Il fatturato è una metrica per le startup?
Farsi le domande giuste è più importante delle risposte.
Sono appena tornata da SMAU e da quasi una settimana a Londra.
🇬🇧 Un posto che sarà sempre una seconda casa per me. L’ultima volta ero passata l’anno scorso ma stavolta ho deciso di prendermi del tempo per rivedere posti, amici, colleghi ed colleghe: Kings Cross è irriconoscibile, così come Tottenham Court Road.
Quindi, cosa stai facendo adesso?
Mi è stato chiesto. E io non ho avuto paura di dire che mi sto prendendo tempo per me, per i miei obiettivi di learning e ricerca personali. Non è stato facile, perché tempo fa l’avrei visto come un rallentamento. La narrazione non lo prevede. Ottieni promozioni, cresci. Ricevi offerte, cambi. Fai corsi, impari. E repeat. Invece oggi sono conscia sia uno stop per andare più veloce dopo.
Ho passato poco tempo in passato a pensare se quegli obiettivi per cui tanto lottavo fossero quelli giusti per me.
“Cambieresti qualcosa se tornassi indietro a 4 anni fa, quando eri ancora qui?”
No, è stato bello così. Però cambierei me. Sto imparando tante di quelle cose su di me in questi mesi che mi domando com’è possibile non me ne fossi mai accorta prima. Per la prima volta nella mia vita non sono skills relative a progetti. La mia North Star Metric continua a indicarmi la direzione da prendere e va bene così.
😋 Che bello tornare a cena nei ristoranti iconici che più mi mancavano come questo indiano del Punjabi, mio riferimento per qualsiasi altro cibo indiano che incontrerò in vita, e moderare panel parlando di startup e venture capital nell’ecosistema che mi ha visto nascere e crescere. Ed è proprio a Londra che ho iniziato a scrivere questo numero: partiamo!
Quali sono le metriche che indicano la strada?
Come da sempre faccio alle fiere, ho incontrato e mi sono confrontata con startup, principalmente italiane. Spesso inizio con domande e finisco in consigli gratuiti. Tanto non li fatturo ed essendo ferma lì, tra un panel e l’altro, utilizzo il mio tempo per allenare la mia curiosità. Quello che mi ha colpito in questi anni in Italia è la risposta alla domanda come sta andando. In Italia tutti i founder e le founder in genere rispondono con indicazioni di fatturato annuale o di clienti corporate con cui hanno iniziato dei pilot. All’estero pochissimi considerano il valore del fatturato.
Perché?
Parlare di fatturato non sempre ha senso.
E magari non è nemmeno la metrica di riferimento. Per esempio in settori dove servono grossi investimenti in R&D prima di iniziare. È molto più complesso creare un business in health tech rispetto a una piattaforma di learning B2C. Compararle nel fatturato potrebbe non avere senso.
Le metriche dipendono inoltre dallo stage della startup. Per chi è in seed sono estremamente diverse rispetto a quelle di chi è in series A o in Series B.
Gli investitori bravi fanno proprio questo. E quindi dovremmo iniziare a farlo anche noi. Provo a condividere qualche idea con la certezza che non c’è MAI una regola unica e sempre giusta.
Come scegliere le metriche giuste: in che fase siete?
1. Metriche per Startup in pre-seed o seed stage
Quando le startup sono in seed significa che stanno testando problema e soluzione. Potrebbe non esserci nemmeno un prodotto. Oppure il prodotto potrebbe essere un MVP o un prototipo. Quindi se qualcuno vi chiede qual è il fatturato o qual è la traction non dovete sentirvi in imbarazzo perché spesso la domanda è sbagliata.
Le metriche su cui le startup seed dovrebbero focalizzarsi sono:
- ↗️ la grandezza del mercato, il trend di crescita e i competitor;
- ⚧ la forza del team e dei primi profili assunti;
- ©️ l’analisi del founder-market-fit, ossia: l’esperienza precedente del team di founder fa sì che siano le persone più focalizzate, brave e determinate per risolvere quel problema e sviluppare quella soluzione in quel mercato?
- 💲interesse e definizione dell’Ideal customer profile (ICP). Ci sono dei dati che dimostrano che quel segmento ha quel problema e vuole quella soluzione? Potrebbero essere anche dati di fatturato ma quello che conta è la crescita mensile o annuale non il valore assoluto. Se ci sono già costi di acquisizione è interessante ma non essenziale. Se ci sono dati sull’utilizzo del prodotto da parte degli utenti ottimo!
- 🔮 qual è la strategia di prodotto a breve e medio termine? Come si vuole creare e scalare il prodotto? Come si evolverà?
Se si vuole creare un business che cresce, che si ripete in molteplici mercati in modo efficace e sostenibile, NON BASTA chiudere i primi 3 contratti dimostrando che c’è un mercato. Il mercato deve essere grande e potenzialmente in crescita.
Le valutazioni riguardano le aspettative sul futuro, non si basano su quelle attuali.
State costruendo un’auto e allo stesso tempo la state facendo andare in prima corsia in autostrada. L’obiettivo è capire come far girare il motore a tutta velocità, non assicurarvi di avere abbastanza carburante per farla andare. Immaginate che il fatturato sia come il misuratore della velocità, vi fa capire se state andando veloce ma non sapete se il motore reggerà.
Se il vostro focus è quello di chiudere contratti perché siete focalizzati sul fatturato potreste essere una PMI (e non ci sarebbe nulla di male) ma non siete una startup.
2. Chi è in Series A cosa dovrebbe guardare?
Le startup che arrivano al Series A devono dimostrare la traction e la crescita: il fatturato, il totale del venduto oppure il gross margin. In questa fase il fatturato comincia a essere importante ed è necessario crescere, non solo in termini di revenue (senza dimenticarsi della profitability e dell’equilibrio tra costi/ricavi, se bruciate cassa significa che aumentano più velocemente i costi dei ricavi e la metrica da guardare è il burn rate).
L’auto va sempre meglio, non serve più che continuiate a fermarvi in area di sosta per controllare se il motore regge. Avete capito come farlo funzionare a diverse velocità e qual è il combustibile migliore!
In gergo tecnico si dice che è stato raggiunto il product-market fit.
In genere si guardano tre metriche per capire che ce l’abbiamo fatta: una forte crescita del fatturato e del fatturato per utente (bilanciato dai costi di acquisizione sotto controllo misurati dal Customer Acquisition Cost - CAC senza dimenticare il Customer Lifetime Value - LTV), una forte retention e un utilizzo significativo del prodotto da parte degli utenti. Se non avete raggiunto il product-market fit in genere lo sapete guardando soprattutto la retention.
3. Chi è in Series B cosa dovrebbe guardare?
Quando si arriva in Series B non si può più sgarrare: ecco perché è fondamentale fare bene i passaggi precedenti. Se la startup è in questa fase, state aprendo nuovi mercati, lanciando nuovi prodotti e forse anche acquisirete altre aziende.
Siete in piena fase di crescita!
È fondamentale dimostrare la solidità di mercato, del prodotto e del business e la profittabilità. Il CAC e il LTV sono ancora più importanti dello stage precedente.
La macchina funziona, avete dimostrato che l’auto che avete costruito va sempre più veloce in autostrada: ora non si fermerà più, il motore regge e il carburante lo alimenta nel modo giusto. Ora bisogna accertarsi che vada avanti e generi profitto.
Non si guarda più solo alla performance futura ma soprattutto a quella attuale. Ecco perché diventano fondamentali revenue, annual recurring revenue (fatturato ricorrente che dimostra la crescita) gross margin, ed EBITDA.
BONUS: E le metriche per le startup che si autofinanziano?
Aggiungo questa riflessione perché in Italia non sono poche le startup che non ricorrono a capitale esterno, per cui è più difficile capire in che stadio sono e quali sono le metriche. I classici business bootstrapped. Per semplificare, potrei dirvi che le metriche da guardare e il percorso evolutivo sono uguali, solo che è meno definito.
Vi consiglio questa bella intervista a Doug Leone, Partner di Sequoia Capital, uno dei fondi VC più fighi del mondo fatta da MadeIT (in inglese).
Al minuto 43:41 la domanda che arriva è: preferisci startup bootstrapped con crescita più lenta ma profittevoli o startup che crescono velocemente ma più incerte nei profitti?
La story di chi l’ha lanciata (la startup)
Questa settimana vi presento UNGUESS, scale up italiana che si occupa di app testing e che nel 2022 ha chiuso un series B da €10M. Cosa possiamo imparare? Al microfono con il CEO, Luca Manara.
[Spoiler: c’è tanto lavoro di test sul prodotto, ne abbiamo parlato la settimana scorsa]
- Come siete nati e cos'avete fatto nel vostro primo anno di vita?
UNGUESS è nata come AppQuality nel 2015 all’interno del centro di ricerca “Mobile Lab” del Politecnico di Milano e di Cremona. Eravamo in tre - Edoardo Vannutelli, Filippo Maria Renga e io. Siamo nati dall’idea di poter migliorare la qualità delle mobile app sui marketplace chiedendo agli utenti di testarle e trovarne i difetti di funzionamento. Il primo anno è stato quello delle sfide più importanti: affinare il pitch, conquistare i primi clienti e convincere gli investitori. Abbiamo definito le caratteristiche principali della nostra soluzione tecnologica e ci siamo concentrati sul test di app mobile. È stato il momento più entusiasmante perché abbiamo visto nascere e prendere forma qualcosa che prima era solo una nostra idea, passando dalle slide al riscontro del mercato.
- Come le domande che fanno gli investitori: perché voi?
UNGUESS è uno dei pochi player nel settore delle soluzioni crowd-based a integrare test di Software Quality (per la ricerca di bug e difetti di funzionamento), User e Customer Experience e Cyber Security.
Negli anni abbiamo capito che per i clienti che serviamo il vero valore è quello di essere accompagnati verso il successo del proprio prodotto, piuttosto che avere a che fare con soluzioni self-service. Abbiamo quindi creato un team di customer success di altissimo livello, che segue il cliente passo dopo passo.
E poi perché, in fondo, quello che facciamo è piuttosto semplice: individuiamo il tuo utente-tipo con estrema precisione, lo coinvolgiamo nei nostri test e, lo portiamo all'interno di decisioni strategiche per il tuo prodotto digitale.
Siamo in grado di costruire pool di tester sulla base di fattori anagrafici (età, genere, collocazione geografica), preferenze o abitudini d'acquisto (ad esempio, se hanno acquistato un certo tipo di elettrodomestico nell'ultimo anno solare).
- Come siete passati dai primi clienti al Series A? Quali sono state le sfide?
Oltre a quelle legate all’acquisizione dei clienti per una veloce verifica della traction sul mercato, la sfida principale è stata quella di costruire un team di professionisti, mantenendo alta la motivazione di tutte le persone e tenendo al tempo stesso i costi sotto controllo.
- Cosa faresti di diverso se tornassi indietro a quel periodo?
Mille cose e al tempo stesso nessuna! Le prime fasi di una startup sono un rito di passaggio fondamentale, un banco di prova per capire se è un tipo di percorso che fa veramente per te e per le persone che stanno percorrendo quella strada con te. Sono contento di tutti gli errori fatti, delle cose che ho imparato e di quelle che ancora devo imparare, perché in qualche modo sono quelle che hanno permesso ad UNGUESS di diventare quello che è oggi.
Qualcuno dice che fare startup è come lanciarsi da un dirupo senza paracadute e costruirlo prima di colpire terra, niente di più vero! Quindi una cosa che farei diversamente è cercare di parlare il più possibile con chi ha già fatto la stessa esperienza: i consigli di chi ci è già passato sono oro nella fase iniziale per essere veloci e non commettere errori.
- È stato più difficile chiudere un seed, un Series A o un Series B?
Tutti e tre i round presentano sfide e opportunità di crescita uniche, e ognuno è “difficile” a modo suo. Nel seed round la sfida principale era riuscire a comunicare un’idea ancor prima di avere una reale validazione dal mercato. Nel Series A iniziare a far vedere una solidità economica e organizzativa. Il Series B è stato quello che ha richiesto il lavoro più ampio ed esteso, essendo tra 2022 e 2023 a cavallo del conflitto in Ucraina e subito dopo aver portato a termine il rebranding: è stato un bel banco di prova. Il riconoscimento di investitori così esperti e importanti ci ha davvero aperto la strada a un futuro di crescita ambizioso.
- Com'è cambiato il vostro prodotto per scalare il mercato e crescere in questa fase?
L’elemento che più ha guidato la crescita del nostro prodotto è stato il feedback dei clienti: nel confronto diretto con loro abbiamo potuto raccogliere e implementare i maggiori spunti di crescita. Estendere il prodotto dalla Software Quality includendo i servizi di User Experience e quelli di Cyber Security ha funzionato particolarmente bene: l’aggiunta continua di tipologie e metodologie di test ci ha permesso di essere sempre top of mind dei nostri clienti, rimanendo innovativi, e aggiungere stream di revenue. Tuttavia è stato faticoso perché non è stato facile mantenere la comunicazione interna funzionale e allineata ai ritmi di sviluppo.
Abbiamo anche cercato di creare una soluzione sempre più user friendly e che incontrasse le richieste dei nostri clienti. Abbiamo anche capito che il Customer Success è un elemento fondamentale e che quindi una crescita guidata esclusivamente dal prodotto e dalla sua adozione (Product Led Growth) non era la soluzione migliore per i nostri piani.
- Com'è cambiata la struttura dell'azienda negli anni?
Siamo cresciuti parecchio, oggi siamo più di 90 persone dislocate un po’ in giro per l’Europa. La struttura si è arricchita di nuove funzioni aziendali che hanno acquisito sempre maggiore autonomia: oltre ai team di Sviluppo, Sales e Customer Success abbiamo aggiunto un team Marketing per supportare la crescita del brand e lo sviluppo di nuove opportunità. Il team Community è quello che gestisce i rapporti con il nostro Crowd, mantenendo elevato il livello di motivazione ed engagement dei nostri TRYBER. Il team Operations, ultimo arrivato, ha la responsabilità di garantire l’efficienza dei costi delle nostre campagne di test e dei servizi che offriamo. Abbiamo poi un team Data che si occupa di raccogliere, analizzare e rendere azionabili i tantissimi dati che emergono ogni giorno dall’utilizzo della piattaforma.
- Qualcos'altro che vuoi raccontarmi e non ti ho chiesto?
Penso che la pandemia, la guerra, il mercato in continuo cambiamento rendano più forte chi riesce ad adattarsi e diano una grossa opportunità alle startup italiane rispetto a quelle americane. C’è lo stesso livello di talento senza niente da invidiare ai colleghi americani. E come dice Nerio Alessandri, fondatore di Technogym, abbiamo l'“imbestio”(*) non è più necessario essere “in the Valley”.
Tutto dipende da noi: per aspera ad astra.
(“il graffio della tigre, l’energia che non ti fa fermare di fronte a nessun ostacolo, la curiosità vigile, come il fiuto di un predatore, che ti rende pronto a cogliere ogni più piccola opportunità”)
È il momento di dire addio a 👋
👉 Vice Media, la voce più ribelle e originale nell’editoria di poco precedente ai social media, brava a raccontare il mondo con servizi particolari per i Millennial, servizi che sembravano stupidi ma che in realtà erano super interessanti, sembra essere a un passo dalla bancarotta. Dopo Buzzfeed un’altra testata digitale che se ne va?
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