Startup Stories #17
Parliamo di nuovi unicorni europei, degli occhiali AR by Facebook e pubblicità belle.
“Come sta andando in Italia?”
Me l’ha chiesto una mia cara amica, qualche sera fa, a cena.
”Ma, abbastanza bene finché posso decidere con chi lavorare e non farlo con chi non mi trovo. Sai, avevi ragione”.
Lei è rimpatriata da Amsterdam un anno prima di me e me l’aveva detto che sarebbe stato difficile. Che ci sarebbero state le battutine sessiste durante le riunioni, nel momento in cui con tutte le tue competenze stai presentando idee serie su un progetto. Che ci sarebbero state le situazioni dove qualcuno ti avrebbe spiegato come si fa a fare il tuo lavoro, anche se della pratica ha solo qualche idea, e che non l’avrei presa bene. Che ci sarebbero stati gli obiettivi poco chiari e le aspettative giganti, incluse le infinite riunioni e le discussioni su come si fa cosa, perché è infinitamente più facile discutere che farle, quelle cose.
CHE COSA NE PENSI? Sono pazza, ingigantisco, non capisco, traviso la realtà, sono troppo femminista, “il problema è che è difficile comunicare davvero”, i social media non aiutano?
Se pensi tutto ciò mi piacerebbe TANTISSIMO parlarne. Magari di persona. Prometto che non proverò a convincerti che ho ragione, vorrei solo ci scambiassimo idee e pensieri, in modo costruttivo. Come ha fatto lei, ma senza arrivare a essere haters.
Ci prendiamo 30 minuti per discuterne? Magari se sei a Milano ci prendiamo un caffé, offro io. Vorrei lanciare un #dialoguecoffee dedicato proprio a questo tema, rigorosamente offline, per confrontarmi e allargare i miei punti di vista, cercando di uscire dai pregiudizi che ognuno di noi ha.
(Startup WTF invece aspetta nuove idee per l’autunno, le analisi delle idee usciranno il sabato ogni due settimane.)
Quella sera, poi la discussione è continuata su altro, non volevamo continuare a pensarci. Oppure in cuor nostro, sappiamo che fatto una volta, nessuno ci impedisce di farlo di nuovo, quel salto, in futuro.
La cosa positiva è che i salti li sto facendo lo stesso, ce li ho nel mio DNA, quando si chiudono porte si aprono portoni e sapere che dal divano di casa posso lavorare con aziende sparse in Europa mi riempie di gioia ed entusiasmo grazie alla tecnologia che possiamo usare ogni giorno.
Per capire un po’ di più sulla mia esperienza all’estero, questa è una bella intervista che ho fatto qualche mese fa, dove cerco di raccontare qual è l’approccio alla vita e al lavoro che ho imparato in 8 anni a Londra.
Ma ora basta parlare di me, parliamo di qualcosa un po’ più interessante.
Del nuovo unicorno europeo, degli ingegneri di Facebook che continuano a ribellarsi e di bellissime partnership di open innovation nella sharing economy.
Cos’è successo nel mondo tech, marketing e startup in questo mese?
1) Diamo il benvenuto a un nuovo unicorno europeo: Klarna. Come ci sono arrivati?
Pochi in Europa la conoscono ma Klarna è una società fintech svedese nata parecchi anni fa che con l’ultimo round di investimento di qualche settimana fa pari a $650M entra tra gli unicorni europei più fichi, con una valutazione di $10 mld.
La recente crescita dell’ecommerce ne ha accelerato ancora di più l’affermazione, poiché permette agli e-commerce di fornire servizi finanziari “buy now, pay later” e rate a zero interessi: l’app ha 12 milioni di utenti attivi mensili e 35.000 nuovi retailers aggiunti solo negli ultimi 6 mesi, +36% growth YoY.

Due dei tre co-founder Niklas e Sebastian si sono conosciuti finché da teenager preparavano hamburger al Burger King, Victor è arrivato quando c’erano già le prime idee di una tecnologia in grado di aiutare e-commerce e consumatori ad acquistare online.
Si sono sentiti dire più volte “'Forget about it. It’s never going to work” ma hanno continuato e nel 2005 hanno fondato Klarna che dopo 5 anni fatturava $60M all’anno. Dopo 14 anni decidono di andare negli USA, ma l'impresa stavolta registra un riscontro negativo: più di $90M di perdite.

Il modello di business si basa sull’applicazione di una percentuale su ogni transazione più una frazione variabile per ogni pagamento avvenuto. I consumatori possono decidere di pagare in piccole rate senza interessi tramite PayPal, l’app di Klarna o bonifico bancario. Il modello è il classico B2B2C: sono i negozi online a sostenere le fee di Klarna anche se gli utilizzatori finali del servizio sono appunto i consumatori.

Perché i retail store dovrebbero usare Klarna?
Implementare Klarna ha conseguenze super positive: in media porta a un +44% di ordini (migliora la conversion rate perché elimina frizioni legate al pagamento) e +68% nel volume dell’ordine. Ci sono inoltre alcuni servizi aggiuntivi come una messaggistica di customer service e una dashboard che riassume le metriche principali dell’ecommerce.
Sì, ci sono competitor (tra i quali il vecchio carissimo PayPal) ma sembra che Klarna sia molto più brava. Sarà interessante vedere quali saranno i prossimi passi negli USA, mercato che potrebbe essere ancora più interessante per questi gateway di pagamento user-centric, visto che gli americani sono culturalmente già pronti a pagare a rate.

Cosa possiamo imparare da Klarna?
posizionandosi tra merchant e consumatore è riuscita a risolvere i need e massimizzare il valore aggiunto per entrambi, differenziando le offerte per il consumatore e offrendo una serie di servizi aggiuntivi al merchant;
ogni 8 minuti entra un nuovo merchant e questo provoca un network effect globale: quanti più retailers implementano Klarna, quanti più consumatori si fideranno del servizio e quanto più renderà efficiente il loro comportamento di acquisto online in un loop continuo, vantaggioso per tutti;
anticipando il trend del “buy now pay later”, il modello di business si è basato finora su un risk shift: il rischio del merchant passa alla piattaforma. E si sta evolvendo ancora: da un semplice gateaway di pagamento, sta diventando sempre più uno strumento di social e-commerce, per aiutare customer e merchant in tutte le fasi di user journey fin dalla "inspiration and discovery".
[Secondo te ci sono altri learnings che non ho inserito in questa lista? Parliamone via email, rispondi qui.]
2) OLIO app e Tesco: l’open innovation per l’economia circolare
Finalmente una bella notizia per la sharing economy: OLIO e Tesco siglano una partnership per ottimizzare gli sprechi di cibo del gigante inglese della GDO.
OLIO è un’app poco conosciuta fuori Londra, ma super interessante, molto simile a Toogoodtogo: avete presente quando sbagliate ad acquistare una marmellata o un sugo, non sapete come usarlo o peggio non vi piace? E state quasi per buttarlo perché non sapete a chi darlo. Invece di buttarlo, potete usare OLIO per renderlo disponibile alla community, in modo che chiunque possa venire a prenderselo, gratis. Il favore lo fate a tutti, non solo al vostro portafolio o alla persona che lo ritira, e soprattutto al pianeta.
A Londra purtroppo buttare il cibo è un grande primato: si stima che il cibo buttato sia il 50% di tutta l’immondizia in UK, per un totale di 15 mld di sterline all’anno.
OLIO verrà utilizzata da Tesco per notificare i prodotti prossimi alla scadenza nei suoi 2,700 store, tramite 8,000 volontari che caricheranno i prodotti nella piattaforma. Finalmente un progetto di partnership e Open Innovation che stringe la mano all’economia circolare e alla sostenibilità.
Dopo anni che le app di sharing economy hanno difficoltà a siglare parternship o ad avviare strategie di scaling efficace finalmente una buona notizia.
Sono super felice per il team di OLIO, se lo merita davvero!
3) Gli occhiali AR by Facebook iniziano a essere testati (ma si licenzia l’ennesimo ingegnere)
Facebook ha annunciato Project ARIA, un progetto di ricerca per una primissima versione di occhiali in realtà aumentata. Al momento è un progetto interno, gli occhiali verranno testati da alcuni centinaia di dipendenti in spazi aziendali e pubblici per raccogliere dati e capire quali sono le domande tecnologiche ed etiche per iniziare poi a formulare risposte.
Ecco un video molto bello che racconta nei dettagli di cosa si tratta:
L’idea non è quella di uscire con la soluzione perfetta ma di evolverla nel tempo, nel perfetto spirito di una startup che esce con un progetto super innovativo.
Sarà oggetto di iterazioni continue e di apprendimento lato utente per cercare di anticipare cosa succederà nei prossimi 5-10 anni in termini di occhiali in AR.
WOW, questa si è che è una notizia.
Chissà se saranno più bravi di Google.
Secondo me si, finora sono stati molto bravi ad “accompagnare” le masse verso una continua evoluzione, aggiungendo minimi dettagli alla loro piattaforma, incrociando obiettivi aziendali e necessità degli utenti.
Questa continua evoluzione tecnologica tuttavia, tuttavia spesso non coincide con l’etica. E anche se in Italia guardiamo alle big tech come un modello a cui aspirare, gli ingegneri americani continuano a licenziarsi di fronte all’idea di lavorare per una piattaforma che intensifica odio e razzismo. Tim Kendall, direttore della monetizzazione del social network dal 2006 al 2010, ha testimoniato davanti al Congresso che si sono ispirati alle stesse strategie dei produttori di cigarette 50 anni fa: “l’obiettivo era quello di far scollegare i cervelli dalla realtà e tornare a immergerli nel tribalismo irrazionale, rimodulando i cervelli”.
Zuckerberg continua a dire il contrario ma quello che che contano per i dipendenti sono i fatti, come per qualsiasi leader.
Anche qui si prospettano tempi molto interessanti.
4) Cosa significa essere leader, oggi?
Negli ultimi mesi mi sono posta spesso questa domanda.
É una domanda che nasce come conseguenza delle mie collaborazioni con team e persone con cui collaboro perché sono molto diverse tra di loro. C’è chi ha background specifici, chi è più junior, chi ha più esperienza, chi “fa questo lavoro da 20 anni”.
E noto come, sono proprio queste persone con le loro diversità, le loro skills e la loro capacità di guida e di lavorare in team a determinare il successo o il fallimento di alcuni progetti. La “colpa” non è mai di solo una persona.

Secondo Shane Snow (forse avete letto qualche suo libro) la leadership passa attraverso una visione sistemica, per cui chi guida deve per forza sapere che le proprie azioni avranno effetti su tutto il sistema ossia il team e l’azienda.
Non si può più pensare alla singola priorità (per esempio aumentare il fatturato o il singolo obiettivo aziendale) ma è necessario considerare le ricadute che queste decisioni hanno su tutto il team perché è il team a determinare il successo di un progetto non l’idea o il talento del singolo. “Facile”, penserai se sei un CEO o un founder, la tua è per forza una visione sistematica. Ma la stessa cosa deve avvenire per chi dirige le vendite, il marketing, per lo sviluppatore e per il più junior del tuo team.
Bellissimo.
5) “Trova il refuso”: pubblicità belle
Finalmente una startup che osa.
Che si mette in gioco.
Che davvero dimostra di voler rompere gli schemi e lo fa in modo perfetto. Comprando uno spazio su Internazionale e dimostrando che a volte less is not more.
Il racconto è ancora parte della narrazione pubblicitaria, la creatività è ancora una bestia rara che esiste e resiste, tra migliaia di professionisti che tra funnel, performance e ottimizzazioni credono che un numero valga più di una parola (e ovviamente me inclusa + la fretta che spesso non aiuta a sviluppare nuove idee).
Il potere della creatività farà sempre la differenza, soprattutto quando algoritmi e tecnologia sembrano dettare le regole.
