Ciao amiche e amici,
ed eccoci a un nuovo numero di questa mia newsletter che ci accompagna ormai da 5 anni: Startup Stories.
Vorrei continuare a parlare di crescita internazionale perché credo che in questo Paese ce ne sia estremo bisogno. Vi è piaciuto questo approfondimento dedicato alla crescita internazionale?
Troppo spesso ho notato, che fare una vacanza o vivere 3 mesi all’estero consente di esprimere un’opinione, spesso critica, su chi ci ospita.
Perché invece non imparare?
Una riflessione che nasce da un viaggio con BlaBlaCar fatto 3 mesi fa.
Da Milano a Seattle passando per Londra
Volevo tornare dai miei per un weekend qualche mese fa e visti i prezzi dei treni che continuavano ad aumentare avevo deciso di usare Blablacar, non era la prima volta.
Mi trovo con il driver a una fermata della metro a ovest della città, aspettiamo che arrivino tutti i nostri compagni di viaggio e partiamo. Partono le presentazioni: io, due studenti e il guidatore un tizio sui 55, con un passato nella consulenza e da un paio di anni in una startup. “Scusami ho una call con Seattle” gli dico e inizio questa conversazione con una founder di una startup health tech americana che sta lavorando per aiutare le donne con dolore pelvico cronico.
Dopo 45 minuti torno all’auto e dopo qualche domanda sul mio lavoro, inizio a raccontare della mia vita in UK e del mio lavoro cross-border, spesso estero.
“Anche io ho lavorato con team tedeschi e inglesi, questi ultimi li ho spesso trovati fetenti, sempre pronti ad approfittarsene”.
Non era la prima volta che sentivo giudizi del genere. Iniziano le mie domande. Hai mai vissuto all’estero? Su che base hai fatto questo pensiero? Mi fai un esempio?
90 su 100 chi formula questi pensieri non ha mai vissuto all’estero ma ha vissuto la situazione di collaborazione con team di culture diverse, senza capirne le difficoltà. A volte nemmeno collaborandoci.
Mi ha fatto alcuni esempi.
E me ne sono uscita con una considerazione simile a questa 👇
🇮🇹 Noi italiani siamo amiconi. Ci piace andare d’accordo. Siamo disposti a dilatare i tempi pur di non entrare in disaccordo tra di noi. Siamo in genere molto emotivi, sia per le questioni positive che per quelle negative, come i grandi drammaturgi.
🇬🇧 Gli inglesi non ti diranno mai quello che pensano davvero perché non vogliono mancarti di rispetto o offenderti. Però vogliono anche essere efficienti e definire le tempistiche da rispettare. Se non le rispetti, ti danno un feedback negativo e se tu li ignori lo scalano con la gerarchia sopra di te.
🇺🇸 Gli americani sono amiconi, sanno supportare ma anche essere molto pragmatici, sono persone di business. Lasciano le emozioni negative fuori dai giochi perché nel business non servono. Lavorano con quelle positive per cui non sono mai critici.
Ovviamente è una semplificazione perché non potevo fare un monologo.
Tuttavia quello che mi premeva era portare degli insight alla conversazione che non fossero basati solo sulle opinioni di chi aveva lavorato qualche mese in un progetto internazionale. Io portavo considerazioni ed esempi basati sul lavoro in moltissimi progetti con team internazionali, per cui ho imparato presto cosa significasse avere sviluppatori in USA e decision maker a Londra. Ho inoltre imparato molto presto a fare quello che in inglese si chiama “reading the room” per fare in modo non solo che le decisioni fossero prese ma che la comunicazione fosse chiara in mezzo a tutta questa diversità.
Come imparare a fare “Reading the room”
Noi italiani siamo davvero poco bravi a stare zitti ed ascoltare, eppure per essere efficaci a collaborare con gli altri dovremmo proprio partire da noi.
Non per forza c’è qualcuno che vince e qualcuno che perde nelle negoziazioni: c’è anche chi impara.
Da quando ho capito 10 anni fa che uno dei miei driver è imparare, ho iniziato ad ascoltare molto di più, così la mia comunicazione è diventata più efficace e strategica. Ed ho imparato a capire molto meglio le differenze culturali internazionali e i loro driver, lasciando le mie emozioni fuori dai giochi e ragionando molto di più tramite fatti, dati e ipotesi.
5 step grazie ai quali ho imparato a “leggere la stanza” e a capire i miei colleghi:
1. Presta attenzione a cosa dicono e soprattutto a cosa fanno le persone con cui sei. L’obiettivo non è solo capire cosa dicono ma qual è il loro mood, la loro motivazione personale, il loro modo di fare e i loro obiettivi strategici.
2. Controlla quanto parli. Se parli troppo non puoi osservare, e in questa situazione diventa fondamentale ascoltare. Fai delle pause per capire a cosa sta pensando l’altra persona. Fai delle domande. Fai in modo che le persone insieme a te possano essere ascoltate. L’autorevolezza non si costruisce con i meeting di 45 minuti dove parla solo quello che vuole essere il capo, senza dare a nessuno la possibilità di esprimersi oltre al sì.
3. Interpreta le tue osservazioni. Fondamentale a questo punto è quello di definire delle ipotesi sulle persone che sono con te nel gruppo. Quali sono le loro motivazioni e i loro obiettivi? Cosa succede nelle loro vite personali e nel loro lavoro? Quali sono le ragioni che li spingono verso certe considerazioni? Quanto più impariamo a capire come pensano quanto più lavoreremo e comunicheremo meglio con loro.
Cerca di lasciare fuori le tue percezioni e i tuoi giudizi, soprattutto se emotivi. Non serve pensare se ci piace o no una persona che lavora con noi perché, come dicono gli americani, non è utile a fare business e a essere lucidi nelle decisioni strategiche.
4. Analizza le tue ipotesi. Quando hai alcune spiegazioni su come e perché le persone adottano certi comportamenti, confronta le tue osservazioni. Puoi continuare a raccogliere informazioni oppure puoi creare dei modelli per verificare quello che ti aspetti faranno o diranno queste persone. Se quello che fanno è diverso da queste ipotesi, puoi cercare di indagare con conversazioni one-to-one per capire quali sono le emozioni o le motivazioni che le hanno spinte a dire o fare certe azioni. L’obiettivo non è fare gossip ma imparare, per cui è fondamentale creare un ambiente psychologically safe e fare domande aperte - non aspettiamoci che questa situazioni succedano da subito.
5. Trasforma le tue ipotesi in realtà ricordandoti del contesto culturale. Ora che conosci molto meglio le persone che collaborano con te, puoi provare a risolvere situazioni emotive usando esempi culturali o l’humour. In ogni contesto ci sono dei cliché che se usati nel modo corretto rilassano e creano empatia. Fondamentale ricordarsi delle diverse sensibilità e dei punti di forza ognuno, focalizzandosi su questi ultimi piuttosto che su quelli negativi che potrebbero diventare offensivi se interpretati nel modo sbagliato. Spesso sono entrata in meeting dove “l’italiano o lo spagnolo erano in ritardo” ma è stato sempre gestito pensando che ciò concedeva a tutti 3 min per farsi un caffè o preparare l’agenda del meeting.
Puntare il dito o giudicare non aiuta nessun team di lavoro a lavorare bene. Ricordiamocelo.
Come questa competenza ci aiuta nelle scelte?
Devo dire che imparare e applicare i modelli che avevo sviluppato sulle diverse persone mi ha aiutato molto in alcune scelte.
Per esempio, quando ho deciso di fare un corso di public speaking con un’attrice americana perché ho capito che il loro public speaking è tra i migliori del mondo. Quando al mio primo speech in Italia pensavo che nessuno mi stesse seguendo perché non avevo ancora fatto una battura che smorzasse l’aria, la situa era troppo scolastica e senza humour non creavo empatia. Oppure quando ho deciso di iniziare un corso di growth product management con un’academy svizzera il cui piccolo ecosistema tech è pesantemente influenzato dalla cultura anglosassone, iper pragmtatica e business-driven.
Ma questo ve lo racconto la prossima settimana.
ps: ovviamente non sempre la realtà combacia con i miei modelli: le persone sono diverse e si impara sempre quando si ha che fare con gli umani. Per fortuna! Ecco perché adoro fare il mio lavoro, ad ogni lancio di un prodotto tech su un nuovo mercato, imparo sempre qualcosa di nuovo!
ps: se volete approfondire c’è un bel libro che parla di questi argomenti, è in inglese e si intitola “How to Be Happy at Work” di Annie McKee ma anche The Coaching Habit è un’ottima risorsa. Li trovate linkatI tutti nella mia LEARNING LIST. 🧠
✍️ Tutte le startup che assumono in Italia questa settimana
🔗 HelloFresh cerca [LAUNCH] Head of Downstream Operations a Milano
🔗 Colvin scale up nel mercato delle piante a domicilio cerca Country Director Italia
🔗 Deel scale up in HR tech assume Head of Marketing in remoto
🔗 Airalo scale up nelle e-sim cerca Growth Director (Europe & CIS) in remoto
🔗 shipcloud startup DE nella logistica digitale assume Country Marketeer Italy a MI
🔗 Mapp scale up nelle ricerche di mercato cerca Campaign Manager a MI
🔗 Qaplà startup italiana che ha appena chiuso un Series A da €5M cerca VP of Sales
🔗 Shopfully scale up italiana recentemente acquisita da Media Central Group assume Programmatic Specialist in remoto
🔗 MotorK scale up italiana nell’automotive cerca Marketing Technology Specialist
🔗 Scalapay cerca Affiliate Marketing Operations Specialist a Milano
🔗 Circles startup FR nel femtech cerca Country Manager Italy a Milano
🔗 Starting Finance startup sull’educazione finanziaria cerca Copywriter per adv
🔗 Family Happy cerca consulente per progetti di growth e CRO *scrivetemi se interessa
Se sei una donna e hai 10 minuti c’è una bellissima iniziativa di Fondazione Libellula per raccogliere dati & insight sullo stato dell’equità di genere nel mondo del lavoro. Link qua!
Ci sentiamo domenica prossima che anche se è la vigilia di Natale vorrei raccontarvi com’è andato il mio corso di Growth Product Management che è appena finito! Sempre che non mi trasformi in un elfo di Babbo Natale :)
Alessia
Tantissimi spunti super interessanti come sempre, grazie.
Ho sempre pensato che i migliori manager fossero quelli che sapessero applicare queste 5 regole. Grazie Alessia per avercelo ricordato!