C’era una volta un’azienda che, per aumentare le vendite dei propri frappé, decise di fare qualcosa di diverso rispetto allo sviluppo di nuovi gusti e all’avvio di promozioni basate sul prezzo.
Chiamò un team di ricercatori per comprendere meglio i propri clienti; invece di indagare le loro preferenze sul prodotto, cercarono di capire le motivazioni che spingevano i loro clienti a consumare il prodotto.
Quando preferivano bere il milkshake? In che occasione?
Qual era la loro sensazione o emozione prima e dopo l’acquisto?
Perché preferivano consumare quel prodotto in quel determinato contesto?
E soprattutto: perché rispondere a queste domande fa aumentare le vendite?
Quell’azienda era McDonald’s (ma non è l’unica)
L’azienda in questione era McDonald’s e quel team di ricercatori era guidato da Clayton Christensen. La ricerca rivelò che molti clienti non acquistavano un milkshake pensando semplicemente a un frappé, ma con l’obiettivo di uno spuntino mattutino per sentirsi sazi e intrattenersi durante lunghi tragitti in auto.
Grazie al framework "Jobs to be Done" sviluppato e applicato da Christensen, il team comprese che il miglioramento del prodotto non doveva riguardare solo il sapore, ma allinearsi all’esigenza specifica dei consumatori. Così, i milkshake divennero più densi e di formato più grande per rispondere al bisogno, entrando in competizione non solo con altri frappé, ma anche con snack come brioche e sandwich.
Un altro ottimo esempio è Spotify.
Quando Spotify ha lanciato il suo servizio, si è fatta conoscere non solo come un modo per ascoltare musica, ma come la piattaforma per un’esperienza musicale senza interruzioni, adattata ai gusti personali dell’utente.
La loro strategia basata su playlist personalizzate (come “Discover Weekly”) che suggeriscono musica basandosi sugli ascolti precedenti, differenzia l’esperienza del prodotto digitale di Spotify dai tradizionali servizi di acquisto di musica, trasformandola in uno strumento quotidiano di scoperta musicale e intrattenimento su misura.
Un altro esempio è Substack: ne abbiamo parlato anche due anni fa, quando ha cominciato a diventare conosciuto e famoso.
Posizionandosi come “il miglior tool per le newsletter,” è riuscito a a farsi spazio nella mente dei consumatori ed emergere tra i competitor per la facilità di utilizzo, al valore della sua growth engine per l’acquisizione di nuovi lettori senza sforzi e alla disponibilità di un piano gratuito accessibile.
Come posizionare la mente del consumatore sul tuo prodotto (o servizio)
Come definire quindi questa strategia di differenziazione di prodotto?
Si chiama posizionamento e serve a raccontare perché quel prodotto è unico e diverso rispetto alle alternative presenti ossia i competitor.
Si parte dalle funzionalità e si cerca di collegarle ai “need” del consumatore. Fondamentale diventa quindi conoscerli, quei need.
Ma non solo.
Il posizionamento è quel processo strategico con cui si definisce quale spazio il prodotto occupa nella mente del consumatore rispetto alla concorrenza.
Per lavorare sul posizionamento è necessario creare un racconto intorno al prodotto che risponda a domande chiave del cliente come “Perché dovrei usarlo?”, “Quali problemi risolve per me?” e “In cosa migliora la mia vita o il mio lavoro?”.
Altro fondamentale è che il prodotto funzioni bene.
Lavorare sul posizionamento significa trasformare la complessità di un prodotto in un messaggio semplice e chiaro, spiegando non solo come si usa in modo breve ed efficace, ma anche perché è importante per il cliente e qual è il vantaggio rispetto a quello dei competitor.
Quando si sviluppa un nuovo prodotto, quindi non si dovrebbe solo lavorare sulla comunicazione di brand ma saper comunicare efficacemente anche l’utilità del prodotto e chiarire il suo posizionamento sul mercato: qui entra in gioco il marketing di prodotto.
La cosa divertente del marketing è che si può sempre trovare un modo affinché il prodotto sia utile per il consumatore. La cosa meno divertente del marketing è che, se la funzionalità richiesta dal cliente affinché ci sia valore non c’è, beh, non è compito del marketing inventarla.
Le competenze di chi fa marketing di prodotto
Dopo 10 anni a fare principalmente marketing + growth, quasi un anno fa ho deciso di focalizzarmi a fare product marketing in Qonto.
Per qualcuno sarà sembrato un “tornare indietro” nella mia carriera, poiché sono passata da gestire team in startup e scale up a un ruolo da manager (quello che in gergo tecnico si chiama “individual contributor"). Ma per me si è trattato di un fondamentale “passo laterale” ossia una progressione orizzontale.
Nel 2024 sarei anche un po’ stufa di queste progressioni solo verticali in carriere lineari, no?
Non credo di dire niente di nuovo quando dico che il marketing è sempre più complesso, le persone che ne sanno davvero sono sempre meno e le richieste e le aspettative delle aziende sono sempre più alte. Per cui, in media ogni 2-3 anni i ruoli dei CMO saltano.. e non perché i CMO siano diventati meno bravi e brave :)
Inoltre devo dire la verità: un po’ mi ero stancata di fare la capa* marketing.
Alla fine sono sempre più o meno le solite attività, nei soliti canali, con i soliti problemi, al di là della dimensione dell’azienda in cui operi.
Negli ultimi anni ho sviluppato una grande passione per il prodotto e avendo sempre fatto product marketing grazie ai lanci dei nuovi prodotti fatti con le startup early-stage ho deciso di affinare le mie skills in un ruolo in cui avevo sempre operato ma che non avevo mai affrontato in modo verticale, quello del product marketing.
Chissà magari un giorno passerò al prodotto. Ma intanto queste sono alcune skills che ha chi fa product marketing rispetto a un ruolo da marketing manager.
Bello avere un brand riconosciuto e contenuti con un alto engagement.
Tuttavia non basta per spingere il prodotto.
Una strategia di product marketing chiara e collegata ai bisogni dei clienti UNITA a una strategia di brand fa la differenza in una startup che continua a migliorare e innovare il proprio prodotto (o servizio).
Perché grazie al brand si viene notati, ma è il marketing di prodotto che spinge nuovi clienti a testare, adottare e continuare a usare quel prodotto. Ed è sempre il marketing di prodotto che non si dimentica dei clienti vecchi e dormienti.
*solidarietà a tutte le cape nei loro settori.
Non devi per forza essere un product marketer per fare product marketing
Se mi avete letto fino a qua vi meritate un applauso.
Ve lo meritate doppio se avete lanciato un prodotto e avete sempre chiesto feedback ai vostri clienti (e prospect) per capire come lo usavano e come migliorarlo.
Questa è un’attività alla base del prodotto e di chi fa growth, per cui ne ho sempre parlato e non serve essere in un ruolo da product marketing per farlo.
Tuttavia se fate product marketing è impossibile che non lo facciate.
E se non lo fate chiedetevi se siete effettivamente dei product marketing manager.
Anche l’Estetista Cinica fa product marketing
Il nuovo sito dell’Estetista Cinica è andato live la settimana scorsa ma prima del go live ufficiale la brava imprenditrice ha pianificato un crash test in cui chiedeva alla sua community di loggarsi e di acquistare prodotti in una sorta di flash sale.
Sono cose che impari a testare dopo le numerose volte in cui ti succedono casini per l’alto traffico, anche quando il tech team ti dice di stare tranquilla, provato anche io diverse volte :)
Io mi sono loggata e ho seguito la questione perché oltre ad amare alcuni dei suoi prodotti, era un bel case per me e chi fa product marketing: per quanto l’e-commerce di Vera Lab fosse uguale in termini di contenuti era un nuovo go-live quindi un caso studio molto interessante.
Purtroppo per la cinica il sito non ha retto il crash test, non ti preoccupare Cinica, succede! Succedeva anche con le uscite dei giochi di PlayStation, normale amministrazione :)
Quello che ha fatto dopo mi è piaciuto parecchio, perché, invece di lasciare tutto ai tecnici si è messa in prima persona a raccogliere feedback per capire cosa funzionasse e cosa no grazie alla sua super community.
Il suo obiettivo era capire i problemi per poi passarli al CS. Spero che il CS una volta ricevuti oltre a risolverli per il customer li passasse anche al team tech, in modo da capire con quali quick fixing e quali soluzioni a medio termine implementare :)
Che cosa ne pensate del marketing di prodotto? Lo conoscevate?
Per chi mi aveva commentato e scritto in privato su LinkedIn in merito alle strategie di go-to-market sappiate che le strategie di prodotto sono proprio collegate a quelle di brand perché sono i due pezzetti fondamentali per andare forti e sicuri su nuovi mercati.
Lasciatemi i vostri feedback che così so se e come continuare a lavorarci!
3 link interessanti per la vostra reading list
Ogni tanto mi domando se devo essere felice o preoccupata per Satispay, questo articolo mi fa capire che a volte il giornalismo italiano critico sulle startup è vivo! 😍
Una bella intervista a Melanie Perkins, founder di Canva, che racconta come hanno implementato Dream Lab, il nuovo tool di Gen AI (nato dall’acquisizione di Leonardo AI).
Quando una scale up chiude non c’è mai solo un errore, una bella riflessione su cos’è andato storto in Babylon Health, la scale up UK in health tech crashata nel 2023 dopo essere andata in IPO nel 2021 a una valutazione record di £4mld (ne avevamo parlato qua)
Vi ringrazio di avermi letto fino a quI!
Per chi c’è a SMAU ci vediamo la settimana prossima.
Per tutti gli altri ci risentiamo tra un paio di settimane, a meno che non arrivi qualche zucca di Halloween a rapirmi.
Alessia
ps: oggi è l’ultimo giorno per candidare la propria startup alla call di Power Up by Qonto, qui il link con tutte le info
pss: oggi è anche l’ultimo giorno per candidare la tua idea al percorso di mentoring gratuito organizzato da ESCP Business School, con un percorso ibrido in aula a Torino e online in inglese, tutte le info qui
Scusate per i typos ma ieri sera, oltre a finire questa newsletter, ho dovuto gestire i pianti per i dentini di mia figlia: nella versione web li trovate corretti!