Startup Stories #27
Meglio raccontare o dimostrare il marketing, Tik Tok si butta sull'analisi delle performance dei creator e il report di YouTube sulle campagne video
“Qual è il rischio più grande che puoi assumerti nei prossimi 3 mesi?“
Quando a inizio giugno ero appena tornata da un weekend lungo, non sapevo se ci fosse una risposta a questa domanda del mio capo.
Torno a raccontarvi di Taxfix perché, qualche giorno fa è andata live la campagna TV per l’Italia. Un investimento di brand marketing cospicuo che rappresenta una grande scommessa, fatta da me e dal mio team su un tema che non ho mai creduto potesse davvero fare la differenza nelle performance di un’app.
Sicuramente non in UK dove ho lavorato fino al 2019. Non serviva.
Le campagne digital, spinte da buone PR erano sufficienti per acquisire target audience da attivare tramite il prodotto giusto. Il resto arrivava grazie al passaparola.
A Londra, città di frontiera dalla quale nascevano tutte le mode e le novità tech, sono sempre bastati gli algoritmi: colpivamo il target dei digitali e delle community tech. Coloro che vivevano con il telefono in mano, felici di ricevere un suggerimento dall’algoritmo di Facebook, “perché era sicuramente più a conoscenza delle mie abitudini rispetto a TV o altri media”. Quante volte l’ho pensato anche io in quei 7 anni. Partivamo da beta e da micro segmenti per i quali non importava si trattasse di un brand sconosciuto oppure cool: slackavo un collega, chiedevo se ero l’unica ad aver visto quella pubblicità, nella maggior parte dei casi ricevevo conferma il prodotto fosse valido o un referral e iniziavo a usarlo, sbloccando traction. Ho iniziato così a usare Revolut nel 2015 e a seguire il pattern, che mi trovasse dal lato utente o nel team della startup.
Poi sono tornata in Italia e mi sono ricordata dei consigli che davo alle startup italiane che volevano entrare nel mercato UK: avere budget da investire in digital adv e un prodotto digitale ben fatto, che all’inizio risolvesse un pain per un segmento abbastanza specifico ma poi scalabile, allineato alla cultura e agli standard anglosassoni. A quel punto gli italiani mi chiedevano: e il brand? Domandavo perché: se il prodotto funziona non serve per forza creare un brand fico, tanto poi sarà oggetto di rebranding. Ho scoperto in questi 36 mesi che in Italia questo aspetto funziona praticamente al contrario di UK. In Italia se non hai un brand riconosciuto e posizionato, che compie azioni di brand marketing importanti, potenzialmente fuori dagli schemi, non vieni considerato affidabile dai più. Tornando a Taxfix, avevo un grosso dubbio, dato dal connubio app + “tasse”.
E quindi con questi pensieri in mente ho risposto al mio capo: il rischio sarebbe fare un investimento di brand marketing in TV.
Ho passato 6 settimane a studiare, analizzando tutto quello che trovavo sul tema campagne TV. Ho parlato con colleghe e colleghi, agenzie e mi sono confrontata con chi aveva già lavorato a iniziative simili.
Abbiamo investito qualche centinaia di migliaia di euro, andando live ad agosto e settembre, mesi in cui la domanda di booking TV è generalmente bassa, approfittando di qualche sconto in più, con uno spot in animazione 2D creato in 6 settimane da uno studio fighissimo tedesco con cui Taxfix aveva già lavorato in Germania (non avevamo molto tempo per la selezione ma sono molto felice del risultato).
Da 10 giorni siamo live su Mediaset, Sky e Discovery e posso dire che stiamo già registrando un aumento delle metriche top of the funnel su traffico diretto e google search. I feedback qualitativi tramite interviste che riceviamo ci dicono che “se l’app si vede su Canale 5 è sicuramente affidabile”.
Non riesco ancora ad avere un’analisi specifica dell’impatto sul prodotto e sulle campagne di performance, dobbiamo aspettare ancora qualche settimana.
Però sono felice di essermi spinta un’altra volta fuori dalla mia zona di comfort perché solo rischiando si impara e si cresce velocemente.
E se facessi la domanda a voi?
Qual è il rischio più grande che potete assumervi nei prossimi 3 mesi?
Condividetemi le vostre sfide, così mi sento meno sola.
Nel frattempo potete guardare lo spot TV di Taxfix, o venire a raccontarmele di persone a qualcuno degli eventi che in agenda questo mese:
17 settembre a Roma per Social Women Talk! 21
28 settembre a Milano per la Scuola Nazionale Deep Tech
Cos’è successo nel mondo digital marketing, tech e startup in questo mese?
1) Perché diffido dalle startup italiane (almeno questa volta non sono l’unica)
Questa è la narrazione della quotazione dell’Italiana Helbiz al Nasdaq.
Questa è la contro-narrazione.
Che bello avere una contro narrazione e non dover aggiungere nessun’altra analisi critica, anche in Italia.
Succede in tutti gli ecosistemi sani.
Per esempio avete letto l’analisi critica di Sifted su Gorillas?
Dai che anche in Italia, piano piano, forse ce la facciamo a non pubblicare solo comunicati stampa.
2) Nel marketing meglio dimostrare o raccontare?
Negli ultimi 10 anni e più ho sempre sentito parlare di Inbound Marketing come la risposta a qualsiasi problema di vendite o marketing B2B.
Come per qualsiasi buzzword, LinkediN pullulava di inbound marketing specialist, l’Internet era pieno di blog che raccontavano le definizioni di inbound marketing ma erano pochissimi a fare vedere di cosa si trattasse. (Ovviamente il tema non è circoscritto all’inbound marketing, si applica anche al growth hacking, all’UX design, al service design, e tantissimi altri).
L’inbound marketing è, tuttavia, il tema su cui sono quasi sempre rimasta sconcertata perché mette al centro i contenuti: perché perdere un paio d’ore per scrivere un articolo sulla definizione di inbound marketing quando, nello stesso tempo, puoi scrivere un articolo che applica l’inbound marketing?
Con tutti gli inbound marketing specialist che ho incontrati negli anni, ne ho visti pochi con contenuti davvero sorprendenti e di qualità, che non fossero riassunti di altri o che davvero fossero creati con l’intento di condividere analisi o prospettive. Molto probabilmente è più facile raccontare il marketing che dimostrarlo, soprattutto quando l’unico scopo è quello di “catturare” lead per poi bombardarli di email dal commerciale di turno.
Eppure, rimanendo sul tema contenuti basta davvero poco per farsi ricordare e per vendere “expertise” grazie a un pezzo di contenuto unico e originale, che non solo permetta di analizzare una situazione ma che venda competenze e crei posizionamento di brand. Magistrale è questa bella analisi fatta da Belka, un’agenzia di sviluppo prodotto che grazie a un’analisi semplice e diretta, racconta la propria expertise analizzando l’esperienza digitale di Brum Brum.
Interessante al punto di dimostrare brand e competenze? Direi di si.
Vi ha incuriosito al punto di chiedere di analizzare anche la vostra app? Io l’ho fatto.
Pensereste a loro per migliorare il prodotto di uno dei vostri clienti? Forse sì.
Avrebbero ottenuto lo stesso risultato se avessero scritto il solito contenuto sui principi da seguire per lo UX design di una mobile app? Non credo.
3) Alcune considerazioni sui video con il report YouTube Culture and Trends di Google
Parte della mia ricerca per la campagna brand è stata indirizzata a YouTube, perché è un canale secondario del mio test. Così, mi sono imbattuta in questo report creato dagli analisti di YouTube che analizza quali tendenze, nate negli ultimi 12-24 mesi, potrebbero rimanere anche in futuro. Il risultato più interessante è che i video, soprattutto se fruiti in streaming e in visione simultanea, offrono una senso di vicinanza agli altri, permettono quindi di creare community nello stesso modo in cui insieme si guardava la TV o si andava al cinema tra amici, qualche decennio fa.
E’ un report corto ma interessante, ve lo consiglio.
4) Le campagne di influencer marketing diventano performance-driven, grazie a Tik Tok
Finalmente, direi, qualcuno ci sta pensando.
Se avete già lanciato delle campagne di performance con influencer saprete quanto è complicato ottenere i dati di performance perché nessuno dei canali social permette alle agenzie o alle aziende di accedere automaticamente ai numeri degli influencer (se escludiamo piattaforme proprietarie come Buzzoole che però costa un rene).
Nella maggior parte dei casi i report arrivano da copia/incolla di metriche direttamente dei profili sociali oppure dalla semplice analisi del link diretto usato per lo swipe-up nelle stories. Tuttavia, non si tratta di un metodo completamente accurato, perché nel primo caso ci possono essere errori o dati mancanti e nel secondo si perdono le metriche di social engagement per privilegiare la pura performance data dall’analisi del link diretto.
Tik Tok ha capito il pain e ha lanciato delle API che integrandosi al Creator Marketplace (online già da un paio d’anni), permettono alle aziende e alle agenzie di accedere non solo ai dati demografici, ai best performer video ma a tutti i dati delle campagne lanciate dagli influencer, compresi like, commenti e condivisioni, accessibili per la prima volta.
Se quasi tutti i social si stanno lanciando verso la creazione di un marketplace per i creator, quella delle API potrebbe essere la vera svolta, stiamo a vedere.
5) Se state cercando nuove sfide ci sono un po’ di annunci interessanti
NeN cerca un Fantacalcio specialist, si davvero.
Finalmente si iniziano a ricercare product marketing manager anche in Italia.
Il team di performance marketing di Taxfix cerca performance marketing manager, disposti a lavorare 2-3 giorni al mese da Berlino, con conoscenza dell’italiano e inglese. Se sapete anche il tedesco, meglio, così facciamo prima ad assumervi.
Per il team italiano cerco invece un paio di persone per copywriting, con conoscenze SEO e magari qualche esperienza di content writing in ambito fiscale. E una persona come visual designer freelance, per iniziare a capire come muoverci nel 2022.
Non ho ancora scritto una job spec ma seguirò i consigli del mio amico Carlo.