Ciao e ben trovati amici e amiche.
Anche questa settimana parliamo di startup e stavolta vorrei condividere una riflessione che sto analizzando in particolare negli ultimi mesi, se volete sapere il motivo trovate tutto spiegato alla fine :)
Nel frattempo vorrei anche ringraziare per la fiducia che mi ha dato chi riceverà questo numero per la prima volta e ha deciso di seguirmi in queste riflessioni, fatte di numeri, trend e insegnamenti raccolti nella mia esperienza con startup, soprattutto estere.
Ricordo la mia Learning List per tutti gli approfondimenti di libri, video sui temi di growth e l’archivio dove potete consultare tutti gli ultimi 100+ numeri, dal 2020 ad oggi.
Ma ora partiamo!
Quelle startup ignorate
L’Italia è un bellissimo Paese con un grande pregio/difetto, a seconda della prospettiva che adottiamo per guardarlo: ci piace (e siamo abituati) a definire tutto.
A volte, tuttavia non esce proprio un bel lavoro, per diversi motivi, e il rischio è quello di fare più confusione di prima.
Una delle definizioni con cui mi scontro più spesso riguarda infatti le startup.
Le startup innovative potrebbero essere infatti considerate (circa) come le startup nel mondo internazionale dal punto di vista dell’innovazione, ma attenzione: non puoi essere startup se sei stata costituita più di 5 anni fa 🤯
Se passi quel confine diventi una PMI innovative che vede similitudini lato innovazione ma grandi differenze in termini di fallimento, crediti di imposta e altre questioni.
Ciò significa che se hai fondato una startup che per vari motivi si muove in un mercato lento, in cui la ricerca del modello di business scalabile non è così immediata o la tecnologia non è così avanzata, fai fatica a raccogliere fondi e ti servono almeno 6 mesi per portarti a casa un bando di finanziamento da €50k perché è l’unico modo che hai per continuare a lavorare (il mondo dei VC in Italia finora è solo per pochi, mi ricorda quello in UK del 2013 quindi non lo darei per scontato) parti già in svantaggio.
Non so mai come definire le startup che galleggiano tra l’essere startup e PMI, che non riescono a ottenere fondi e che non riescono a prevedere gli ostacoli che si trovano davanti senza prendere una decisione su come risolverli o come reagire.
Ma credetemi: sono molte.

Oltre a queste impasse burocratiche, ci sono altre considerazioni se allarghiamo il focus alle startup ignorate.
Ogni tanto mi domando perché manchino analisi approfondite su startup e settori diversi da quelli che consideriamo vincenti o semplicemente trendy. In Italia infatti parliamo sempre di fintech, di foodtech, di fashion tech, IoT.
O ci focalizziamo su tutte quelle scale up che hanno chiuso round per poi dimenticarci di analizzare che fine hanno fatto qualche anno dopo. Eppure sarebbe lecito farsi delle domande come quella che mi sono fatta qui e per le quali, purtroppo, non trovo il tempo di fare analisi per trovare risposte.
A mia discolpa posso dire che non voglio fare la giornalista :)

Come ho già scritto in altri numeri, a volte mi manca molto la trasparenza, la semplicità e la velocità di azione di altri ecosistemi, con tutti i pregi e i difetti di approcci che, in modo opposto, non guardano molto alle regole ma ai risultati in modo esclusivamente pragmatico.
Il settore che più viene ignorato in Italia
Tra i settori e spesso i founder che più vengono ignorati in Italia ci sono le startup che cercano di colmare gap sociali o temi di cura sociale molto spesso lanciate da founder donne. Io mi domando spesso: perché?
I temi di silver economy sono importantissimi in tutta Europa. La popolazione invecchia, vive di più e i sistemi di cura pubblica non riusciranno a far fronte a una domanda di servizi che nel 2050 rappresenterà quasi il 30% dei cittadini europei.
In UK startup simili non solo raccolgono milioni, come Lottie che qualche mese fa ha chiuso un round di Series A da €20M per sviluppare una piattaforma in grado di confrontare e aiutare nella scelta delle migliori case di cura, per non parlare di Birdie sulle cure personalizzate grazie alla tecnologia.
In Italia c’è forse uno stigma verso questi temi?
Pensiamo che non parlandone non dovremo affrontare il problema di essere uno dei Paesi del mondo con la popolazione più anziana?
Nel 2022 il 24% degli italiani era 65+.
Perché quelle poche iniziative private che vengono portate avanti in Italia per sviluppare progetti nel social care o che utilizzano tecnologie per risolvere problemi sociali (come gli asili nido o la difficoltà nel trovare baby sitter) non vengono considerate dalla stampa e finanziati da investitori e VC?
A volte mi domando perché in questo Paese è sempre più facile montare polemiche contro politici, comuni, sindaci che non fanno abbastanza piuttosto che metterci in gioco personalmente sviluppando soluzioni.
Mi ricordo quando ero in Taxfix e lavoravo con la nostra agenzia di PR affinché venissero pubblicati articoli sui quotidiani nazionali sulle tasse e sulla necessità di un’educazione finanziaria digitale. Con grandissimi sforzi, a volte riuscivamo a vederne pubblicati uno o due. “A nessuno interessa leggere di temi di questo tipo” erano le risposte che mi tornavano. Perché non possiamo parlare di problemi delle persone e di soluzioni che possono essere implementate grazie alla tecnologia?
Ho cercato risposte analizzando chi sta portando avanti startup nel social care e vedendo la loro fatica, soprattutto se si tratta di founder donne, capisco che lo sforzo che fanno è grande, enorme. E che spesso le fa entrare nel circolo vizioso del “chi me l’ha fatto fare” per cui la mia conclusione è che c’è davvero bisogno di cambiare alcune fondamenta affinché le cose possano un giorno cambiare. Non parlo solo di fondi, che con l’acceleratore NextAge di CDP si sta cercando di incentivare (anche se le startup che ho analizzato passare da lì sono soprattutto health tech), ma di un sistema che metta assieme anche VC, stampa ed eventi per far sì che questo tema diventi trendy come tutti gli altri.
Per esempio, una delle poche che in questo settore è riuscita a raccogliere un round da €1M è Teiacare, ma era il lontano 2018 e i fondi arrivavano dall’Europa con EIT.
Voglio iniziare da questa lista che racchiude moltissime startup che ho visto in questi anni e alle quali vorrei fare il mio in bocca al lupo, sperando che presto le cose cambino.
Le startup italiane che lavorano nel social care
Family+Happy startup lanciata da Cinzia Tessarolo qualche anno fa per aiutare i genitori a trovare la tata ideale, formata e certificata secondo gli standard definiti dalla startup, entro 90 minuti dalla richiesta di aiuto.
Liane Care, piattaforma guidata da Anna Benini che mette a disposizione dei dipendenti delle aziende un ecosistema di servizi di caring aziendale (comprese badanti e assistenti sociali) per supportare l’integrazione tra la vita personale e quella professionale dei dipendenti.
Parentsmile dedicata al supporto genitoriale e alla promozione del benessere psico-fisico a domicilio di tutta la famiglia, che offre servizi medici, formativo-educativi, assistenziali e per il fitness, il tutto in un unico hub, lanciata da Cristina Lucera.
Villagecare guidata da Silvia Turzio per orientare e supportare i figli che si prendono cura dei propri genitori anziani. Le attività di supporto vanno dall’organizzazione delle finanze, alla gestione delle bollette, alle visite mediche, vacanze comprese. Molto simile a Ugo che però è specializzata nei servizi di mobilità allargati anche a persone con mobilità ridotta e disabili.
Nina e UAF offrono un servizio molto simile: mettono in contatto generazioni diverse per supporto, apprendimento o semplicemente per passare del tempo assieme.
Amaliacare per trovare facilmente persone per l’assistenza anziani a casa e badanti.
Homes4All che lavora per colmare il gap abitativo favorendo la rigenerazione urbana.
Cocooners che lavora sui servizi di intrattenimento e di vita attiva per chi è 60+
Parentube per aiutare i genitori nella crescita dei figli con percorsi di apprendimento ad hoc e nel rispondere a domande precise.
Tutte le startup che forniscono prodotti ad hoc per la cura e la crescita dei bimbi. Da Family Nation a Ettomio e Faba.
✍️ Tutte le startup che assumono in Italia questa settimana
🔗 L’incubatore Eatable Adventures cerca Food Sector- Strategy & Innovation Consultant a Verona
🔗 DaVinci Salute startup healthtech italiana cerca Strategic Partnership Manager - Virtual Care a Milano
🔗 FamilyNation cerca Sales Commerciale B2B a Firenze
🔗 Netflix assume Sales Partner - Italy a Milano
🔗 Electra scale up francese nella mobility cerca Head of Growth - 🇮🇹 per l’Italia a Milano
🔗 Family+Happy cerca Sales, Customer care e recruiting a Torino
🔗 Scalapay cerca Chief Marketing Officer a Milano
🔗 Deliveroo cerca Brand & Media Specialist a Milano
🔗 Idealista assume Digital Marketing Strategist - Italian Speaker a Milano
🔗 Glovo cerca Business Analyst Marketing & Growth - Italy a Milano
Vi starete domandando perché sto condividendo quest’analisi su questi temi particolari?
Oltre ad essere temi che mi interessano, tra qualche settimana si allargherà la mia famiglia con una baby startup pronta pronta ad uscire dall’incubazione :)
Per cui, come tutti i progetti lavorativi che sto seguendo, anche questo si prenderà qualche mese di pausa, perché la baby startup avrà bisogno di tutte le mie attenzioni.
Ci risentiamo sicuramente prima dell’estate, portate pazienza :)
E se avete altri nomi da aggiungere a questa lista, sono tutta orecchie.
Grazie e a presto!
Alessia
La baby startup più dolce è in fondo alla NL