriculum non completamente in linea con l’evento. Tuttavia, le piccole eccezioni fatte per gli speaker maschi mi accorgevo non venivano fatte per le donne. E qui iniziavo a pormi altre domande. Forse è perché non siamo conosciute. Forse perché non siamo nei network di chi organizza gli eventi. Forse perché essendo che siamo meno presenti come speaker, siamo meno visibili.
Allora ho cominciato a sollevare il tema con gli organizzatori degli eventi. “Chiamate altre donne, non è rappresentativo che io sia l’unica donna speaker”, dicevo. E qui arrivavano mille giustificazioni: non ci sono, le ho chiamate ma non rispondono, non possono, il curriculum di x non è in linea, ecc..Sìsì, mi veniva risposto nelle situazioni migliori.
E poi quando mandavo le email con nomi di colleghe per l’edizione successiva venivano ignorate.
Ora è arrivato il momento di dire davvero basta. Se se ne è accorta anche la RAI vuol dire che davvero BASTA AI MANEL.
Dalla prima volta in cui i miei feedback sul fatto che fossi l’unica donna a un evento sul Growth Hacking e l’unica degli speaker a non fare un keynote (forse pensavano non avessi niente da dire o non fossi brava abbastanza anche se il mio cv era molto migliore di alcuni dei keynote speaker) sono passati 3 anni.
3 anni in cui ho iniziato a creare un database di donne speaker sui temi del tech e del digitale che oggi con l’aiuto dell’associazione SHETECH vogliamo rendere pubblico e accessibile per tutti. Perché non se ne può più delle scuse o delle giustificazioni. Dobbiamo TUTTI diventare sensibili al tema: speaker, pubblico, sponsor, organizzatori. Non possiamo più permetterci che la tecnologia e il digitale vengano raccontati da un solo punto di vista, quello MASCHILE.
Iscriviti a questo form se sei una donna speaker oppure giratelo alle vostre colleghe: sono sicura avranno sicuramente qualcosa di rilevante da dire al prossimo evento sul futuro del digitale.
Il database verrà pubblicato entro la fine del 2021 e reso disponibile gratuitamente sul sito di SHETECH con aggiornamento trimestrale. Siamo già arrivate a 341 speaker. Un sogno per ogni organizzatore di eventi, praticamente.
Aiutateci ad arrivare a 500 speaker donne entro l’8 dicembre!
Cosa mi è piaciuto di più questo mese
Podcast: Hidden Brain - Rebel with a cause che racconta del bellissimo lavoro di Francesca Gino + Cara sei Maschilista - Donne nella Scienza una bellissima puntata dove Karen intervista Virginia Marchionni della Sapienza
Libri: Leadership is Language un bel saggio sull’evoluzione della leadership e di come il linguaggio e le parole possono spingere una maggiore efficacia e collaborazione (in inglese)
Se avete letto o ascoltato qualcosa di super interessante, mandatemi i vostri link per la prossima newsletter! Sarò molto felice di includere anche i vostri consigli.