Ciao amici e ben ritrovati!
Inizia luglio, torna l’estate e quasi tutte le nostre abitudini.
Stiamo vivendo un momento stranissimo, perché se da una parte non vediamo l’ora che tutto torni alla normalità, sotto un altro punto di vista sappiamo che ciò non succederà davvero. Come tutti i cambiamenti veri, è difficile vederlo nel day to day, quando siamo così presi da scadenze, progetti e quotidianità.
Ma il mondo sta cambiando. Ce ne renderemo conto meglio quando nei prossimi anni ci guarderemo indietro e questo momento entrerà nei libri di storia.
Se è vero che il mondo sta cambiando è anche vero che c’è molta più incertezza.
Incertezza su quello che succederà domani a noi, ai nostri lavori, alle nostre aziende. Non è facile vivere con l’incertezza. Anche se viviamo l’incertezza come negativa, spesso nasconde opportunità pazzesche.
Londra e le startup mi hanno insegnato moltissimo sull’incertezza.
Muoversi velocemente, sviluppare nuove comepetenze e avviare nuovi progetti per me sono tutte modalità per combattere incertezza e ansia, e dimostrare soprattutto a me stessa che non ottengo risultati mettendo la testa sotto la sabbia facendo finta sia tutto ok.
Possiamo combattere l’incertezza focalizzandoci su quello che possiamo controllare: accorciamo gli orizzonti temporali, concentriamoci su di noi e sulle nostre competenze, e sblocchiamo miglioramenti incrementali.
E’ più difficile crescere ed evolversi personalmente e professionalmente in momenti di incertezza, perché non sapere quello che succederà ci potrebbe bloccare.
Ci potrebbespingere ad aspettare di tornare a navigare in acque tranquille.
Le barche nei porti sono sicure ma non sono costruite per rimanere ancorate nei porti. E, allo stesso modo, è nell’incertezza che impariamo a diventare forti ed è con le tormente che capiamo come comandare vele e motori.
Cos’è successo nel mondo delle startup, tech e marketing in questo mese?
1) Purpose vs reality
L’anno scorso è stato l’anno del purpose: tantissimi hanno iniziato a parlare della big why che spiega azioni e strategie aziendali (questo TED di Simon Sinek è un riassunto bellissimo). Ragionare sul purpose è un po’ come quando ragionavamo su vision e mission, per noi di marketing non è una novità.
La differenza è che il purpose non è fatto di sole parole.
Ed è il motivo per cui Nike, Apple, L’Oréal e Spotify che stanno attivamente supportando il movimento Black Lives Matter (nato come conseguenza della morte di Floyd), vengono criticati perché se dal punto di vista del brand c’è un senso, i board non sono abbastanza diverse. Critiche costruttive che si spera vengano accolte affinché queste aziende diventino partner attivi nella risoluzione del problema.
Più o meno sulla stessa linea troviamo il boicottaggio di grosse corporate internazionali nei confronti di Facebook come Unilever, Coca-Cola, Starbucks, Patagonia, North Face. L’accusa è mossa dal fatto che Facebook non stia davvero fermando l’odio, soprattutto quello mosso dal presidente americano. Quando parliamo di soldi, Zuckerberg è costretto a fare meno scuse e più azioni, anche perché l’impatto di queste scelte sulle azioni di Facebook si fa già sentire.

Il purpose quindi non è semplicemente una strategia di brand marketing.
Significa trovare la big why dietro alla creazione e all’esistenza del brand che non entra solo nelle brochure di marketing ma viene continuamente applicata alla realtà, tramite i valori delle aziende e le azioni dei leader. Per esempio, per Danone il purpose di “capitalista responsabile” non si è articolata con una semplice donazione di enormi stock di acqua Evian e Volvic per creare igienizzanti o donare $300M per supportare i fornitori. Il CEO durante il lockdown ha viaggiato per 14 ore e 600 km per visitare gli stabilimenti e assicurarsi personalmente che i colleghi si sentissero valorizzati e protetti. Quando diciamo che i nostri valori sono le persone, dobbiamo dimostrarlo quotidianamente, soprattutto durante l’incertezza.
2) Startup: possiamo avere un’idea bellissima ma è l’MVP che conta
Il mese scorso ho parlato approfonditamente di pivot e di MVP.
In tanti mi avete chiesto delucidazioni e dettagli e allora ho scritto un post lungo che spiega come si testa un’idea e cos’è un MVP.
Questo è il solito punto di newsletter che dedico alle startup ma non dovete per forza essere una startup per lanciare un prototitpo. Potete essere liberi professionisti oppure lavorare in un’azienda di medie e/o grandi dimensioni e lanciare nuove idee su nuovi prodotti o nuovi mercati con spinoff e laboratori R&D. Tutte queste idee sono soggette all’incertezza di mercato: potreste avere tutta l’esperienza del mondo ma nessuno vi garantirà mai che stiate facendo il percorso corretto e che il vostro prodotto otterrà il successo.
Tra il 70% e l’80% dei prodotti nuovi lanciati sul mercato falliscono. Anche quando c’è un brand, un concept, un design, una tecnologia, un investimento cospicuo.
L’unica modalità che abbiamo per essere sicuri che qualcosa funzioni è testare l’idea. Se avete paura di rischiare la vostra azienda e la vostra reputazione in questi test oppure vorreste semplicemente capire un po’ di più come si fa ho una proposta per voi.
In Uqido stiamo lavorando a un progetto bellissimo: Exploratorium.
Ogni settimana lanciamo un nuovo prototipo e mettiamo a disposizione di una community online tutte i ragionamenti, le analisi, le scoperte tecnologiche che facciamo quando lo progettiamo e lo lanciamo sul mercato. Puoi imparare, curiosare, scoprire nuovi trend, aiutarci a sviluppare le nostre idee scommettendo con noi se falliranno oppure si trasformeranno in prodotti di successo.
Il percorso ha un accesso gratuito con un report settimanale oppure puoi risparmiare una pizza al mese e ricevere report settimanali su marketing, design e tecnologia, scoprendo tutti i dettagli su come sviluppare e lanciare nuove idee, utili sia per imparare dalla pratica come si fa, sia per convincere il vostro capo a farvelo fare.
Curiosi? Ho una prova gratuita di 60 giorni per tutti voi da sbloccare cliccando qui :D
3) How you built this?
L’obiettivo di Exploratorium non è semplicemente quello di aiutare a capire come sviluppare nuove idee, creare nuovi prototipi e ottenere insight su nuovi trend e opportunità di mercato. Il mio obiettivo per questo progetto è molto più ambizioso.
Vorrei tantissimo costruire una community di builders che:
si confronta sulle idee in modo costruttivo,
discute sulle funzionalità e sulla migliore tecnologia da utilizzare,
risponde a domande dal team e dalla community su come risolvere i problemi,
condivide i benchmark da seguire per costruire prodotti digitali fichissimi.
In pratica una vera community di supporto e condivisione per builders sparsi in tutto il mondo. In Italia non c’è ancora un approccio forte sul “fare”.
In questi mesi di settling back ho scoperto che in Italia ci piace molto criticare per il piacere di farlo e sperare che qualche nostro competitor fallisca. Atteggiamenti che francamente trovo tossici e poco utili. Perché da Londra ho imparato che è con la competizione sana che si cresce, e crescono tutti, competitor e leader. Ed è con la condivisione e il supporto che si costruiscono progetti pazzeschi che fanno fare il salto a chiunque, anche a chi non l’ha costruito in prima persona.
Per esempio, questo è un podcast bellissimo che vi consiglio di seguire: how I built this.
E questo è il podcast del mitico Sean Ellis (si quello su cui mi aveva chiesto feedback) che intervista head of Growth e founder di progetti con esperienze molto interessanti.
Ditemi che non sono pazza e che si può fare anche in Italia!
4) Instagram sta vincendo su Twitter per cercare le news
Se come me avete vissuto all’estero o siete utenti dei social media da prima che esistessero i gruppi Facebook, avrete sicuramente un amore per Twitter. L’uccellino azzurro è da sempre il mio compagno fidato in molti caasi e in uno in particolare: trovare notizie. Scosse di terremoto, elezioni politiche, disastri naturali, e molto altro.
Secondo il report 2020 del Reuters Institute Digital News non è più così.
Il 70% degli under 25 usa Instagram, anche se il canale non nasce con lo scopo di condividere le news, tutto grazie ai Milleannials e alla fruizione visual e semplificata delle news.
(Se avete mezz’ora vi consiglio di leggere tutto il report, è davvero fico.)

5) Feedback: perché dovrebbe interessarci darlo e non solo riceverlo
Vi hanno mai chiesto un consiglio su un cambio di carriera o una decisione professionale?
A me lo chiedono spesso e ogni tanto mi domando se effettivamente possa essere la persona giusta per questo tipo di consiglio.
Il libro di Ray Dalio offre diversi spunti su come chiedere consigli e approcciarsi a persone che la pensando diversamente da noi, affermando che spesso il fatto di ottenere risposte diverse è la chiave per essere sicuri di non sbagliare.
Eppure non è facile raccogliere opinioni da persone diverse, perché potrebbero darci risposte che vanno benissimo per noi ma non per chi ci chiede il consiglio. Il rischio infatti è quello che quel consiglio sia troppo tarato sulle nostre esperienze e che invece non rappresenti la loro prospettiva, trasformandosi in un consiglio sbagliato.
Ecco quindi che invece di focalizzarsi sul risultato finale, potremmo cercare di capire qual è il ragionamento alla base di quella conclusione. Focalizzandoci sul ragionamento e non solo sulla conclusione, il feedback diventa a due direzioni, al di là del consiglio finale che poi esce dalla bocca. HBR lo spiega molto meglio di me.
Al prossimo mese, amici!
E se sarete a Campus Party segnatevi il mio speech: 11 luglio ore 15.
Parleremo ovviamente di nuove idee e di prototipi da lanciare!